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2025-02-07
Afd ha libertà di parola, democratici in tilt
(Ansa)
Sta diventando sempre più massiccia la protesta contro la partecipazione di Afd alla fiera dell’istruzione Didacta di Stoccarda, che si terrà dall’11 al 15 febbraio e che ha posto come tema centrale per il 2025 «l’educazione alla democrazia». Alla più grande kermesse del mondo su educazione e formazione si sono registrati la Cdu, i Verdi e Afd, che saranno presenti con un loro stand, però nonostante Alternative für Deutschland sia la seconda forza politica a livello nazionale e il polo fieristico Messe Stuttgart abbia accettato la sua partecipazione, crescono critiche e polemiche.
Ieri anche le organizzazioni umanitarie cristiane Brot für die Welt, (Pane per il mondo), Kindernothilfe (Aiuti d’emergenza ai bambini) e l’Ong Misereor della Conferenza episcopale tedesca hanno chiesto a Didacta di rivedere e inasprire urgentemente le condizioni di ammissione per gli espositori. «L’istruzione deve rimanere un luogo di uguaglianza, rispetto e tolleranza», afferma l’appello di un educatore lanciato su una piattaforma di campagne online. Associazioni di studenti, di insegnanti, Greenpeace chiedono di prendere «una posizione ferma contro gli estremisti di destra».
Messe Stuttgart ha affermato che gli espositori non possono essere respinti per motivi politici: «Una fiera non è un’autorità di censura». Offre una piattaforma per «tutte le opinioni e i punti di vista, purché rimangano all’interno del quadro giuridico», spiega. Inoltre, ha ricordato che Afd è stata «democraticamente eletta». Con l’intensificarsi delle critiche, la Fiera ha fatto sapere che «monitorerà attentamente la presenza fieristica di questo espositore e le discussioni correlate e le valuterà costantemente». Alternative für Deutschland occupa lo stand 7E67 nel padiglione 7 e non intende abbandonare lo spazio che le è stato assegnato. I Verdi sono nello stesso padiglione, allo stand 7D66.
Mancano due settimane alle elezioni anticipate in Germania e ogni pretesto appare buono per fare campagna politica contro l’avversario che sale nei sondaggi. Il patrocinio di Didacta è del ministero della Cultura del Baden-Württemberg, presieduto dalla politica dei Verdi, Theresa Schopper; la presidente del consiglio di amministrazione di Messe Stuttgart è Nicole Hoffmeister-Kraut (Cdu), ministro dell’Economia, del lavoro e del turismo del Land del Baden-Württemberg. La pubblicista ed ex politica Marina Weisband, che dovrebbe essere insignita dell’onorificenza di «ambasciatore dell’istruzione» a Didacta 2025, a Spiegel ha dichiarato: «Non capisco proprio come sia possibile fare dell’educazione alla democrazia, della tolleranza e della diversità un tema e allo stesso tempo normalizzare i più grandi nemici politici di tutto questo». Per poi aggiungere: «Nessuno può tollerarlo».
Norbert Brugger, responsabile del dipartimento dell’istruzione dell’associazione delle città del Baden-Württemberg, invece ha cercato di spegnere le polemiche: «Non dovremmo vedere un segnale di allarme in ogni azione dell’Afd». L’insegnante e influencer Bob Blume, nominato blogger dell’anno 2022, pur dichiarando di aver lasciato la piattaforma X «con la consapevolezza che (soprattutto da quando è subentrato il nuovo proprietario) diffonde e sostiene narrazioni profondamente razziste. X è un partito nazista», ha affermato che le proteste finiranno per ottenere l’effetto opposto. «Se boicotti la fiera perché c’è un solo stand di un partito antidemocratico, temo che otterrai l’effetto opposto a quello che speri: per lanciare un presunto messaggio, stai dando potere ai nemici della democrazia», ha scritto pochi giorni fa.
Curiosamente ieri Anna Paola Concia, coordinatrice del comitato organizzatore di Didacta Italia, spin off di Didacta Germania, che si definisce «una femminista di sinistra e lesbica», postava su X i risultati di un sondaggio sulla comunità gay pubblicati dal sito Web Bild Queer. La rubrica del tabloid tedesco che informa e discute dei principali problemi della comunità arcobaleno, ha riferito che «secondo Romeo, la più grande piattaforma di incontri Lgbt d’Europa, Afd è attualmente di gran lunga la più popolare tra gli utenti prevalentemente omosessuali. In totale, il portale ha valutato le risposte di 60.560 utenti tra il 24 gennaio e il 2 febbraio. Di questi, il 27,9 per cento sceglierebbe il partito di estrema destra. Al secondo posto seguono i Verdi (19,9%), al terzo la Cdu (17,6%) e al quarto la Spd (12,5%). La Sinistra (6,5%), Bsw (4,5%) e Fdp (3,6%) sono chiaramente indietro. Il sostegno all’Afd è particolarmente forte tra gli uomini gay di età compresa tra 18 e 24 anni, di cui il 34,7% voterebbe per il partito. L’Afd è il partito con il minor numero di tifosi tra gli uomini over 60 della comunità Romeo».
