2020-03-07
A una settimana dal raid al Pellegrini non c’è ancora nessun indagato
L'assenza di videosorveglianza all'interno del reparto in cui è spirato Ugo Russo complica l'identificazione dei vandali che l'hanno devastato. Dietro il blitz e la stesa contro la caserma ci sarebbe il clan Saltalamacchia.Il convitato di pietra si è mosso. Spuntando un po' ovunque nell'inchiesta sull'uccisione di Ugo Russo, il baby rapinatore ammazzato durante un tentativo di rapina, nella notte tra sabato e domenica scorsi, a Napoli. A freddarlo con due colpi di pistola è stato un carabiniere in abiti civili, minacciato dal quindicenne e dal complice di un anno più grande mentre parcheggiava l'auto, in compagnia della fidanzata, nella zona di Santa Lucia, a pochi passi dal quartier generale della Regione Campania. Il convitato di pietra è la camorra. Quella che avrebbe armato una coppia di killer affinché sparasse una raffica di proiettili contro la caserma Pastrengo, sede del comando provinciale dell'Arma, come forma di «vendetta» per la morte di Ugo a opera di un militare di appena 23 anni (ora indagato per omicidio volontario). E quella che avrebbe coordinato la «regia» della devastazione dell'ospedale Vecchio Pellegrini, dove il quindicenne è spirato, per riaffermare il controllo del territorio e lanciare un messaggio di mobilitazione generale.La famiglia Russo non ha legami con la camorra né ne aveva Ugo, ma questo - in un contesto ad altissima densità criminale come Montesanto e i Quartieri Spagnoli, dove viveva il ragazzo - è ininfluente solo agli occhi di chi non conosce le dinamiche della malavita napoletana. «Le rapine dei Rolex, l'orologio che il carabiniere indossava quella notte, sono gestite e controllate dai clan che guadagnano decine e decine di migliaia di euro al mese dalla ricettazione in Italia e all'estero dei pezzi più pregiati», spiega alla Verità un investigatore partenopeo di lungo corso. «Esistono vere e proprie “paranze" di giovanissimi criminali che fanno apprendistato camorristico in questo modo. I più abili, i più violenti, i più intraprendenti, alla fine, entreranno a far parte, a tutti gli effetti, delle cosche». La presenza della camorra, in questa storia di luci e ombre, emerge anche da un'altra considerazione. «D'altronde sarebbe impossibile per un ragazzetto dell'età di Ugo piazzare sul mercato della refurtiva un orologio rubato. Né possiamo immaginare che, quello al militare, fosse un colpo improvvisato visto che, nelle tasche del ragazzo, i medici dell'obitorio hanno ritrovato un altro Rolex, provento con tutta probabilità di un raid avvenuto poche ore prima». Questo che cosa significa? «Che i ragazzini rubano e rapinano gli orologi preziosi, e poi un'organizzazione più ramificata e potente si occupa di smerciarli riconoscendo ai baby criminali una piccola percentuale», conclude. In questo caso, i sospetti sono tutti concentrati sul clan capeggiato dal boss Eduardo Saltalamacchia. Un passato da violento rapinatore - non a caso - e un presente che lo vede padrone incontrastato dei labirintici vicoli a ridosso di Via Toledo, la strada dello shopping cittadino. Potrebbero essere i suoi affiliati quelli che, come una mandria impazzita, hanno fatto irruzione nel pronto soccorso dell'ospedale, dov'era stato portato in condizioni disperate Russo, sfasciandolo e picchiando medici e infermieri intervenuti per placarne l'ira. Le telecamere all'ingresso del Vecchio Pellegrini hanno immortalato una cinquantina di «bestie», ma purtroppo non esiste sistema di videosorveglianza all'interno del presidio che consenta una compiuta identificazione. E, dunque, l'attività investigativa sta riscontrando enormi difficoltà nella ricostruzione di quegli attimi di follia. Una decina di «barbari» sarebbe stata comunque già identificata, e nelle prossime ore potrebbero partire le denunce all'autorità giudiziaria. Un episodio che ha traumatizzato l'opinione pubblica locale e nazionale, e che ha suggerito al papà di Ugo, Vincenzo Russo, di prendere ufficialmente le distanze da quel che è accaduto quella notte. «Io e i miei familiari pensavamo a Ugo, non a danneggiare l'ospedale», ha spiegato. Sollecitando amici e parenti a risarcire, per quanto possibile, il presidio ospedaliero. «Siete tutti dispensati dai fiori», ha detto l'uomo tramite l'avvocato Antonio Mormile. «Vi chiedo di donare 1 euro al Pellegrini per ogni fiore che avreste portato a mio figlio». Nulla potrà invece indennizzare la famiglia di Irina, la donna ucraina di 39 anni morta, proprio nelle ore dell'assalto al pronto soccorso, dopo quindici giorni di agonia. Irina lascia tre figli - uno dei quali della stessa età di Ugo -: è stata ammazzata di botte dal compagno. Vittima di un amore criminale per cui la mamma, la signora Nina, non riesce a darsi pace. «Vogliamo la verità», è la richiesta della donna raccolta da Repubblica. «Irina era una persona onesta. Chiediamo che venga effettuata dalle forze dell'ordine un'attenta verifica dei fatti per capire se ci siano o meno correlazioni tra la morte di Irina e l'assalto al pronto soccorso», aggiunge. «Fa male sentire parlare ogni giorno di una persona morta mentre stava compiendo un atto criminale e non del decesso di una mamma onesta che non ha mai fatto del male a nessuno».