
L’indipendenza di giudici e pubblici ministeri si è ridotta solo a un comodo paravento per non rispondere dei propri errori. Non si tratta di una battaglia ideologica: anche Antonio Ingroia è d’accordo sulla responsabilità civile per i suoi ex colleghi.Sono almeno trent’anni che in Italia si discute di responsabilità civile dei magistrati. Di solito viene invocata da chi è stato ingiustamente arrestato e reclama un risarcimento per il periodo di detenzione e per i danni subiti alla propria reputazione e alla propria attività. Ma quale indennizzo dovrebbe pagare un pm che abbia ignorato più volte la richiesta della polizia intenzionata a mettere sotto chiave un pericoloso delinquente? Quale risarcimento dovrebbe essere pagato da un pubblico ministero che non abbia dato seguito a misure preventive e in seguito a ciò il delinquente lasciato libero di agire abbia commesso un omicidio? Sono domande che credo siano più che legittime di fronte al brutale assassinio di Iris Setti, la donna uccisa a botte da un immigrato che non avrebbe dovuto essere in circolazione. Le forze dell’ordine ne avevano più volte denunciato la pericolosità, ma il magistrato competente non avrebbe riscontrato elementi per disporne l’arresto. L’intervista di Fabio Amendolara alla pm pubblicata dalla Verità è la dimostrazione di come la giustizia spesso sia amministrata in mondo soggettivo, cioè con una percezione personale.Si può accettare che in questo Paese da anni a prevalere non sia il codice penale, ma un codice personale? Immagino le obiezioni circa l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Anche solo invocare delle misure per sanzionare chi non ha provveduto con misure preventive a evitare un omicidio, può essere considerata un’indebita pressione. Ma fino a che punto si può accettare che in nome di un principio di libertà da ogni condizionamento, il magistrato non debba mai rispondere dei propri atti? Un direttore di giornale, lo so per esperienza personale, pur senza aver messo in galera nessuno e nemmeno aver lasciato in libertà un assassino, è sanzionato per ogni sua decisione che risulti sbagliata e paga sia economicamente, risarcendo le vittime per omesso controllo, che penalmente. Lo stesso si può dire di molte altre categorie professionali. Un medico se sbaglia paga. E così tanti altri. Un dirigente d’azienda che non abbia messo in atto misure per evitare un incidente sul lavoro, rischia la galera oltre che una condanna pecuniaria. E così anche l’amministratore delegato di una società di trasporti che non abbia previsto controlli adeguati sulla rete a lui affidata (tutti quanti ricorderanno la strage di Viareggio e le conseguenze per il numero uno delle Ferrovie, Mauro Moretti). Dunque, perché solo i magistrati in Italia non devono essere chiamati a pagare e a risarcire i propri errori? So già che cosa si dirà: per una certa parte politica - e nel mio caso giornalistica - ogni occasione è buona per attaccare la magistratura e tentare di limitarne i poteri e l’autonomia. Sciocchezze. E non soltanto perché ho buoni amici magistrati, di cui rispetto la professionalità e la competenza, conscio che il loro lavoro è difficile e lo praticano con dedizione. No, l’idea che a destra si voglia colpire la magistratura, cercando di ottenere una sorta di impunità, è una di quelle sciocchezze che negli anni è stata alimentata da un certa sinistra al solo scopo di ottenere, tramite le Procure, una vittoria elettorale che nelle urne non sarebbe mai stata possibile. In pratica, per trent’anni abbiamo dovuto sottostare a una narrazione falsa, che ha sfruttato il caso Berlusconi per poter avere un argomento di propaganda.Ma oggi che il Cavaliere ahinoi non c’è più, è giunta l’ora di archiviare l’immunità della magistratura come si è archiviata quella dei parlamentari. Come chiunque, anche un pm o un giudice, se sbaglia paga. È un principio democratico. Se la legge è uguale per tutti, deve esserlo a maggior ragione anche per chi l’amministra. So che vi stupirò, ma a essere d’accordo è uno che i pm li conosce bene come Antonio Ingroia, ossia l’ex pm della trattativa Stato-mafia il quale, uscendo da una trasmissione tv, mi ha confidato di non condividere quasi nulla delle misure proposte da Carlo Nordio, ma di essere favorevole a un solo provvedimento, ossia la responsabilità civile dei magistrati. Forse è giunta l’ora. Almeno Iris Setti non sara morta invano.
Nel riquadro, Giancarlo Tulliani in una foto d'archivio
Requisiti una villa, conti correnti accesi in Italia e all’estero e due automobili, di cui una di lusso. I proventi di attività illecite sono stati impiegati nuovamente per acquisizioni di beni immobili e mobili.
Lo Scico della Guardia di finanza ha eseguito ieri un decreto di sequestro per circa 2,2 milioni di euro emesso dal Tribunale di Roma su proposta dei pm della Direzione distrettuale Antimafia, nei confronti di Giancarlo Tulliani, attualmente latitante a Dubai e fratello di Elisabetta Tulliani, compagna dell’ex leader di Alleanza nazionale Gianfranco Fini. La sezione Misure di prevenzione del Tribunale della Capitale ha disposto nei confronti di Tulliani il sequestro di una villa a Roma, di conti correnti accesi in Italia e all’estero e due autovetture di cui una di lusso, per un valore complessivo, come detto, di circa 2,2 milioni di euro. «Il profitto illecito dell’associazione, oggetto di riciclaggio, veniva impiegato, oltre che in attività economiche e finanziarie, anche nell’acquisizione di immobili da parte della famiglia Tulliani, in particolare Giancarlo», spiega una nota. «Quest’ultimo, dopo aver ricevuto, direttamente o per il tramite delle loro società offshore, ingenti trasferimenti di denaro di provenienza illecita, privi di qualsiasi causale o giustificati con documenti contrattuali fittizi, ha trasferito le somme all’estero, utilizzando i propri rapporti bancari.