A chi le chiedeva come si spiega un tale successo di Alice Weidel, leader di Afd, la Concia scriveva: «Ti potrei a naso rispondere che lei è lesbica dichiarata? Ma c’è dell’altro. Lei dice una cosa che fa presa: “Sono contro l’integralismo islamico proprio perché sono lesbica e mi ucciderebbero”». Un utente metteva scherzosamente in guardia la coordinatrice di Didacta Italia, con tanto di cuoricino come emoticon: «Attenzione che qualcuno finirà per dire che le persone omosessuali sono naziste e, di conseguenza, anche lei».
Congratulazioni e invito a Parigi: Macron si inchina ad Al Jolani
La ragion di Stato non è uguale per tutti. Se il presidente francese, Emmanuel Macron, la pratica invitando a Parigi un ex terrorista islamico, sul quale pendeva anche una taglia americana, va bene. Se invece il governo di Giorgia Meloni rispedisce nel suo Paese un individuo che, nonostante fosse ricercato (e incarcerabile) girava l’Europa prima di arrivare in Italia, allora proprio non va.
È in questi termini, certo sommari, che si può fare un parallelo tra ciò che l’inquilino dell’Eliseo può fare per gestire le relazioni diplomatiche francesi e quanto invece, quello di Palazzo Chigi, non può azzardarsi nemmeno a immaginare per lo svolgimento della politica estera italiana. Questo, almeno secondo quanto pensano le sinistre e una parte dei giudici del nostro Paese. Fatto sta che, mentre a Sud delle Alpi, sinistre e media mainstream si stracciano le vesti per denunciare le scelte del governo Meloni sulla vicenda del generale libico, Osama Almasri, sul versante francese quasi nessuno ha qualcosa da ridire sulla decisione di Macron. Con l’eccezione notabile della sovranista Marion Maréchal, che ha parlato di «una vergogna».
La presidenza siriana ha fatto sapere che il neo presidente ad interim siriano, Ahmad Al Sharaa, «ha ricevuto una telefonata dal suo omologo francese Emmanuel Macron», che si è congratulato per la sua recente «entrata in carica». Il nuovo uomo forte di Damasco fino a qualche mese fa si faceva chiamare con il suo nome di guerra, Abu Mohammad Al Jolani, ed è stato un esponente di spicco di Al Qaeda e Hayat Tahrir al-Sham (Hts). Il leader siriano ha anche ringraziato il suo omologo transalpino per «il suo pieno sostegno alla fase di transizione in Siria» e ha sottolineato «gli sforzi» compiuti dalla presidenza francese «per la rimozione delle sanzioni contro la Siria» e per l’apertura di una «strada per la crescita e la ripresa». Ma Al Sharaa ha espresso la propria gratitudine a Macron anche «per il sostegno della Francia al popolo siriano nel corso degli ultimi 14 anni». Un periodo in cui, come ha ricordato il 17 dicembre scorso al Consiglio di sicurezza dell’Onu il vicerappresentante permanente di Parigi, Jay Dharmadhikari, la Francia è effettivamente «rimasta accanto al popolo siriano» e «continua a sostenere l’opposizione siriana, che può giocare un ruolo centrale nella transizione politica in corso a Damasco».
Di fronte a queste uscite, e volendo essere un po’ maligni, si potrebbe anche ricordare che la Francia, e soprattutto i suoi contribuenti, hanno effettivamente (a loro insaputa) mantenuto tanti foreign fighter transalpini partiti per la Siria e finiti nei ranghi di Daesh o altre formazioni terroristiche. Nel 2017, Le Figaro aveva scritto, citando fonti della polizia e dell’antiterrorismo, che nei cinque anni precedenti, circa mezzo milione di euro era stato spedito a dei foreign fighter francesi attivi in Daesh. L’ingente somma era costituita da sussidi di disoccupazione o simili, percepiti da cittadini francesi anche dopo il loro arruolamento in formazioni terroriste. Formazioni determinate a distruggere anche quella Francia che le ingrassava con i propri soldi
. Non va dimenticato inoltre che, secondo un documento della sottodirezione antiterrorismo francese, citato da Franceinfo, nel dicembre 2024, l’assassino di Samuel Paty, il ceceno Abdoullakh Anzorov, era in contatto con un certo Farrouk Faizimtov, definito «propagandista di Hts di stanza a Idlib».
