
I servizi sociali impongono sempre più le formule «sine die» aggirando le leggi sulle adozioni. L'esperto: «È un buco nero».«Andrea ha 15 anni, dall'età di 7 anni ha vissuto in comunità fino ai 13 […]. Per lui stiamo cercando una persona singola o una coppia affidataria per un affido sine die nel quale sia agevolato l'incontro mensile con la famiglia di origine». Questo è uno dei tanti annunci che si trovano sui siti Web riservati alle famiglie affidatarie (fenomeno di cui si è occupato nel dettaglio Maurizio Tortorella su Panorama ora in edicola). A colpire, tuttavia, non è soltanto la modalità con cui l'annuncio viene presentato - quasi che si trattasse di trovare una casa per un cucciolo di labrador - ma pure il passaggio relativo alla durata dell'affido: sine die, cioè per sempre, ovvero fino alla maggiore età. In pratica, una adozione. Nei giorni scorsi, dalle carte dell'inchiesta «Angeli e demoni» è emerso un dettaglio inquietante. Federica Anghinolfi, una delle protagoniste delle vicende di Bibbiano, in un'intercettazione telefonica parlava con i membri di una associazione Lgbt del Sud Italia e prospettava affidi a tempo indeterminato. Come ha riassunto l'Ansa, «le coppie le domandavano degli affidi temporanei, dicendosi preoccupate del fatto di potersi affezionare ai bambini e poi di perderli, se questi avessero fatto ritorno a casa. Anghinolfi li rassicurava dicendo che se i genitori continuavano a essere ritenuti inadeguati dalle relazioni dei servizi sociali, i figli potevano anche non tornare mai nelle famiglie di origine, rimanendo sine die con gli affidatari. Di fatto, come un'adozione». Di fatto, l'assistente sociale proponeva un modo per aggirare la legge, che non consente alle coppie arcobaleno di adottare. In realtà, però, il fenomeno degli affidi a tempo indeterminato è tutt'altro che una rarità nel nostro Paese. Anzi, si può dire che sia quasi la regola. A certificarlo è la relazione della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza pubblicata il 17 gennaio del 2018. Questo testo contiene tutti i dati disponibili sul sistema degli affidi. Dati parziali e datati, come spesso viene notato, ma comunque piuttosto chiari relativamente ad alcuni fenomeni, tra cui quello dei sine die. Dalla relazione si evince che «i bambini e i ragazzi di età compresa tra 0-17 anni collocati fuori dalla famiglia di origine accolti nelle famiglie affidatarie e/o nelle comunità residenziali sono stimabili in 28.449». Spiega la relazione che «la legge 149 del 2001 individua il periodo massimo di affidamento in 24 mesi, prorogabili da parte del Tribunale per i minorenni, qualora ritenuto necessario. I bambini e gli adolescenti in affidamento familiare da oltre due anni costituiscono comunque la maggioranza degli accolti e risultano pari a poco più del 60% del totale, un dato costante negli ultimi anni considerati». Stando a un report realizzato nel 2016 dall'Istituto degli innocenti, i minorenni che restano in affido familiare oltre i termini di legge sono il 62% del totale. Tradotto: la larga maggioranza dei bimbi e dei ragazzi dati in affidamento ci resta molto più a lungo del previsto e spesso non fa ritorno nella famiglia d'origine. Di questo fenomeno si è occupato con perizia Marco Chistolini, psicologo e psicoterapeuta che ha pubblicato per Franco Angeli un libro provocatorio intitolato Affido sine die e tutela dei minori. Secondo lo studioso, il dato del 60% di affidi oltre i 24 mesi è sottostimato: «Sono convinto che siano molti di più», ha dichiarato. «Ci sono molti affidi registrati come temporanei, che quindi non vengono contati nelle statistiche, ma sappiamo tutti che ci sarà proroga. Nelle statistiche rientrano gli affidi con un decreto senza termine di scadenza e quelli che prevedono che l'affido duri fino alla maggiore età. Ma ripeto, il dato è sottostimato, in molte realtà che conosco di persona la percentuale di affidi che non termineranno si avvicina o addirittura supera il 90%. Quindi non parliamo di una piccola percentuale, di una eccezione: no, in Italia questa è la regola. Possiamo dire che in Italia l'eccezione sono i rientri in famiglia».Alla Verità, Chistolini spiega che in Italia ci sono «circa 30.000 minori fuori famiglia. Di questi più o meno metà sono nelle comunità, mentre l'altra metà è in affido familiare. Tra questi ultimi dobbiamo contare anche quelli che sono affidati a nonni e zii. Un terzo dei minori dati in affido rientra in famiglia, ma in questo terzo sono compresi quelli che, nel frattempo, sono diventati maggiorenni. Diciamo che quelli che tornano nella famiglia d'origine sono il 30% o poco più. Ho visto bambini dati in affido a 8 anni che ci rimangono fino ai 18». Non a caso, sul Web si trovano testimonianze di famiglie a cui i servizi sociali hanno proposto esplicitamente affidi a tempo indeterminato o «adozioni morbide». E qui sorgono i problemi. Per adottare un bambino una famiglia deve affrontare un iter lungo e complesso, probabilmente fin troppo. Sugli affidi, invece, questi controlli non ci sono. «L'unico requisito per ottenere un affido è avere 18 anni», dice Chistolini. «Non importa che uno sia single, convivente, separato eccetera. L'adozione prevede numerosi requisiti, l'affido no, anche perché dovrebbe durare un tempo limitato. Alcuni servizi sociali hanno stabilito di loro volontà alcuni standard per gli affidatari ma gli altri, secondo me la maggioranza, non richiedono requisiti particolari. Viene fatta una valutazione psicosociale dell'affidatario, quello sì». In sostanza, sono i servizi sociali a stabilire a chi affidare i minori, sono loro a valutare. I tribunali hanno voce in capitolo sulle adozioni, ma non riguardo agli affidi, spesso nemmeno vedono le famiglie affidatarie: «Il sistema è organizzato in modo diverso da regione a regione, mancando una regolamentazione nazionale ognuno si organizza come vuole». Secondo Chistolini, bisognerebbe potenziare il sistema delle adozioni, magari introducendo adozioni aperte che consentano ai minori di restare in contatto con la famiglia di origine (cosa che ora non è permessa). Lo studioso si dice convinto che in Italia gli allontanamenti facili non siano la norma, ma su un punto non ha dubbi: il meccanismo degli affidi va rivisto. Ed è impossibile dargli torto: l'affido può diventare una adozione mascherata, ma senza i controlli necessari e gestita quasi totalmente dai servizi sociali. Se vogliamo evitare altri casi Bibbiano, è su queste cose che dobbiamo mettere le mani.
