La Cassazione ha deciso che gli avvocati esterni, nelle cause contro Agenzia entrate riscossione, non sono validi. Le contestazioni diventano quindi inammissibili. In pratica, è come se di colpo non fosse mai stato provato il debito del contribuente verso il fisco.
La Cassazione ha deciso che gli avvocati esterni, nelle cause contro Agenzia entrate riscossione, non sono validi. Le contestazioni diventano quindi inammissibili. In pratica, è come se di colpo non fosse mai stato provato il debito del contribuente verso il fisco.Ci possono essere diversi motivi per contestare una cartella esattoriale notificata dall'Agenzia entrate riscossione: alcuni basati sul rispetto della procedura e della forma, altri che riguardano l'insufficiente contenuto della cartella come la mancanza di quali criteri sono stati utilizzati per il calcolo degli interessi, oppure ancora la carenza di motivazione. A tutte queste cause di contestazione la Corte di cassazione ne ha aggiunta un'altra che attiene al difetto di rappresentanza in giudizio da parte dell'agente della riscossione chiamato in causa. Il tribunale supremo ha infatti deciso che gli avvocati esterni, nelle cause contro Agenzia entrate riscossione, non sono validi.Il caso sollevato dalla recente sentenza della Cassazione (la 28684 del 9 novembre scorso) in realtà non è nuovo: la sua origine è legata a una modifica delle norme sul processo tributario (apparentemente marginale, tanto che è sfuggita ai più), e immediatamente dalla normativa con la quale è stata soppressa Equitalia ed è stata istituita al suo posto l'Agenzia delle entrate riscossione: società di diritto privato la prima, ente pubblico economico la seconda.Il risultato è stato un mix esplosivo e, tra le varie reazioni a catena che ha innescato, c'è l'introduzione di una preclusione per l'Agenzia di riscossione di avvalersi di difensori esterni. Il fatto che questa preclusione fosse di difficile lettura e «nascosta» in un viluppo di rinvii, alle normative regolamentari interne dell'Agenzia stessa e alle norme sul patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, ha reso la deflagrazione ancora più devastante, perché l'ente della riscossione, non rendendosi conto dell'entità del problema, ha continuato ad avvalersi di avvocati esterni accumulando di fatto conseguenze deflagranti: delle circa 50.000 controversie ex Equitalia, 40.000 potrebbero saltare.In concreto parliamo di una piccola modifica dell'articolo 11 del decreto legislativo 546/1992 (la legge sul processo tributario) che di fatto ha esteso le limitazioni alle modalità di patrocinio già esistenti per l'Agenzia delle Entrate anche all'agente della riscossione, e al decreto legge 193/2016 - varato dal governo Renzi - che sopprime Equitalia e istituisce l'Agenzia delle entrate riscossione, che di fatto ha stabilito che il nuovo ente, per il patrocinio nei contenziosi di regola deve avvalersi dell'Avvocatura dello Stato o di propri dipendenti, ricorrendo ad avvocati esterni solo in casi eccezionali.Sulla fattispecie, invero, la giurisprudenza non ha seguito un orientamento unanime: ci sono diverse pronunzie, sempre di merito, che nel frattempo hanno affermato l'opposto.La sentenza della Cassazione, però, fa definitiva chiarezza: la decisione viene approfondita e molto ben motivata. In sintesi, afferma che (a) l'ente della riscossione non può avvalersi di avvocati del libero foro, se non in casi eccezionali; (b) in questi casi eccezionali la scelta del ricorso alla difesa esterna deve essere congruamente motivata, documentata ed appositamente autorizzata; (c) che non bastano gli atti interni frattanto adottati dall'Agenzia per giustificare l'affidamento ad un difensore esterno; (d) se tutto questo manca l'avvocato è sprovvisto del cosiddetto jus postulandi, quindi, in pratica non ha il potere di rappresentare in giudizio l'ente e di conseguenza tutti gli atti difensivi, le produzioni, le istanze e quant'altro ne vengono travolto; (e) che questo tipo di grave deficit può essere rilevato in ogni stato e grado e non è sanabile, salvi rari casi.Cosa comporta tutto questo? Che, ad esempio, tutti gli appelli e i ricorsi per Cassazione proposti dall'agente della riscossione diventano inammissibili, perché proposti da un avvocato che non aveva il potere di rappresentare in giudizio il suo cliente (cioè l'Agenzia). Ma non solo: anche i documenti presentati in giudizio dai legali dell'Agenzia per dimostrare la sussistenza del debito verso l'erario devono essere espunti dal fascicolo processuale perché non ritualmente presentati. In pratica è come se non fosse mai stato provato che il contribuente avesse un debito verso il fisco. La cosa è rilevantissima perché nel processo tributario le agenzie fiscali (inclusa l'Agenzia della riscossione) si dice che sono «attori in senso sostanziale»: vuol dire che, anche se formalmente la causa la comincia il contribuente, è l'erario che ha l'onere di dimostrare di avere una valida pretesa tributaria nei suoi confronti. Un principio consolidato e ribadito persino dalla Corte costituzionale con una storica sentenza: la numero 109/2007.Quello che ci ritroviamo sul tavolo oggi è di fatto il potenziale azzeramento, per motivi puramente processuali, di un buon 80% delle controversie in cui è parte l'agente della riscossione, per il solo fatto che ha scelto di farsi assistere da avvocati del libero foro. A tutto vantaggio del contribuente, ovviamente, nel bene e nel male.
