2022-04-03
Alberi liberi e un fiume pieno di vita. La pineta di San Vitale è l’oasi padana
Il bosco in pianura alle porte di Ravenna è il paradiso di chi cerca tranquillità. Tra grigliate di carne o di pesce appena pescato, il cane Zoro è stato adottato dai pensionati e dai turisti che si godono il parco del Delta del Po.Zoro è un vecchio cane da pastore che però non ha mai fatto il pastore, né l’aiuto pastore. Nei suoi 14 anni secondo il calendario umano ha avuto diverse case e diverse persone che gli hanno voluto bene. Ma, per un incomodo o per altri alla fine ora che è stanco, anziano e debole è di nuovo solo, all’avventura solo come un lupo di mare. Quando era cucciolo venne trovato sul bordo di una strada da una bambina che lo volle per sé, se lo prese in braccio e nonostante la mamma fosse spaventata dalle malattie e da chissà che cosa potesse aver addosso non ebbe cuore di dirle di no. Il cucciolo, al mondo da poche settimane, era rimasto senza madre, come capita in natura ai randagi, e ora viveva in una casa al terzo piano nel centro della città. Poche stanze e il divano sul quale farsi i denti e le unghie ma la bambina gli voleva così bene che anche adesso, se socchiude gli occhi sente quel profumo di pulito e di fiori appena sbocciati che emanava dai suoi abbracci e dai suoi lunghi boccoli dorati. Quella famiglia dovette cambiare città e la donna, che quel cane non aveva davvero mai voluto, fece in modo di ingannare entrambi: la figlia dicendole che un giorno aveva lasciato la porta aperta e il cane era scappato, e il cane invitandolo a uscire e poi abbandonandolo lungo la stessa strada dove l’avevano trovato tre anni addietro. A quel tempo Zoro rischiò la vita, era giovane, impertinente come qualsiasi cane di casa, pieno sì di energie ma inesperto. Litigò con cani meno grandi di lui ma scaltri, e quel suo pelo morbido e spazzolato ben presto divenne un grumo di peli infangati e luridi. Allora venne catturato e portato al canile, dove visse come un recluso in punto di morte per sei mesi finché un uomo di mezza età venne a cercare un cane per il suo giardino, e lo scelse. Questo nuovo padrone non era più gentile di coloro che aveva incontrato al canile, gli dava cibo in una grossa pentola soltanto una volta al giorno, la mattina presto, e in un’altra grossa e arrugginita l’acqua. Doveva farselo bastare, che fosse estate e il sole picchiasse duro o d’inverno con la neve e l’acqua che ghiacciava subito. Rimase legato alla catena per due lunghissimi anni. Anche il tempo di questo umano maturò la sua fine, fu colpito da un cacciatore che lo aveva scambiato per un fagiano. E così il cane si ritrovò di nuovo al canile. Ma a questo punto lo venne a pescare una signora grossa, grassa, bassa, con la voce da uomo, ma tanto affettuosa, che gli diede il suo nome, Zoro. Aveva recentemente litigato con un altro grosso cane che lo aveva ferito a un occhio e quindi appariva come un cane pirata, guercio. Zoro. La vita con la signora grande e grassa era molto divertente, aveva una cascina con altri animali e lui era un po’ il suo sposo a quattro zampe, doveva controllare che nessuna volpe arrivasse a cacciare le galline, che nessuna faina rubasse le loro uova, o altro ancora. E poi gli dava tanto cibo, lo cucinava lei, le stesse cose che lei mangiava le preparava anche per lui. Zoro mangiava come un uomo, ma con la coda. Vissero insieme diversi giri di luna finché la donna non ebbe un infarto e lui rimase solo a vegliarla per una settimana, prima che qualcuno venisse a cercarla e la trovasse oramai gonfia e maleodorante. Zoro ne fu molto triste. Cerca un posto lontano e arriva alla pineta di San Vitale. Che belli tutti questi alberi dritti e storti che salgono verso il cielo! Gli umani che incontra allungavano la mano verso di lui e se si avvicina abbastanza lo accarezzano. Vicino a una specie di fiume vede delle casette piccole, alcune diroccate, altre sono deserte ma si popolano soprattutto di uomini in pensione, i fine settimana. Alcuni di loro accendono un fuoco coi rami secchi caduti nel bosco e fanno sfrigolare la carne sulle fiamme. Un odore meraviglioso si sparge nell’aria e c’è uno di questi uomini che lo invita a stare con loro, vicino a loro. Gli getta alcuni pezzi di carne e quanto è buono questo cibo! Si squaglia in bocca, cibo degno del più grande re dei cani!Zoro vede anche quelle curiose reti appese che vengono abbassate dentro l’acqua e dopo un po’ issate, con dentro quegli animaletti con la coda che iniziano a danzare come moscerini al tramonto. Gli uomini attendono che smettano di saltare e li friggono sul fuoco, come hanno fatto con la carne. Anche questi sono saporiti, un gusto diverso, ci sono spine per cui devi mordere con attenzione e c’è sempre qualcosa che si infilza in bocca e lo devi sputare. Preferisce di gran lunga la carne ma anche questo è meglio di niente. Sta imparando che può mangiare in pratica due giorni la settimana, poi lo attende un digiuno forzato lungo quattro o cinque giorni.Poca gente viene in pineta durante la settimana. Ci sono i pignaroli, che vivono accampati nella grande cascina, e girovagano a raccogliere pigne per metterle da parte e far maturare i pinoli. Gente povera, vita dura, come la sua. Sono sempre gentili con lui ma di cibo non se ne può di certo aspettare, se non un boccone di pane raffermo che comunque serve a placare i canti stonati del suo stomaco. Ma c’è una cosa che ama di questa sua nuova vita sono gli alberi. Ci sono alcuni grandi pini ai piedi dei quali viene a riposare. Si sente protetto dai loro tronchi secolari, anche se gli aghi possono ogni tanto infilarsi tra i gommini delle sue zampone. Ma sta imparando a camminarci. Anche quando le nebbie salgono e nascondono le cime e si portano via le foglie che forse quando sono lassù devono avere anche un gusto tutto loro, un sapore, perché quando sono qui e si seccano lui ha provato a mangiarle ma sono come la sabbia. Chissà. Questi grandi alberi che sono lì da prima della sua breve esistenza, e anche di quella che deve essere stata sua mamma, che non ricorda per niente. È brutto non sapere nemmeno che colore di pelo ha avuto la tua mamma. E magari i pini sono più vecchi anche della vita di tutti gli umani che lo hanno amato, a modo loro: la bambina di città, il guardiano che l’ha messo alla catena, la signora grande e grossa che gli preparava da mangiare ogni giorno. Magari questi alberi sono qui da più tempo di tutti loro messi insieme, magari sono vecchi come è vecchio il bosco. Gli alberi non parlano, gli alberi sussurrano, ondeggiano, fischiano quando il vento spinge dal mare.
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Giancarlo Tancredi (Ansa)