Antonio Scurati (Ansa)
Eccoli lì, tutti i «veri sapienti» progressisti che si riuniscono per chiedere all’Aie di bandire l’editore «Passaggio al bosco» dalla manifestazione «Più libri più liberi».
Sono tutti lì belli schierati in fila per la battaglia finale. L’ultima grande lotta in difesa del pensiero unico e dell’omologazione culturale: dovessero perderla, per la sinistra culturale sarebbe uno smacco difficilmente recuperabile. E dunque eccoli, uniti per chiedere alla Associazione italiana editori di cacciare il piccolo editore destrorso Passaggio al bosco dalla manifestazione letteraria Più libri più liberi. Motivo? Tale editore sarebbe neofascista, apologeta delle più turpi nefandezze novecentesche e via dicendo. In un appello rivolto all’Aie, 80 autori manifestano sdegno e irritazione. Si chiedono come sia possibile che Passaggio al bosco abbia trovato spazio nella fiera della piccola editoria, impugnano addirittura il regolamento che le case editrici devono accettare per la partecipazione: «Non c’è forse una norma - l’Articolo 24, osservanza di leggi e regolamenti - che impegna chiaramente gli espositori a aderire a tutti i valori espressi nella Costituzione italiana, nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea e nella Dichiarazione universale dei diritti umani e in particolare a quelli relativi alla tutela della libertà di pensiero, di stampa, di rispetto della dignità umana? Poniamo quindi queste domande e preoccupazioni all’attenzione dell’Associazione italiana editori per aprire una riflessione sull’opportunità della presenza di tali contenuti in una fiera che dovrebbe promuovere cultura e valori democratici». Memorabile: invocano la libertà di pensiero per chiedere la censura.
Olivier Marleix (Ansa)
Pubblicato post mortem il saggio dell’esponente di spicco dei Républicains, trovato impiccato il 7 luglio scorso «Il presidente è un servitore del capitalismo illiberale. Ha fatto perdere credibilità alla Francia nel mondo».
Gli ingredienti per la spy story ci sono tutti. Anzi, visto che siamo in Francia, l’ambientazione è più quella di un noir vecchio stile. I fatti sono questi: un politico di lungo corso, che conosce bene i segreti del potere, scrive un libro contro il capo dello Stato. Quando è ormai nella fase dell’ultima revisione di bozze viene tuttavia trovato misteriosamente impiccato. Il volume esce comunque, postumo, e la data di pubblicazione finisce per coincidere con il decimo anniversario del più sanguinario attentato della storia francese, quasi fosse un messaggio in codice per qualcuno.
Roberto Gualtieri (Ansa)
Gualtieri avvia l’«accoglienza diffusa», ma i soldi andranno solo alla Ong.
Aiutiamoli a casa loro. Il problema è che loro, in questo caso, sono i cittadini romani. Ai quali toccherà di pagare vitto e alloggio ai migranti in duplice forma: volontariamente, cioè letteralmente ospitandoli e mantenendoli nella propria abitazione oppure involontariamente per decisione del Comune che ha stanziato 400.000 euro di soldi pubblici per l’accoglienza. Tempo fa La Verità aveva dato notizia del bando comunale con cui è stato istituito un servizio di accoglienza che sarà attivo dal 1° gennaio 2026 fino al 31 dicembre 2028. E ora sono arrivati i risultati. «A conclusione della procedura negoziata di affidamento del servizio di accoglienza in famiglia in favore di persone migranti singole e/o nuclei familiari o monogenitoriali, in possesso di regolare permesso di soggiorno, nonché neomaggiorenni in carico ai servizi sociali», si legge sul sito del Comune, «il dipartimento Politiche sociali e Salute comunica l’aggiudicazione del servizio. L’affidamento, relativo alla procedura è stato aggiudicato all’operatore economico Refugees Welcome Italia Ets».
2025-12-03
Pronto soccorso in affanno: la Simeu avverte il rischio di una crisi strutturale nel 2026
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iStock
Secondo l’indagine della Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza, dal 2026 quasi sette pronto soccorso su dieci avranno organici medici sotto il fabbisogno. Tra contratti in scadenza, scarso turnover e condizioni di lavoro critiche, il sistema di emergenza-urgenza rischia una crisi profonda.
Il sistema di emergenza-urgenza italiano sta per affrontare una delle sue prove più dure: per molti pronto soccorso l’inizio del 2026 potrebbe segnare una crisi strutturale del personale medico. A metterne in evidenza la gravità è Alessandro Riccardi, presidente della Simeu - Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza - al termine di un’indagine che fotografa uno scenario inquietante.






