2023-01-04
Mesi di gogna contro chi osava dissentire. Ma ora anche Patuelli critica gli errori Bce
Antonio Patuelli (Imagoeconomica)
L’Abi si oppone a un altro rialzo dei tassi. Finché a dirlo erano governo e «La Verità», soltanto silenzio o una pioggia di accuse.Almeno per un giorno dev’essere stata proclamata una sorta di amnistia - o magari un più limitato ma pur sempre significativo indulto - per i «reati» di lesa maestà, lesa Bce e lesa Christine Lagarde. Per molti mesi, infatti, la governatrice della Banca centrale europea era sembrata «sacra e inviolabile» come la persona del re nello Statuto albertino. Fuor di scherzo e di metafora, la maggior parte degli osservatori e dei commentatori, specie quelli di stretta osservanza eurolirica, non tollerava neanche l’idea di discutere le scelte di Francoforte, nemmeno in presenza di svarioni nelle previsioni e di decisioni discutibili. I lettori della Verità ricorderanno bene la solitudine di questo quotidiano nel mettere in fila le autentiche sciocchezze della Lagarde, quando attribuiva carattere transitorio alla fiammata inflazionistica. Ecco una sua dichiarazione del 20 gennaio 2022. Titolo della Stampa: «Inflazione. Lagarde, nel 2022 si stabilizzerà e calerà. Non agiremo come la Fed». E nel corpo dell’articolo: «Pensiamo che nell’anno 2022 (l’inflazione, ndr) si stabilizzerà e calerà. Calerà meno di quanto noi e tutti gli economisti avevano previsto, ma calerà». Concetto ribadito il 21 gennaio: «Nonostante l’inflazione sia arrivata al 5%, non ci aspettiamo una dinamica durevole che porti la crescita dei prezzi fuori controllo». La governatrice Bce era fissata con l’idea della transitorietà dei rincari: pure in una sua conversazione tv di qualche mese prima nel programma Che tempo che fa, a fine novembre 2021, aveva detto: «La corsa dell’inflazione scomparirà, è un fenomeno temporaneo causato dal Covid». Sappiamo come poi le cose siano andate: esattamente al contrario, e non solo a causa della guerra, perché la fiammata era iniziata molto prima.O ancora, passando dagli errori di analisi alle decisioni discutibili, è un fatto che le modalità pasticciate e ansiogene con cui la governatrice della Bce ha preannunciato sia la restrizione degli acquisti di titoli sia il rialzo dei tassi hanno determinato a più riprese un certo nervosismo nei mercati. Né ha rassicurato (anzi!) un altro annuncio estivo di Francoforte, quello relativo a un nuovo programma di acquisto di titoli dedicato a Paesi eventualmente in crisi: la realtà è che il suo aggancio a una serie di condizionalità ad altissima intensità politica (e quindi ad alto tasso di discrezionalità) rischierebbe di creare un contesto potenzialmente ancora più pericoloso, ad esempio per un Paese come l’Italia. Eppure - fino a ieri - se a parlare era un quotidiano critico, scattava il silenzio. E se poi era un esponente politico ad avanzare un’obiezione, veniva addirittura ridicolizzato, con l’accusa di ledere la credibilità del Paese, di nuocere all’Italia e al sistema economico. Fino a ieri, dicevamo. Quando finalmente in apertura del Sole 24 Ore è comparsa un’intervista del presidente dell’Associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli, significativamente intitolata: «La Bce ci ripensi, stop a un nuovo aumento dei tassi a inizio anno».Per dovere di onestà, va detto che non tutto il ragionamento di Patuelli appare convincente. Riferendosi alla discesa dei prezzi dell’energia, il presidente dell’Abi dice: «È probabile che chi specula si stia posizionando perché sospetta l’imminenza della possibilità di un armistizio tra Russia e Ucraina». E qui il riferimento agli speculatori appare vago e indistinto, così come palese è la sottovalutazione di una serie di altri fattori: l’inverno mite e la crisi industriale in atto. Con perfidia, un esperto come Massimo Nicolazzi ha twittato: «Chissenefrega di domanda, offerta, metereologia e chiusure industriali. Il prezzo del gas dipende dalla guerra e dalla speculazione con l’aggiunta di un twist di price cap. Ma è Patuelli o Toninelli?». Il sarcasmo è feroce, e - su quel punto - motivato. E tuttavia non facciamoci distrarre - almeno per un momento - dal merito, e restiamo sul punto di metodo: si può finalmente criticare la Bce e chiedere un ripensamento. Ecco infatti Patuelli: «In un contesto del genere la Bce dovrebbe rivedere l’intenzione dichiarata di procedere con un nuovo aumento dei tassi già a inizio anno». E ancora: «Sono sempre dell’opinione illustrata dal governatore Visco a settembre, quando ha esortato a non assumere posizioni preconcette sugli incrementi dei tassi ma a valutare volta per volta». E dunque, stavolta, «a mio avviso bisognerebbe ripensarci». Il punto è proprio qui: si può, anzi si deve iniziare a mettere in discussione ciò che Francoforte decide, come purtroppo la politica ha invece rinunciato a fare da troppo tempo. Sfortunatamente l’Ue è anche questo: uno spettacolare laboratorio dove da un lato si predispongono piani «sovietici», guidati dalla presunzione fatale di sapere tutto quello che accadrà nei prossimi sei-sette anni; dall’altro, si sbagliano sistematicamente tutte le previsioni; e dall’altro ancora, si pretenderebbe di non aprire mai una discussione. La realtà è che aprire questa discussione sulle scelte della Bce e in particolare della Bce a guida Lagarde non è ideologia, ma puro pragmatismo, purtroppo supportato dalla statistica. Bene dunque che si cominci a farlo. Certo, occorre sempre muoversi con cautela, tenere conto delle nostre fragilità strutturali, degli elementi di prudenza che vanno massimamente considerati: ma, pur con questi paletti e questi caveat, superare il dogmatismo e discutere laicamente di ogni analisi e scelta potrà solo farci bene.