Questi precedenti non sembrano però impensierire troppo Macron che, già a inizio gennaio, aveva spedito a Damasco il proprio ministro degli Esteri, Jean-Noël Barrot, in compagnia della sua omologa tedesca, Annalena Baerbock. In ossequio alla sharia, il presidente siriano non aveva stretto la mano alla titolare della Farnesina tedesca, in quanto donna.
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Levata di scudi per la partecipazione del secondo partito più votato dai tedeschi a Didacta, la fiera dell’istruzione di Stoccarda. Secondo gli ambientalisti, i vescovi e le Ong la destra va esclusa. Ma gli organizzatori non cedono: «Sarebbe una censura politica».Il leader jihadista siriano ringrazia l’Eliseo. L’assassino di Paty aveva legami con Hts.Lo speciale contiene due articoli.Sta diventando sempre più massiccia la protesta contro la partecipazione di Afd alla fiera dell’istruzione Didacta di Stoccarda, che si terrà dall’11 al 15 febbraio e che ha posto come tema centrale per il 2025 «l’educazione alla democrazia». Alla più grande kermesse del mondo su educazione e formazione si sono registrati la Cdu, i Verdi e Afd, che saranno presenti con un loro stand, però nonostante Alternative für Deutschland sia la seconda forza politica a livello nazionale e il polo fieristico Messe Stuttgart abbia accettato la sua partecipazione, crescono critiche e polemiche.Ieri anche le organizzazioni umanitarie cristiane Brot für die Welt, (Pane per il mondo), Kindernothilfe (Aiuti d’emergenza ai bambini) e l’Ong Misereor della Conferenza episcopale tedesca hanno chiesto a Didacta di rivedere e inasprire urgentemente le condizioni di ammissione per gli espositori. «L’istruzione deve rimanere un luogo di uguaglianza, rispetto e tolleranza», afferma l’appello di un educatore lanciato su una piattaforma di campagne online. Associazioni di studenti, di insegnanti, Greenpeace chiedono di prendere «una posizione ferma contro gli estremisti di destra». Messe Stuttgart ha affermato che gli espositori non possono essere respinti per motivi politici: «Una fiera non è un’autorità di censura». Offre una piattaforma per «tutte le opinioni e i punti di vista, purché rimangano all’interno del quadro giuridico», spiega. Inoltre, ha ricordato che Afd è stata «democraticamente eletta». Con l’intensificarsi delle critiche, la Fiera ha fatto sapere che «monitorerà attentamente la presenza fieristica di questo espositore e le discussioni correlate e le valuterà costantemente». Alternative für Deutschland occupa lo stand 7E67 nel padiglione 7 e non intende abbandonare lo spazio che le è stato assegnato. I Verdi sono nello stesso padiglione, allo stand 7D66.Mancano due settimane alle elezioni anticipate in Germania e ogni pretesto appare buono per fare campagna politica contro l’avversario che sale nei sondaggi. Il patrocinio di Didacta è del ministero della Cultura del Baden-Württemberg, presieduto dalla politica dei Verdi, Theresa Schopper; la presidente del consiglio di amministrazione di Messe Stuttgart è Nicole Hoffmeister-Kraut (Cdu), ministro dell’Economia, del lavoro e del turismo del Land del Baden-Württemberg. La pubblicista ed ex politica Marina Weisband, che dovrebbe essere insignita dell’onorificenza di «ambasciatore dell’istruzione» a Didacta 2025, a Spiegel ha dichiarato: «Non capisco proprio come sia possibile fare dell’educazione alla democrazia, della tolleranza e della diversità un tema e allo stesso tempo normalizzare i più grandi nemici politici di tutto questo». Per poi aggiungere: «Nessuno può tollerarlo».Norbert Brugger, responsabile del dipartimento dell’istruzione dell’associazione delle città del Baden-Württemberg, invece ha cercato di spegnere le polemiche: «Non dovremmo vedere un segnale di allarme in ogni azione dell’Afd». L’insegnante e influencer Bob Blume, nominato blogger dell’anno 2022, pur dichiarando di aver lasciato la piattaforma X «con la consapevolezza che (soprattutto da quando è subentrato il nuovo proprietario) diffonde e sostiene narrazioni profondamente razziste. X è un partito nazista», ha affermato che le proteste finiranno per ottenere l’effetto opposto. «Se boicotti la fiera perché c’è un solo stand di un partito antidemocratico, temo che otterrai l’effetto opposto a quello che speri: per lanciare un presunto messaggio, stai dando potere ai nemici della democrazia», ha scritto pochi giorni fa. Curiosamente ieri Anna Paola Concia, coordinatrice del comitato organizzatore di Didacta Italia, spin off di Didacta Germania, che si definisce «una femminista di sinistra e lesbica», postava su X i risultati di un sondaggio sulla comunità gay pubblicati dal sito Web Bild Queer. La rubrica del tabloid tedesco che informa e discute dei principali problemi della comunità arcobaleno, ha riferito che «secondo Romeo, la più grande piattaforma di incontri Lgbt d’Europa, Afd è attualmente di gran lunga la più popolare tra gli utenti prevalentemente omosessuali. In totale, il portale ha valutato le risposte di 60.560 utenti tra il 24 gennaio e il 2 febbraio. Di questi, il 27,9 per cento sceglierebbe il partito