John Grisham (Ansa)
John Grisham, come sempre, tiene incollati alle pagine. Il protagonista del suo nuovo romanzo, un avvocato di provincia, ha tra le mani il caso più grosso della sua vita. Che, però, lo trascinerà sul banco degli imputati.
Fernando Napolitano, amministratore delegato di Irg
Alla conferenza internazionale, economisti e manager da tutto il mondo hanno discusso gli equilibri tra Europa e Stati Uniti. Lo studio rivela un deficit globale di forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero, elementi chiave che costituiscono il dialogo tra imprese e decisori pubblici.
Stamani, presso l’università Bocconi di Milano, si è svolta la conferenza internazionale Influence, Relevance & Growth 2025, che ha riunito economisti, manager, analisti e rappresentanti istituzionali da tutto il mondo per discutere i nuovi equilibri tra Europa e Stati Uniti. Geopolitica, energia, mercati finanziari e sicurezza sono stati i temi al centro di un dibattito che riflette la crescente complessità degli scenari globali e la difficoltà delle imprese nel far sentire la propria voce nei processi decisionali pubblici.
Particolarmente attesa la presentazione del Global 200 Irg, la prima ricerca che misura in modo sistematico la capacità delle imprese di trasferire conoscenza tecnica e industriale ai legislatori e agli stakeholder, contribuendo così a politiche più efficaci e fondate su dati concreti. Lo studio, basato sull’analisi di oltre due milioni di documenti pubblici elaborati con algoritmi di Intelligenza artificiale tra gennaio e settembre 2025, ha restituito un quadro rilevante: solo il 2% delle aziende globali supera la soglia minima di «fitness di influenza», fissata a 20 punti su una scala da 0 a 30. La media mondiale si ferma a 13,6, segno di un deficit strutturale soprattutto in tre dimensioni chiave (forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero) che determinano la capacità reale di incidere sul contesto regolatorio e anticipare i rischi geopolitici.
Dai lavori è emerso come la crisi di influenza non riguardi soltanto le singole imprese, ma l’intero ecosistema economico e politico. Un tema tanto più urgente in una fase segnata da tensioni commerciali, transizioni energetiche accelerate e carenze di competenze nel policy making.
Tra gli interventi più significativi, quello di Ken Hersh, presidente del George W. Bush Presidential Center, che ha analizzato i limiti strutturali delle energie rinnovabili e le prospettive della transizione energetica. Sir William Browder, fondatore di Hermitage Capital, ha messo in guardia sui nuovi rischi della guerra economica tra Occidente e Russia, mentre William E. Mayer, chairman emerito dell’Aspen Institute, ha illustrato le ricadute della geopolitica sui mercati finanziari. Dal fronte italiano, Alessandro Varaldo ha sottolineato che, dati alla mano, non ci sono bolle all’orizzonte e l’Europa ha tutti gli ingredienti a patto che si cominci un processo per convincere i risparmiatori a investire nelle economia reale. Davide Serra ha analizzato la realtà Usa e come Donald Trump abbia contribuito a risvegliarla dal suo torpore. Il dollaro è molto probabilmente ancora sopravvalutato. Thomas G.J. Tugendhat, già ministro britannico per la Sicurezza, ha offerto infine una prospettiva preziosa sul futuro della cooperazione tra Regno Unito e Unione Europea.
Un messaggio trasversale ha attraversato tutti gli interventi: l’influenza non si costruisce in un solo ambito, ma nasce dall’integrazione tra governance, innovazione, responsabilità sociale e capacità di comunicazione. Migliorare un singolo aspetto non basta. La ricerca mostra una correlazione forte tra innovazione e leadership di pensiero, così come tra responsabilità sociale e cittadinanza globale: competenze che, insieme, definiscono la solidità e la credibilità di un’impresa nel lungo periodo.
Per Stefano Caselli, rettore della Bocconi, la sfida formativa è proprio questa: «Creare leader capaci di tradurre la competenza tecnica in strumenti utili per chi governa».
«L’Irg non è un nuovo indice di reputazione, ma un sistema operativo che consente alle imprese di aumentare la protezione del valore dell’azionista e degli stakeholder», afferma Fernando Napolitano, ad di Irg. «Oggi le imprese operano in contesti dove i legislatori non hanno più la competenza tecnica necessaria a comprendere la complessità delle industrie e dei mercati. Serve un trasferimento strutturato di conoscenza per evitare policy inefficaci che distruggono valore».
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