2019-02-06
Abubakar, l'uomo che collega Nigeria e Congo nelle inchieste su Eni
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In patria lo chiamano «Mr Corruption», sarà sentito il 13 marzo durante il processo di Milano, sarebbe stato lui l'architetto delle società per smistare la maxi tangente da 1,92 miliardi di dollari per l'acquisto del giacimento nigeriano Opl-245 da parte di Eni e Shell. E' coinvolto anche nell'altro procedimento che riguarda il Cane a sei zampe, questa volta nell'altro stato africano.Erano tutti in attesa di «Mr Corruption», ovvero Aliyu Abubakar, ricco uomo d'affari nigeriano, coinvolto nell'inchiesta sul giacimento Opl-245 in Nigeria, ma sarà ascoltato tra almeno un mese nel processo che vede imputati tra gli altri l'amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi, l'ex numero uno Paolo Scaroni e pure lo stesso Cane a sei zampe insieme con l'altra compagnia petrolifera Shell. Per di più si è scoperto che Abubakar è anche coinvolto nell'altro procedimento sul Congo - avviato la scorsa estate dalla procura di Milano - insieme con Roberto Casula, quest'ultimo da luglio 2014 capo delle attività di esplorazione e produzione. Come siano connessi un top manager di Eni e «Mr Corruption» (come lo hanno soprannominato alcuni quotidiani locali e esteri tra cui la stessa agenzia Reuters) lo dovranno scoprire gli investigatori o lo si capirà meglio durante il processo. E' possibile che Abubakar possa già dare risposte il 13 marzo, quando sarà sentito in aula. La testimonianza è molto attesa, perché Aliyu, (da non confondere con un altro Abubakar ovvero Atiku candidato alle prossime elezioni presidenziali ndA), è un personaggio circondato da un velo di mistero. A quanto si sa, da fonti aperte, si tratta di un ricco uomo d'affari molto controverso, il presunto proprietario del più lussuoso edificio di Abuja situato vicino al Hotel Transcorp Hilton. Sarebbe anche amico di diversi funzionari governativi nigeriani. Non solo. Secondo le indagini Abubakar avrebbe costruito la sua immensa ricchezza tramite affari sempre al limite della legge. Anzi, come sostiene l'accusa nel processo Opl-245, proprio lui sarebbe stato fondamentale nel pagamento dei 1,092 miliardi che sarebbero stati pagati da Eni e Shell per acquisire dall'ex presidente Dan Etete il giacimento Opl-245. Sarebbe stato lui, attraverso alcune società vuote, ad assicurarsi lo spostamento del denaro e il versamento delle «consulenze», come quella a Bayo Ojo, ex ministro di Grazia e giustizia.Quest'ultimo ha testimoniato il 6 febbraio in video conferenza dalla Nigeria. L'ex ministro di Grazia e giustizia ha ammesso di essere stato a conoscenza degli interessi diretti di Etete in Malabu -la società accusata di aver fatto affari con Eni dopo che l'ex presidente era già stato condannato per riciclaggio in Francia nel 2007 - ma ha anche dichiarato di non aver mai ravvisato per questo un conflitto di interesse. A quanto pare Ojo aveva raggiunto un accordo con Etete per ricevere il 5% della cifra in cambio dei suoi servizi legali, quasi 50 milioni di dollari. Ne sarebbero arrivati solo 10, a quanto pare proprio da Abubakar, ma Ojo ha spesso opposto il segreto professionale risultando poco chiaro. In ogni caso ha ammesso di aver incassato i 10 milioni di dollari e d essere ancora in affari con l'ex dirigente Eni Vincenzo Armanna, questa volta nel settore dell'oro: avrebbe già versato 1,2 milioni di dollari. Ancora in affari? «Siamo interessati ad aprire questa attività» che dovrebbe ampliarsi al petrolio e alle energie rinnovabili. Ma Armanna raccontò altro nel 2016 ai magistrati su quei soldi, spiegando che quei 1,2 milioni di dollari non riguardavano la vendita di oro ma altre attività nigeriane. Gran parte del processo ruota attorno proprio alla figura Armanna, che avrebbe 'coordinato' anche con Gianfranco Falcioni, ex console italiano in Nigeria, Ojo e lo stesso Abubakar il trasferimento delle presunta maxi tangente versata da Eni sul conto del governo nigeriano presso Jp Morgan chase.
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