di estrema destra. Al secondo posto seguono i Verdi (19,9%), al terzo la Cdu (17,6%) e al quarto la Spd (12,5%). La Sinistra (6,5%), Bsw (4,5%) e Fdp (3,6%) sono chiaramente indietro. Il sostegno all’Afd è particolarmente forte tra gli uomini gay di età compresa tra 18 e 24 anni, di cui il 34,7% voterebbe per il partito. L’Afd è il partito con il minor numero di tifosi tra gli uomini over 60 della comunità Romeo».A chi le chiedeva come si spiega un tale successo di Alice Weidel, leader di Afd, la Concia scriveva: «Ti potrei a naso rispondere che lei è lesbica dichiarata? Ma c’è dell’altro. Lei dice una cosa che fa presa: “Sono contro l’integralismo islamico proprio perché sono lesbica e mi ucciderebbero”». Un utente metteva scherzosamente in guardia la coordinatrice di Didacta Italia, con tanto di cuoricino come emoticon: «Attenzione che qualcuno finirà per dire che le persone omosessuali sono naziste e, di conseguenza, anche lei».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/afd-liberta-parola-2671115460.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="congratulazioni-e-invito-a-parigi-macron-si-inchina-ad-al-jolani" data-post-id="2671115460" data-published-at="1738941925" data-use-pagination="False"> Congratulazioni e invito a Parigi: Macron si inchina ad Al Jolani La ragion di Stato non è uguale per tutti. Se il presidente francese, Emmanuel Macron, la pratica invitando a Parigi un ex terrorista islamico, sul quale pendeva anche una taglia americana, va bene. Se invece il governo di Giorgia Meloni rispedisce nel suo Paese un individuo che, nonostante fosse ricercato (e incarcerabile) girava l’Europa prima di arrivare in Italia, allora proprio non va. È in questi termini, certo sommari, che si può fare un parallelo tra ciò che l’inquilino dell’Eliseo può fare per gestire le relazioni diplomatiche francesi e quanto invece, quello di Palazzo Chigi, non può azzardarsi nemmeno a immaginare per lo svolgimento della politica estera italiana. Questo, almeno secondo quanto pensano le sinistre e una parte dei giudici del nostro Paese. Fatto sta che, mentre a Sud delle Alpi, sinistre e media mainstream si stracciano le vesti per denunciare le scelte del governo Meloni sulla vicenda del generale libico, Osama Almasri, sul versante francese quasi nessuno ha qualcosa da ridire sulla decisione di Macron. Con l’eccezione notabile della sovranista Marion Maréchal, che ha parlato di «una vergogna». La presidenza siriana ha fatto sapere che il neo presidente ad interim siriano, Ahmad Al Sharaa, «ha ricevuto una telefonata dal suo omologo francese Emmanuel Macron», che si è congratulato per la sua recente «entrata in carica». Il nuovo uomo forte di Damasco fino a qualche mese fa si faceva chiamare con il suo nome di guerra, Abu Mohammad Al Jolani, ed è stato un esponente di spicco di Al Qaeda e Hayat Tahrir al-Sham (Hts). Il leader siriano ha anche ringraziato il suo omologo transalpino per «il suo pieno sostegno alla fase di transizione in Siria» e ha sottolineato «gli sforzi» compiuti dalla presidenza francese «per la rimozione delle sanzioni contro la Siria» e per l’apertura di una «strada per la crescita e la ripresa». Ma Al Sharaa ha espresso la propria gratitudine a Macron anche «per il sostegno della Francia al popolo siriano nel corso degli ultimi 14 anni». Un periodo in cui, come ha ricordato il 17 dicembre scorso al Consiglio di sicurezza dell’Onu il vicerappresentante permanente di Parigi, Jay Dharmadhikari, la Francia è effettivamente «rimasta accanto al popolo siriano» e «continua a sostenere l’opposizione siriana, che può giocare un ruolo centrale nella transizione politica in corso a Damasco». Di fronte a queste uscite, e volendo essere un po’ maligni, si potrebbe anche ricordare che la Francia, e soprattutto i suoi contribuenti, hanno effettivamente (a loro insaputa) mantenuto tanti foreign fighter transalpini partiti per la Siria e finiti nei ranghi di Daesh o altre formazioni terroristiche. Nel 2017, Le Figaro aveva scritto, citando fonti della polizia e dell’antiterrorismo, che nei cinque anni precedenti, circa mezzo milione di euro era stato spedito a dei foreign fighter francesi attivi in Daesh. L’ingente somma era costituita da sussidi di disoccupazione o simili, percepiti da cittadini francesi anche dopo il loro arruolamento in formazioni terroriste. Formazioni determinate a distruggere anche quella Francia che le ingrassava con i propri soldi . Non va dimenticato inoltre che, secondo un documento della sottodirezione antiterrorismo francese, citato da Franceinfo, nel dicembre 2024, l’assassino di Samuel Paty, il ceceno Abdoullakh Anzorov, era in contatto con un certo Farrouk Faizimtov, definito «propagandista di Hts di stanza a Idlib». Questi precedenti non sembrano però impensierire troppo Macron che, già a inizio gennaio, aveva spedito a Damasco il proprio ministro degli Esteri, Jean-Noël Barrot, in compagnia della sua omologa tedesca, Annalena Baerbock. In ossequio alla sharia, il presidente siriano non aveva stretto la mano alla titolare della Farnesina tedesca, in quanto donna.
