I mercenari russi del Wagner Group continuano a essere coinvolti nelle operazioni di terra in Libia. A rivelarlo, è stato lo U.S. Africa Command, secondo cui i contractor risulterebbero localizzati soprattutto nell'area di Sirte. «La Russia continua a svolgere un ruolo poco collaborativo in Libia consegnando forniture e attrezzature al Wagner Group», ha dichiarato il generale del Corpo dei Marines degli Stati Uniti Bradford Gering, direttore delle operazioni Africom. «Le immagini continuano a smascherare le loro costanti smentite», ha aggiunto.
I mercenari russi del Wagner Group continuano a essere coinvolti nelle operazioni di terra in Libia. A rivelarlo, è stato lo U.S. Africa Command, secondo cui i contractor risulterebbero localizzati soprattutto nell'area di Sirte. «La Russia continua a svolgere un ruolo poco collaborativo in Libia consegnando forniture e attrezzature al Wagner Group», ha dichiarato il generale del Corpo dei Marines degli Stati Uniti Bradford Gering, direttore delle operazioni Africom. «Le immagini continuano a smascherare le loro costanti smentite», ha aggiunto.Insomma, gli Stati Uniti ritengono che il Cremlino stia supportando ed equipaggiando i mercenari del Wagner Group che operano nello scacchiere libico, fornendo loro sistemi di difesa aerea, veicoli militari e velivoli da combattimento. In quest'ottica, Africom ha recentemente pubblicato due foto (risalenti alla metà di luglio) a sostegno della propria tesi: nella prima, si evidenzia la presenza di aerei cargo militari IL-76, oltre che di sistemi missilistici SA-22. Nella seconda, si mostrano invece veicoli corazzati russi. «Il coinvolgimento russo è evidente: il Cremlino mente ogni volta che lo nega», ha dichiarato il colonnello Chris Karns, direttore public affairs di Africom.La questione potrebbe incrementare adesso la tensione tra Washington e Mosca, soprattutto alla luce del fatto che la Russia abbia sempre negato un coinvolgimento diretto nel sostegno al Wagner Group: lo scorso gennaio, Vladimir Putin respinse l'accusa che il Cremlino stesse finanziando e supportando la presenza di propri mercenari in Libia. La questione del Wagner Group era tuttavia tornata alla ribalta a maggio, quando le Nazioni Unite avevano riferito che, in territorio libico, fossero presenti circa 1.200 contractor russi (tra cui squadre di cecchini), a sostegno delle truppe del generale, Khalifa Haftar. Nel dettaglio, il rapporto Onu rese noto che «sulla base di segnalazioni open source e di avvistamenti limitati, il numero massimo di singoli agenti militari privati dispiegati deve essere compreso tra 800 e 1.200». Il documento evidenziò inoltre che, tra agosto 2018 e agosto 2019, fossero avvenuti una trentina di voli tra la Russia e la parte orientale della Libia attraverso aerei civili «fortemente collegati o di proprietà del» Wagner Group.La situazione, insomma, resta abbastanza aggrovigliata. Soprattutto alla luce del fatto che, nelle scorse ore, il governo di Tripoli abbia chiuso la porta in faccia alle proposte di dialogo, avanzate da Haftar. Tutto questo, mentre - martedì scorso - il generale Khaled al Mahjoub (vicino al maresciallo della Cirenaica) ha dichiarato che la Turchia avrebbe inviato altri mercenari in aiuto di Tripoli. Non dimentichiamo che l'esecutivo di Fayez al Serraj sia attivamente sostenuto da Ankara: un sostegno che ha - nei mesi scorsi - permesso a Tripoli di ribaltare la situazione militare sul campo, indebolendo non poco le forze di Haftar. Quello stesso Haftar che ha invece sempre goduto dell'appoggio dell'Egitto e della stessa Russia.In questo quadro, da quanto emerso negli scorsi giorni, è chiaro che gli alleati del generale della Cirenaica non sembrino per ora intenzionati a un passo indietro. Oltre al suddetto iperattivismo del Wagner Group, non trascuriamo che - una settimana fa - il parlamento egiziano abbia autorizzato l'invio di truppe in Libia, dando così seguito alle posizioni bellicose di recente espresse da al Sisi. Si tratta del resto di una partita complicata. La Russia punta probabilmente a spartirsi con la Turchia le aree di influenza sul territorio libico: ragion per cui Mosca, dovendo mantenere un elevato potere contrattuale, non può permettersi al momento di abbandonare il campo. Senza comunque dimenticare che la Libia rappresenti solo uno dei dossier su cui Putin ed Erdogan si stanno confrontando (pensiamo soltanto alla Siria). In secondo luogo, va ì tenuto presente che, agli occhi di al Sisi, il contenimento della Turchia debba essere letto anche in termini di contrasto alla Fratellanza Musulmana: una realtà che il presidente egiziano considera una minaccia soprattutto (per quanto non esclusivamente) in ottica di stabilità politica interna. Un fattore questo, che rende Il Cairo particolarmente combattivo sul dossier di Tripoli.
Giorgia Meloni (Getty)
Oggi vertice a Ginevra tra Ucraina, Stati Uniti e Unione sui punti della pace con Mosca. Troppi soldi e morti: si doveva siglare prima.
È il 1.368° giorno di guerra in Ucraina. Dopo quasi quattro anni dall’invasione della Russia, è il momento cruciale. Pace, ultima chiamata; o finirà adesso questa carneficina o non ci saranno più strade da percorrere. A scrivere le condizioni Stati Uniti e Russia; Unione europea messa con le spalle al muro. Come sempre. Né l’Ucraina, né i Paesi dell’Ue sono stati consultati. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, insieme al primo ministro britannico Keir Starmer, al presidente francese Emmanuel Macron e al cancelliere tedesco Friedrich Merz, concordano sulla necessità di un «piano alternativo». Merz aggiunge: «Tutti i membri del G20 devono assumersi le proprie responsabilità, non solo per interessi economici». Ma Donald Trump schiaccia Zelensky alle corde.
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Kiev compenserà le perdite con le garanzie di sicurezza; gli Usa possono dividere Cina e Russia; Mosca sogna di riprendere fiato; il Vecchio continente potenzierà l’industria.
Analisi costi/benefici del piano statunitense per la cessazione del conflitto in Ucraina: viene tentata una valutazione dal punto di vista/interesse degli attori coinvolti, cioè Stati Uniti, Russia, Ucraina, Ue e Regno Unito e Cina. Tecnicamente appare prematuro tentare questo tipo di analisi, ma c’è un dato che la orienta: gli europei rilevanti dell’Unione e il Regno Unito hanno dichiarato che il piano americano è una «base» per arrivare a una pace equilibrata. L’Ucraina, nei giorni scorsi, aveva già dichiarato la volontà di discutere con l’America, ma senza respingere a priori un piano che appariva sbilanciato per eccesso di penalizzazione dell’Ucraina stessa.
Il presidente sbaglia: i valorosi soldati ucraini non perderanno mai la dignità. Semmai a rischiare è lui, che ha illuso il popolo. E rischiano gli europei, che hanno alimentato il conflitto a costi umani ed economici altissimi.