2025-11-14
Casalasco apre l’Innovation Center: così nasce il nuovo hub del Made in Italy agroalimentare
A Fontanellato il gruppo Casalasco inaugura l’Innovation Center, polo dedicato a ricerca e sostenibilità nella filiera del pomodoro. Presenti il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini e il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta. L’hub sarà alimentato da un futuro parco agri-voltaico sviluppato con l’Università Cattolica.
Casalasco, gruppo leader nella filiera integrata del pomodoro, ha inaugurato oggi a Fontanellato il nuovo Innovation Center, un polo dedicato alla ricerca e allo sviluppo nel settore agroalimentare. L’obiettivo dichiarato è rafforzare la competitività del Made in Italy e promuovere un modello di crescita basato su innovazione, sostenibilità e radicamento nel territorio.
All'evento hanno partecipato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini, il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta e il management del gruppo. Una presenza istituzionale che sottolinea il valore strategico del progetto.
Urso ha definito il nuovo centro «un passaggio fondamentale» e un esempio di collaborazione tra imprese, ricerca e istituzioni. Per Marco Sartori, presidente di Casalasco Spa e del Consorzio Casalasco del Pomodoro, l’hub «non è un punto d’arrivo ma un nuovo inizio», pensato per ospitare idee, sperimentazioni e collaborazioni capaci di rafforzare la filiera.
L’amministratore delegato Costantino Vaia parla di «motore strategico» per il gruppo: uno spazio dove tradizione e ricerca interagiscono per sviluppare nuovi prodotti, migliorare i processi e ridurre l’impatto ambientale. Tamagnini, alla guida di FSI – investitore del gruppo – ricorda che il progetto si inserisce in un percorso di raddoppio dimensionale e punta su prodotti italiani «di qualità valorizzabili all’estero» e su una filiera sostenibile del pomodoro e del basilico.
Progettato dallo studio Gazza Massera Architetti, il nuovo edificio richiama le cascine padane e combina materiali tradizionali e tecnologie moderne. I mille metri quadrati interni ospitano un laboratorio con cucina sperimentale, sala degustazione, auditorium e spazi di lavoro concepiti per favorire collaborazione e benessere. L’architetto Daniela Gazza lo definisce «un’architettura generativa» in linea con i criteri di riuso e Near Zero Energy Building.
Tra gli elementi distintivi anche l’Archivio Sensoriale, uno spazio immersivo dedicato alla storia e ai valori dell’azienda, curato da Studio Vesperini Della Noce Designers e da Moma Comunicazione. L’arte entra nel progetto con il grande murale di Marianna Tomaselli, che racconta visivamente l’identità del gruppo ed è accompagnato da un’esperienza multimediale.
All’esterno, il centro è inserito in un parco ispirato all’hortus conclusus, con orti di piante autoctone, una serra e aree pensate per la socialità e il benessere, a simboleggiare la strategia di sostenibilità del gruppo.
Casalasco guarda già ai prossimi sviluppi: accanto all’edificio sorgerà un parco agri-voltaico realizzato con l’Università Cattolica di Piacenza, che unirà coltivazioni e produzione di energia rinnovabile. L’impianto alimenterà lo stesso Innovation Center, chiudendo un ciclo virtuoso tra agricoltura e innovazione tecnologica.
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Da sinistra in alto: Piero Amara, Catiuscia Marini, Sergio Sottani e Luca Palamara (Ansa)
Dopo le parole di Amara alla «Verità», trasmessa in Cassazione una relazione sul pm «in ginocchio». Si può riaprire il caso Palamara. Le analogie con le inchieste sulla toga Duchini e sulla ex governatrice Marini.
Da settimane i media si stanno occupando del cosiddetto Sistema Pavia, un coacervo melmoso di indagini e affari scoperchiato mediaticamente anche grazie agli scoop della Verità. Ora, sempre grazie al nostro lavoro, sta emergendo come anche in Umbria i pm abbiano usato metodi non proprio ortodossi per raggiungere i propri obiettivi. Ricordiamo che la Procura di Perugia ha la titolarità delle inchieste che coinvolgono i magistrati del distretto di Roma. Una funzione che rende quegli uffici giudiziari una delle Procure più influenti del Paese. Nonostante la sua centralità, resta, però, dal punto di vista dell’organico e forse dell’attitudine, un ufficio di provincia, dove tutti si conoscono e le vite delle persone si intrecciano indissolubilmente.
Ansa
A Chisinau gli azzurri faticano a sfondare il muro moldavo e sbloccano solo negli ultimi minuti con Mancini e Pio Esposito. Arriva la quinta vittoria consecutiva della gestione Gattuso, ma per la qualificazione diretta al Mondiale si dovrà passare dai playoff di marzo.