In alto a sinistra una «Rettungsboje» tedesca. Sotto, la boa Asr-10 inglese e i rispettivi esplosi
Nei mesi della Battaglia di Inghilterra, iniziata nel luglio 1940 dopo la rapida caduta della Francia, la guerra aerea fu l’essenza della strategia da entrambe le parti. La Luftwaffe, con i suoi 2.500 velivoli in condizioni operative, superò inizialmente la Royal Air Force, che in quel periodo iniziò un enorme sforzo industriale per cercare di ridurre il «gap» numerico e tecnologico (nacquero in quel periodo i fortissimi caccia Hawker «Hurricane» e Supermarine «Spitfire» che saranno decisivi per l’esito finale della battaglia). Se le fabbriche sfornavano centinaia di velivoli al mese (i tedeschi con i Messerschmitt Bf 109, gli Heinkel 111 e i Dornier Do17), i comandi delle due aviazioni non potevano formare altrettanti piloti in così poco tempo, rendendo la figura dell’aviatore un bene preziosissimo da preservare il più possibile viste le ingenti perdite in battaglia. Un aspetto così delicato in un momento così drammatico per l’esito della guerra fu affrontato per primo dagli alti comandi della Luftwaffe. La necessità era quella di salvare il più alto numero di equipaggi in un teatro di operazioni principalmente localizzato nello specchio di mare della Manica, sopra il quale nel picco dei combattimenti dell’agosto 1940 volavano quotidianamente oltre 1.500 aerei.
La soluzione per il salvataggio degli aviatori in caso di ammaraggio con sopravvissuti venne da un ex asso della Grande Guerra, il generale di squadra aerea Ernst Udet. L’ufficiale, secondo solamente al «Barone Rosso» Manfred von Richtofen per numero di abbattimenti, era stato da poco nominato responsabile per la logistica e gli appalti della forza aerea del Terzo Reich. Fu nel picco delle operazioni dell’estate 1940 che Udet sviluppò la sua idea: una boa «abitabile», posizionata nei tratti di mare statisticamente più soggetti agli ammaraggi e ancorata al fondale. I piloti potevano leggerne la posizione sulle carte aeronautiche in dotazione. Di forma esagonale, la «Rettungsboje» (letteralmente boa di soccorso) aveva una superficie abitabile di 4 metri quadrati. Lo scafo aveva un’altezza di 2.5 metri ed era sovrastato da una torretta finestrata di ulteriori 1,8 metri. Verniciata in giallo, presentava una visibile croce rossa (standard della Convenzione di Ginevra) sui lati della torretta. All’interno dello scafo potevano trovare alloggio sicuro quattro aviatori, con due cuccette a castello ancorate alla struttura per rimanere stabili nel mare agitato. Riscaldata da una stufa ad alcool, la boa offriva razioni d’emergenza e acqua ma anche cognac, sigarette e carte da gioco. Negli armadi erano presenti il kit di primo soccorso ed abiti asciutti, mentre le comunicazioni erano fornite da una radio ricetrasmittente. All’interno c’erano anche una pompa per eventuali falle e un canotto per raggiungere i soccorsi una volta giunti nei pressi della boa. Completavano l’equipaggiamento razzi di segnalazione e una macchina per i fumogeni di emergenza. Il personale ospitato dalle boe poteva resistere protetto dall’ipotermia e dai marosi anche per una settimana nell’attesa che un idrovolante di soccorso o una nave li raggiungesse.
