2022-04-10
Accuse e provocazioni: escalation Usa-Russia
L'ambasciatore russo negli Stati Uniti, Anatoly Antonov (Ansa)
L’ambasciatore russo in America: «Dare armi a Kiev ci porta sulla via di un confronto militare diretto». Intanto Washington schiera missili in Slovacchia e Mosca fa esercitazioni nell’enclave europea di Kaliningrad. Visita a sorpresa di Boris Johnson a Volodymyr Zelensky.Continua a salire la tensione tra Stati Uniti e Russia sulla crisi ucraina. «Gli Stati occidentali sono coinvolti direttamente negli eventi attuali in quanto continuano a pompare l’Ucraina con armi e munizioni, incitando ulteriori spargimenti di sangue», ha dichiarato a Newsweek l’ambasciatore russo negli Stati Uniti, Anatoly Antonov. «Simili azioni sono pericolose e provocatorie perché dirette contro il nostro Stato», ha proseguito, per poi aggiungere: «Tali azioni possono portare gli Stati Uniti e la Russia sulla via di un confronto militare diretto. Qualsiasi fornitura di armi ed equipaggiamenti militari dall’Occidente, effettuata con convogli attraverso il territorio dell’Ucraina, è un obiettivo militare legittimo per le nostre forze armate». Washington ha frattanto annunciato che schiererà missili Patriot in Slovacchia, la quale ha a sua volta fornito il sistema missilistico S-300 all’Ucraina. Tutto questo, mentre Mosca ha organizzato ieri giochi di guerra nella sua exclave di Kaliningrad, collocata sul Mar Baltico tra Polonia e Lituania (che sono membri della Nato). «Fino a 1.000 militari e più di 60 unità di equipaggiamento militare sono stati coinvolti», ha reso noto il comando della flotta baltica russa. La fibrillazione resta insomma elevata. E il clima generale ricorda inquietantemente quello della crisi dei missili cubani tra Usa e Urss nel 1962. L’invasione dell’Ucraina sta d’altronde assumendo sempre più i tratti di una sfida diretta tra Washington e Mosca, che però è spalleggiata a sua volta da Pechino: quella Pechino che punta a una Russia sempre più dipendente dal Dragone e che mira, nel lungo termine, a creare un ordine internazionale di cui essere il perno. Le tensioni internazionali stanno inoltre causando delle fibrillazioni all’interno sia degli Stati Uniti sia della Russia. Joe Biden deve barcamenarsi tra correnti contrastanti al Congresso: alcuni parlamentari americani chiedono più cautela alla Casa Bianca, altri accusano invece il presidente di eccessiva timidezza e lo spronano ad essere maggiormente incisivo, inviando per esempio dei caccia all’Ucraina. Biden incontra problemi anche per quanto riguarda il controverso accordo sul nucleare con l’Iran: accordo che l’inquilino della Casa Bianca sta cercando di rilanciare, giocando di sponda proprio con la Russia (anche se ciò potrebbe contraddittoriamente offrire a quest’ultima delle scappatoie alle sanzioni occidentali). In questo quadro, ben 18 deputati dem hanno espresso preoccupazioni nei confronti della politica iraniana di Biden, soprattutto per il forte coinvolgimento di Mosca nel ripristino dell’intesa: segno che, oltre a indebolire le sanzioni antirusse, il rilancio dell’accordo sul nucleare rischia di spaccare (ulteriormente) l’Asinello. Ma dissidi intestini dilaniano anche l’establishment politico russo. In particolare, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, è finito sotto attacco per aver ammesso, pochi giorni fa, che le truppe di Mosca hanno subito «significative perdite». Parole, queste, che hanno irritato i falchi russi, a partire dal segretario del Consiglio generale di Russia Unita, Andrey Turchak, il quale ha duramente criticato Peskov, lasciando così intendere la presenza di un palpabile nervosismo ai vertici di Mosca. Nel frattempo la strada della diplomazia si fa sempre più in salita. A pesare su questa situazione non c’è solo il massacro di Bucha o l’aumento della tensione militare, ma anche un crescente attrito tra la Russia e la Turchia: Paese, quest’ultimo, che finora ha svolto il ruolo di principale mediatore nella crisi in corso. Il motivo del diverbio non è nuovo. Il Cremlino è tornato infatti a protestare per la vendita di droni militari a Kiev da parte di Ankara. «I russi sono agitati e di tanto in tanto si lamentano delle vendite di droni. Si lamentavano e si lamentano in questo momento», ha dichiarato un funzionario turco, citato da Reuters. «Tuttavia», ha aggiunto, «abbiamo già dato la risposta, e cioè che si tratta di società private e che questi acquisti di droni erano stati effettuati prima della guerra». Va da sé che, visto il ruolo di primo piano finora assunto da Ankara nei negoziati, un tale dissidio rischia di complicare ulteriormente la situazione negoziale. Tutto questo, anche se Volodymyr Zelensky è tornato ieri a dirsi aperto alle trattative. «L’Ucraina ha sempre affermato di essere pronta per i negoziati e cercherà tutte le possibilità per fermare la guerra. Allo stesso tempo, purtroppo, stiamo assistendo ai preparativi per grandi battaglie, alcuni dicono decisive, nell’Est», ha detto il presidente ucraino, incontrando il cancelliere austriaco, Karl Nehammer. In tutto questo, l’Ue e l’Italia hanno annunciato ieri che ristabiliranno a breve una propria presenza diplomatica a Kiev. La Commissione europea ha inoltre reso noto lo stanziamento di un miliardo di euro, per sostenere Kiev e i Paesi che stanno accogliendo i profughi. Zelensky ha avuto frattanto un incontro nella capitale ucraina con Boris Johnson: i due leader hanno parlato di un «nuovo pacchetto di aiuti finanziari e militari» all’Ucraina (comprendente veicoli corazzati britannici).
Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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