Un governo che alle elezioni venisse bocciato senza appello dagli italiani avrebbe il dovere di dimettersi all'istante. Così fece per esempio Massimo D'Alema quando, nel 2000, gli elettori gli voltarono le spalle, regalando otto regioni con 32 milioni di abitanti al centrodestra. Così fece perfino Matteo Renzi il 4 dicembre del 2016, quando il 60 per cento dei votanti mandò al diavolo la riforma della Costituzione confezionata dalle sapienti mani di Maria Elena Boschi. Anche se poi, andandosene, l'ex segretario del Pd lasciò a Palazzo Chigi i suoi pretoriani e le sue pretoriane, facendo nascere un esecutivo fotocopia.
Un governo che alle elezioni venisse bocciato senza appello dagli italiani avrebbe il dovere di dimettersi all'istante. Così fece per esempio Massimo D'Alema quando, nel 2000, gli elettori gli voltarono le spalle, regalando otto regioni con 32 milioni di abitanti al centrodestra. Così fece perfino Matteo Renzi il 4 dicembre del 2016, quando il 60 per cento dei votanti mandò al diavolo la riforma della Costituzione confezionata dalle sapienti mani di Maria Elena Boschi. Anche se poi, andandosene, l'ex segretario del Pd lasciò a Palazzo Chigi i suoi pretoriani e le sue pretoriane, facendo nascere un esecutivo fotocopia. Paolo Gentiloni, seppur bocciato il 4 marzo, invece rimane incollato alla poltrona. Di offrire spontaneamente le dimissioni, come segno di rispetto nei confronti di chi si è recato alle urne, il presidente del Consiglio, capo di un governo che non è mai stato scelto dagli italiani, non ci pensa proprio.E dire che dai seggi è uscito un responso incontestabile nei confronti dell'operato di molti ministri. Basti ricordare che Valeria Fedeli, la capa dell'Istruzione, candidandosi in un collegio rossissimo come quello di Pisa, è riuscita a farsi battere da una semisconosciuta veterinaria leghista. Per non dire poi di Marco Minniti, ministro dell'Interno a cui sono stati preferiti sia un 5 stelle espulso perché indagato, che una rappresentante del centrodestra. Non meglio è andata a Dario Franceschini, che nella sua Ferrara è stato battuto dalla candidata leghista, e a Roberta Pinotti, scavalcata a Genova sia dal candidato di Beppe Grillo che da quello di centrodestra. Se il ministro dell'Istruzione, quelli dell'Interno e dei Beni culturali, più la responsabile della Difesa sono stati spediti a casa nella sfida uninominale (anche se poi tutti quanti a casa non vanno perché dotati di paracadute che li fa atterrare in Parlamento), forse una conclusione bisognerebbe avere il coraggio di tirarla. Almeno per salvare le apparenze. E invece no. Nonostante la batosta, il conte Gentiloni non ha fatto un plissé, quasi come se la colpa fosse solo di Matteo Renzi e fosse l'ex segretario del Partito democratico a essere sotto esame.Al contrario, noi pensiamo che il 4 marzo a non aver passato l'esame non sia stato solo l'ex presidente del Consiglio, ma anche quello attuale, che con il voto è stato invitato a farsi più in là e a cedere la poltrona. Ma Paolo il Calmo è lungi dal far le valigie. Lui non è né D'Alema e né Renzi il quale, obtorto collo e con grande resistenza, alla fine le dimissioni le ha date. Gentiloni no. Lui di firmare la lettera di addio non ha alcuna voglia. Anzi. Non soltanto prima delle elezioni il governo ha rinnovato i vertici delle forze dell'ordine e della sicurezza dello Stato, ma addirittura progetta di fare nuove nomine anche dopo la sconfitta elettorale. Prova ne sia che per domani è stato convocato un consiglio dei ministri che ha all'ordine del giorno una raffica di promozioni. Ricordate il Cnel, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, mangiatoia inutile, ma di rango costituzionale? Bene, vista la mancata abolizione dello stesso, il governo si appresta a nominare 48 consiglieri. Già aveva minacciato di farlo mesi fa, allo scadere dei precedenti componenti del cda, ma poi le nomine erano slittate. Nulla osterebbe a rinviarle ancora, prendendo tempo in attesa del nuovo governo, ma a Palazzo Chigi a qualcuno dev'essere venuta fretta, perché il foglio di via incombe e le valigie anche. Risultato, domani la raffica di incarichi è stata messa all'ordine del giorno del consiglio dei ministri.Ma non è tutto: venerdì, mentre il nuovo Parlamento si insedierà, è convocata anche l'assemblea di Coni servizi, il braccio armato del comitato olimpico. Posseduta al 100% dal ministero dell'Economia, la società è in pratica la cassaforte del Coni e guarda caso ha gli organismi statutari in scadenza. Si potrebbe prendere un po' di tempo e aspettare gli eventi, lasciando che a decidere chi debba occuparsi delle attività operative del Coni sia il nuovo governo. E invece no, Gentiloni e compagni, cioè un governo sfiduciato dagli italiani, pensano che sia compito loro.A Palazzo Chigi, in pratica, ci si comporta come se il 4 marzo non ci fosse stato e Renzi fosse ancora al largo del Nazareno. Il Pd è stato dimezzato e i 5 stelle sono diventati il primo partito d'Italia? Forse nessuno ha informato il presidente del Consiglio. La Lega ha scavalcato Forza Italia e insieme a Fratelli d'Italia il centrodestra è la prima coalizione del Paese, 14 punti sopra quella di centrosinistra? Forse anche questo non è arrivato alle orecchie del premier. Ma qualcuno prima o poi glielo vorrà dire che è ora di andare a casa e lasciare che a fare le nomine sia chi ha vinto?
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).