Circa 50 furono le «Rettungsbuoje» dislocate nella Manica, contribuendo al salvataggio di un numero imprecisato di aviatori. Gli inglesi realizzarono un mezzo simile nello stesso periodo, seppure molto differente nella forma. La boa ASR-10 (Air Sea Rescue Float) assomigliava molto ad un motoscafo, seppur priva di propulsore. Era studiata per facilitare l’accesso da parte dei naufraghi in balia delle onde, con la poppa digradante verso l’acqua. L’equipaggiamento era molto simile a quello della boa tedesca. Dipinta in rosso e arancio vivaci, fu realizzata in 16 esemplari ancorati nel braccio di mare tra Inghilterra e Francia tra il 1940 ed il 1941. Oggi un esemplare è conservato presso lo Scottish Maritime Museum.
Le boe tedesche, dopo la fine della Battaglia di Inghilterra, furono spostate presso le Channel Islands, il piccolo arcipelago occupato temporaneamente dai tedeschi e utilizzate come punti di vedetta o di difesa dopo essere state munite di una mitragliatrice. A causa della loro vulnerabilità furono quasi tutte affondate dagli aerei della Raf. Un esemplare recuperato nel 2020 dopo essere rimasto per decenni arenato e insabbiato a Terschelling nelle isole Frisone occidentali è conservato al «Bunkermuseum» dell’isola olandese.
Ernst Udet, dopo l’esito infausto della Battaglia d’Inghilterra per la Luftwaffe, già in preda all’alcolismo cadde in depressione. Si tolse la vita a Berlino il 17 novembre 1941, forse anche per le conseguenze della pressione psicologica che Hermann Göring esercitò sull’ufficiale dell’aeronautica addossandogli la responsabilità della sconfitta.
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Stanno comparendo in diverse città italiane, graditi soprattutto alle giunte di centro sinistra e in particolare ai fanatici delle zone con limitazione di traffico a 30kmh. Basta una nottata e grazie a una serie di tasselli inseriti nell’asfalto l’installazione è fatta. Tutto bello? Non proprio: a ben guardare la normativa riguardante tale soluzione è Incompleta, poiché In Italia non sono previsti nel dettaglio dal Codice della Strada e questo rende la loro adozione più complicata sul pano della burocrazia. In pratica, per ora la loro installazione avviene solo tramite sperimentazione autorizzata dal Ministero dei Trasporti. Ci sono poi alcune questioni tecniche: andrebbero installati soltanto sulle strade con bassa densità di traffico e, appunto, laddove il limite è già 30 km/h, e questo giocoforza li rende una soluzione praticabile soltanto in alcune zone. Inoltre, i cuscini berlinesi devono essere posizionati a una distanza tale da curve e incroci per permettere ai veicoli più grandi di potersi raddrizzare completamente dopo aver effettuato la svolta prima di valicarli. Il peggio però è altro: se chi è distratto da aver superato di poco il limite, finendoci sopra rischia di danneggiare la vettura e ciò accadrà ancora di più se essa è poco rialzata da terra. Ma se la distrazione o le condizioni psicofisiche del conducente sono alterate al punto che egli non si sta rendendo conto della sua velocità, e questa è elevata, egli può facilmente perdere il controllo, ad andare bene finendo per sbattere contro altri mezzi, peggio finendo per travolgere delle persone. E non mancano neppure i problemi di manutenzione, poiché nel tempo si usurano a causa delle pressioni ma anche dell’irraggiamento solare e degli sbalzi di temperatura. Laddove sono stati applicati in modo diffuso è in Francia e nel Regno Unito, nazioni che ne hanno definito le specifiche riprendendo a loro volta quelle tedesche. Il Dipartimento per i trasporti del Regno Unito già nel 1984 aveva fissato la pendenza massima degli elementi al 12,5% per le rampe longitudinali di ingresso e di uscita dai cuscini, ed il rapporto del 25% per le rampe trasversali laterali. Stando a quanto si trova online, la Francia prevede rampe longitudinali con pendenze molto più elevate: le rampe devono essere lunghe 20 cm per cuscini alti 5 cm (con una pendenza del 25%), 25 cm per cuscini alti 7 cm (con una pendenza del 28%). Rampe così ripide devono essere adottate con cautela: indagini condotte dal Dipartimento dei trasporti britannico hanno mostrato che, con rampe longitudinali dalla pendenza maggiore del 17%, i veicoli rischiavano di toccare il con il fondo riportando seri danni: dalla distruzione dell’impianto di scarico fino alla rottura della coppa dell’olio con annesso sversamento del fluido e inquinamento. Di conseguenza essi devono essere particolarmente ben segnalati – tipicamente con verniciature gialle – ma anche tale caratteristica tende ovviamente a degradarsi con il tempo. E stante il livello di manutenzione delle nostre strade è facile prevedere che dovremo confidare nell’attenzione di chi guida e nell’illuminazione pubblica. Una delle questioni è anche come gli automobilisti reagiscono quando si accorgono in ritardo della loro presenza: frenate improvvise e repentine deviazioni di traiettoria sono all’ordine del giorno. Stando ai dati raccolti dalle municipalità che in Europa li stanno utilizzando da tempo la velocità media di superamento dei cuscini berlinesi di è di poco superiore ai 22 km/h per larghezze di 1,9 metri, mentre sale a 30 km/h per quelli più stretti, che quindi provocano nei conducenti meno apprensione per l’impatto sotto gli pneumatici. E di conseguenza illudono che l’effetto di un attraversamento accelerato sia inferiore. Invece il botto è garantito. Pur sapendo che taluni lettori non saranno d’accordo, chi scrive pensa che la sicurezza (stradale in primis), nasca dalla cultura della consapevolezza e non dalle costrizioni. E che più una strada è sgombra, più ridotto è il rischio di fare incidenti.
