2020-11-12
Aiuti di Stato, manchiamo solo noi
Margrethe Vestager (Ansa)
Nella classifica di chi ha sostenuto le proprie imprese campeggiano Danimarca, Austria e Germania. Invece l'Italia si è impantanata nelle regole che proteggono la concorrenza.C'è del marcio in Danimarca. La citazione tratta dall'Amleto di Shakespeare viene spesso usata per indicare situazioni poco chiare, al limite dell'imbroglio, che è preferibile nascondere. Dobbiamo invece ribaltare completamente il senso di questa frase e fare i complimenti al governo danese per l'ingente ammontare di aiuti di Stato che è riuscito a spendere a favore delle proprie imprese. Lungi da noi anche solo ipotizzare che il ruolo di commissario alla concorrenza, ricoperto dal 2014 dalla danese Margrethe Vestager, abbia avuto un sia pur minimo ruolo. Sta di fatto che un Paese il cui Pil è circa un sesto di quello italiano campeggia, assieme ad Austria e Germania, in cima alla lista degli Stati membri che hanno concesso aiuti di Stato ritenuti ammissibili perché «destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali» (art. 107 comma 2 lettera b del Tfeu). I rispettivi governi hanno erogato alle imprese danesi, austriache e tedesche, nell'ordine, 7, 8 e 6,5 miliardi senza che ciò venisse considerato distorsivo della concorrenza. Su 29 decisioni approvate per eventi eccezionali, ben sette, record assoluto, sono relative alla Danimarca. In questa classifica, l'Italia figura tra gli ultimi, avendo concesso solo 199 milioni ad Alitalia.Beninteso si tratta solo di una frazione minoritaria di tutti gli aiuti di Stato autorizzati dalla Direzione generale concorrenza, che dipende dalla potente vicepresidente della Commissione.Infatti, la parte preponderante degli aiuti sono stati autorizzati ai diversi Stati membri «per porre rimedio a un grave turbamento dell'economia» (art. 107 comma 3 lettera b del Tfeu) o «per agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche» (art. 107 comma 3 lettera c del Tfeu). Merita ribadire che la differenza è sostanziale ai fini del beneficio ricevuto dalle imprese. Infatti, l'aiuto ai sensi del secondo comma è compatibile in assoluto ed è generalmente privo di limiti negli importi, mentre quello previsto dal terzo comma può essere dichiarato compatibile. Inoltre, fatto fondamentale, il Quadro temporaneo (Tf) di aiuti approvato dalla Commissione il 19 marzo è fondato su quest'ultima causale, cioè il grave turbamento dell'economia. Che purtroppo però si caratterizza per un tetto massimo di 800.000 euro per impresa o, meglio, gruppo di imprese. Tale ultima distinzione, come vi abbiamo riferito in dettaglio ieri, rischia di essere molto penalizzante per tutte le imprese. E, purtroppo per noi, l'Italia ha giustificato quasi tutti i propri aiuti, ancorché modesti, con questa causale. Dopo lo scoppio della pandemia i danesi non hanno badato a spese e già l'8 aprile hanno ricevuto dalla Commissione l'approvazione di uno schema di aiuti per complessivi 5,4 miliardi per le imprese che nel periodo dal 9 marzo al 9 giugno hanno subito una perdita di fatturato superiore al 40%. A tali imprese, lo Stato prometteva di riconoscere il parziale o totale ristoro, in relazione all'entità della perdita di fatturato subita, dei costi fissi sostenuti, fino a un massimo di 8 milioni per impresa. Una cifra dieci volte superiore al tetto previsto dal Tf per tutte le altre imprese Ue.Se si riflette sul fatto che nel secondo trimestre 2020, rispetto al primo, il Pil danese è sceso «solo» del 6,8%, mentre quello italiano ha perso il 13% e i danesi, a causa del Covid, hanno contato 130 morti per milione di abitanti, contro i 384 della media Ue, si apprezza ancor di più la tempestività e la magnitudo della risposta dei connazionali di Amleto alla crisi economica da Covid.A noi resta l'amara considerazione di non aver potuto (o saputo?) seguire il loro esempio e aver disperso un flusso di circa 100 miliardi di extra deficit, peraltro non tutti effettivamente spesi, in una miriade di norme, che oggi costringono gli imprenditori a muoversi con mille cautele nel timore di sforare il tetto massimo e dover restituire gli aiuti.Spiace constatare che, in occasione di una crisi, come accadde anche nel 2012/2013, la Ue è causa di aumento delle divergenze economiche anziché funzionare da ammortizzatore almeno in grado di attutirle.