2019-05-23
L’ospedale del Papa
riceve in segreto il «diavolo» Salvini
Ieri il ministro dell'Interno si è recato in visita al Bambino Gesù, struttura della Santa Sede. E alla presidente nominata da Bergoglio ha confidato: «Non ho mai chiesto un incontro a Francesco. Ma mi farebbe piacere».Contrordine, fratelli. C'è un luminoso angolo del Vaticano in cui Matteo Salvini riscalda i cuori. Fiat lux: ieri il leader leghista è stato in visita privatissima al Bambino Gesù di Roma. Meglio noto come l'ospedale del Papa. Braccio sanitario e caritatevole della Chiesa. Ma anche politico. Un anno fa, offrendo cure e ricoveri, tentò invano di evitare l'eutanasia di Alfie, bambino inglese di 23 mesi affetto da patologia sconosciuta. Battaglia etica imbracciata senza remore da Bergoglio.Insomma: la visita del ministro dell'Interno è molto più che simbolica. Arrivato al Bambino Gesù nel pomeriggio, Salvini parla per un'ora con il direttore generale, Ruggero Parrotto, e la presidente, Mariella Enoc. Strette di mani e sorrisi. Tema dell'incontro: come continuare ad aiutare una struttura che ha 4.000 dipendenti e grandi progetti. «Lo Stato deve fare di più» promette il vicepremier. «Bisogna collaborare e crescere insieme». Poi, l'inaspettata confidenza: «Dovrei cominciare a smentire i giornali. Oggi, per esempio, apprendo che mi sarei lasciato con la fidanzata…». Sorrisi dei presenti. Il leader della Lega coglie l'attimo, virando dal profano al sacro: «D'altronde, da giorni sostengono che il Papa mi avrebbe negato un incontro. Che, come voi sapete, non ho mai chiesto. Lo dico solo per amor di verità. Perché, ovviamente, mi farebbe immenso piacere incontrare il Santo Padre». Nel mentre Mariella Enoc, nominata dal Papa Francesco quattro anni fa, annuisce. E quindi: lo stuolo di retroscenisti, che da giorni segue raccontando invano abboccamenti con il Pontefice, sarebbe fuori strada. Qualche giorno fa, il Fatto quotidiano è persino riuscito ad appoggiare l'orecchio sulle spesse mura vaticane. Udendo l'inudibile: «Finché Salvini non cambia parole e politiche su migranti e accoglienza» avrebbe detto il Papa «non posso e non voglio e stringergli la mano». Iperboli. Così come l'appello scandito due giorni fa dal presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, riletto in accorata chiave antisovranista: «Chiediamo a tutti di superare riserve e sfiducia e di partecipare al voto. Siamo consapevoli che questo rimane solo il primo passo, ma è un passo che non c'è dato di disertare». Però, è inutile negarlo: mentre il vicepremier avanza negli ampi corridoi dell'ospedale vaticano, le massime gerarchie della Santa Sede non sprizzano benevolenza. L'invalicabile limite l'avrebbe superato la scorsa domenica. Con il più cattolico dei gesti. Salvini che, quale insolenza, mostra il rosario in piazza Duomo a Milano. «Al cuore immacolato di Maria, che ci porterà alla vittoria» evoca durante il comizio dei sovranisti europei. Eh no, alzano subito il dito porporati e cattolici, come osa questo miscredente? Il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, dà la linea: «Io credo» informa «che la politica partitica divida. Dio invece è di tutti. Invocare Dio per se stessi è sempre molto pericoloso». Famiglia Cristiana non perdona: «Il rosario brandito da Salvini e i fischi della folla a papa Francesco, ecco il sovranismo feticista». Un indebito esempio «di strumentalizzazione religiosa». E per il più abietto dei fini: «Giustificare la violazione sistematica nel nostro Paese dei diritti umani». Capito, quel diavolo del capitano leghista! Pure don Antonio Spadaro, battagliero direttore di Civiltà cattolica, ha una teoria a riguardo: «Rosari e crocifissi sono usati come segni dal valore politico, ma in maniera inversa rispetto al passato: adesso è Cesare a impugnare e brandire quello che è di Dio». Mefistofelico, il ministro dell'Interno: basta guardare quell'incolta barbetta. Nessuna indulgenza: che discenda agli inferi. E mentre il diabolico replica di esser «orgoglioso delle nostre radici», padre Enzo Bianchi, fondatore della comunità di Bose, si dice profondamente turbato: «Cattolici» è il suo accorato appello «se amate il Cristianesimo, non tacete. Protestate!». Solo da Ventimiglia, un monsignore di frontiera, il vescovo Antonio Suetta, mestamente nota: «Dal mio punto di vista, non trovo nulla di blasfemo o irrispettoso nel gesto del ministro che si professa credente» dice in un'intervista al quotidiano Qn. «Parlava di Europa, ha baciato il rosario e invocato la benedizione di Dio e dei santi. È perfettamente compatibile con i convincimenti che dice di avere…». Suetta, del resto, qualche giorno fa ha inviato ai fedeli una lettera aperta dal titolo: «Un voto per l'Europa critico e costruttivo». Il vescovo denuncia il rischio di «una multiculturalità, da tanti spesso invocata e auspicata, per annacquare e sminuire la matrice cristiana dell'Europea». Un piano «ideologico», dunque, per affossare l'identità occidentale. Prelato sovranista? Macché. Suetta, tra le righe, ha solo ridestato l'ovvio. La Lega è il partito più votato d'Italia. E in quel supposto 30 per cento ci sono folle di fedeli. Che, a disdoro di alcune gerarchie ecclesiastiche, hanno idee chiare: Dio, Patria e Salvini.