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Giovanni Malagò (Getty Images)
Adesso si trova in Campania, dopo esser passata tra Lazio, Umbria Toscana, Sardegna, Sicilia e Calabria. Molte regioni verranno ripercorse di nuovo, in lungo e in largo. Il 26 gennaio tornerà invece, dopo 70 anni esatti dalla Cerimonia d’Apertura dei Giochi, a Cortina d’Ampezzo e concluderà il suo tragitto a Milano facendo il suo ingresso allo Stadio di San Siro, la sera di venerdì 6 febbraio 2026. 10.000 tedofori la stanno conducendo tra volti noti e persone comuni. I primi volti noti dello spettacolo e dello sport sono il cantante Achille Lauro, Flavia Pennetta, icona del nostro tennis, vincitrice degli US Open 2015 e di 4 Billie Jean King Cup e Francesco Bagnaia, due volte campione del mondo di MotoGP e una in Moto2. Tantissimi altri ancora e altri ce ne saranno. Anche perché la storia del Viaggio della Fiamma è piena di leggende, come Muhammad Alì ad Atlanta 1996, Cathy Freeman a Sydney 2000 e poi ancora la fondista Stefania Belmondo, ultima tedofora di Torino 2006 vent’anni fa nell’ultima edizione invernale italiana, dopo le frazioni di altri campioni olimpici azzurri come Alberto Tomba, Manuela Di Centa, Silvio Fauner e Deborah Compagnoni (nella foto di copertina). Quattro anni prima, invece, l’intera squadra statunitense di hockey maschile del “Miracolo sul ghiaccio” di Lake Placid 1980 che accese il braciere di Salt Lake City 2002 tra la commozione del pubblico statunitense.
La fiamma olimpica nasce con le prime olimpiadi nell'antica Grecia, dove il fuoco sacro ardeva in onore degli dèi durante i Giochi originali. La tradizione moderna è stata reintrodotta con l'accensione del braciere ai Giochi Olimpici di Amsterdam nel 1928 e la prima staffetta della torcia a Berlino nel 1936. Le torce di #MilanoCortina2026 sono un omaggio al design italiano con uno stile che mette al centro la fiamma. Eleganti. Iconiche. Sostenibili. Si chiamano Essential e portano con sé lo spirito dei Giochi che verranno.
La fiamma paralimpica partirà invece il 24 febbraio 2026 e si concluderà il 6 marzo 2026, giorno della cerimonia di apertura dei Giochi paralimpici all’Arena di Verona. Sfilerà nelle mani di 501 tedofori per 2.000 chilometri in 11 giorni. “La fiamma paralimpica verrà accesa il 24 febbraio a Stoke Mandeville in Inghilterra, storico luogo di nascita dello sport Paralitico - dichiara Maria Laura Iascone, Ceremonies Director di Fondazione Milano Cortina 2026 -. L’arrivo in Italia coinciderà con l’inizio di un viaggio che focalizzerà l’attenzione e l’entusiasmo verso le Paralimpiadi, amplificandone i messaggi di rispetto e inclusività, e generando un volano di entusiasmo, attesa e partecipazione intorno agli atleti paralimpici”. Dopo l'accensione nel Regno Unito, la fiamma paralimpica animerà 5 Flame Festival dal 24 febbraio al 2 marzo a Milano, Torino, Bolzano, Trento e Trieste, con la cerimonia di unione delle Fiamme il 3 marzo a Cortina d’Ampezzo. Dal 4 marzo, la fiamma raggiungerà Venezia e Padova, per fare il suo ingresso il 6 marzo all’Arena di Verona per la cerimonia di apertura dei Giochi paralimpici.
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Tra Natale ed Epifania il turismo italiano supera i 7 miliardi di euro di giro d’affari. Crescono presenze, viaggi interni ed esperienze artigianali, con città d’arte e montagne in testa alle preferenze.
Le settimane comprese tra il Natale e l’Epifania si confermano uno dei momenti più redditizi dell’anno per il turismo italiano. Secondo le stime di Cna Turismo e Commercio, il giro d’affari generato tra feste, fine anno e Befana supera i 7 miliardi di euro. Un risultato che non fotografa soltanto l’andamento economico del settore, ma racconta anche un’evoluzione nelle scelte e nelle aspettative dei viaggiatori.
Nel periodo festivo sono attesi oltre 5 milioni di turisti che trascorreranno almeno una notte in una struttura ricettiva: circa 3,7 milioni sono italiani, mentre 1,3 milioni arrivano dall’estero. A questi si aggiunge una platea ben più ampia di persone in movimento: oltre 20 milioni di individui si sposteranno per escursioni giornaliere, soggiorni nelle seconde case o visite a parenti e amici.
Per quanto riguarda i flussi internazionali, la componente europea resta prevalente, con arrivi soprattutto da Francia, Germania, Spagna e Regno Unito. Fuori dal continente, si segnalano presenze significative da Stati Uniti, Canada e Cina. Le preferenze delle destinazioni confermano una tendenza ormai consolidata. In cima alle scelte ci sono le città e i borghi d’arte, seguiti dalle località di montagna. Due modi diversi di vivere le vacanze natalizie: da un lato l’attrazione per il patrimonio culturale, i mercatini e le atmosfere urbane illuminate dalle feste; dall’altro la ricerca della neve, degli sport invernali e di un contatto più diretto con l’ambiente naturale.
Alla base di questo successo concorrono diversi fattori. L’Italia continua a esercitare un forte richiamo quando si parla di tradizioni natalizie: dai presepi, in particolare quelli napoletani, ai mercatini dell’arco alpino, passando per i centri storici addobbati e le celebrazioni religiose che trovano a Roma uno dei loro punti centrali. Un insieme di elementi che costruisce un’offerta culturale difficilmente replicabile. Proprio la dimensione religiosa e identitaria del Natale italiano rappresenta un elemento di attrazione per molti visitatori nordamericani e per i turisti provenienti da Paesi di tradizione cattolica, spesso alla ricerca di un’esperienza percepita come più autentica rispetto a celebrazioni considerate eccessivamente commerciali. A questo si aggiunge la varietà climatica del Paese: temperature più miti al Sud e nelle isole per chi vuole evitare il freddo, condizioni ideali sulle Alpi per gli amanti dello sci e della montagna. Un segnale particolarmente rilevante arriva dalla crescita delle cosiddette esperienze, soprattutto quelle legate all’artigianato. Sempre più viaggiatori scelgono di affiancare alla visita dei luoghi la partecipazione diretta ad attività tradizionali: dalla preparazione della pasta fresca alle lavorazioni del vetro di Murano, fino alla ceramica umbra e toscana. È un approccio che indica un cambiamento nel modo di viaggiare, meno orientato alla semplice osservazione e più alla partecipazione.
Questo interesse incrocia diverse tendenze attuali: il bisogno di autenticità in un contesto sempre più standardizzato, la volontà di riportare a casa un’esperienza che vada oltre il souvenir e l’attenzione verso il “saper fare” italiano, riconosciuto come patrimonio immateriale di valore internazionale.
Sul piano economico incidono anche fattori più generali. La ripresa del potere d’acquisto delle classi medie in Europa e negli Stati Uniti, dopo anni di incertezza, ha sostenuto la propensione alla spesa per le vacanze. Il rafforzamento del dollaro favorisce i turisti statunitensi, mentre la fase di stabilizzazione successiva alla pandemia ha contribuito a ricostruire la fiducia nei viaggi. Il periodo natalizio rappresenta inoltre uno degli esempi più riusciti di destagionalizzazione, obiettivo perseguito da tempo dagli operatori del settore. Le strutture ricettive registrano livelli di occupazione elevati in settimane che in passato erano considerate marginali. Anche i collegamenti giocano un ruolo chiave: l’espansione dei voli low cost e il miglioramento dell’offerta ferroviaria rendono più accessibili non solo le grandi città, ma anche destinazioni meno centrali, favorendo una distribuzione più ampia dei flussi.
Accanto ai dati positivi emergono però alcune criticità. La concentrazione dei visitatori rischia di mettere sotto pressione alcune mete, mentre altre restano ai margini. Il turismo di prossimità, rappresentato dai milioni di italiani che si spostano senza pernottare in alberghi o strutture ricettive, costituisce un bacino ancora parzialmente inesplorato. Allo stesso tempo, la crescente domanda di esperienze personalizzate richiede investimenti in formazione e una maggiore integrazione tra operatori locali.
Le festività di fine anno restano comunque un motore fondamentale per l’economia del turismo, in grado di coinvolgere l’intera filiera: ristorazione, artigianato, trasporti e offerta culturale. Un patrimonio che, per continuare a produrre risultati nel tempo, richiede una strategia capace di innovare senza snaturare quell’autenticità che rappresenta il vero punto di forza del sistema italiano.
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