2023-08-24
La controra eterna arriva a passo di tango
Una macchina carica di documenti scottanti nascosti nei sedili viene rubata: i ladri vogliono soltanto farsi pagare il riscatto del veicolo. Ma finiscono intrappolati nell’irresistibile danza mortale del ballerino-corriere giunto dall’Argentina.Il pomeriggio d’estate era una morte provvisoria. La vita non resisteva al sole perpendicolare, che incideva la campagna con una feroce pirografia di zolle. Nella cittadina, dal respiro inquinato di una metropoli angusta, il sonno della controra era un letargo da calura. Quelli che restavano svegli sembravano fantasmi. Come i due che danzavano davanti alla cattedrale della Madonna Nera.Nell’afa accesa, un uomo e una donna tracciavano mobili disegni di corpi fuori dall’auto con le portiere spalancate e lo stereo ad un volume voluttuoso. Lui la ripiegò all’indietro, quasi per distenderla sul pavimento di basolato. Poi la ritirò su, esponendola ai sospiri di brezza dai vicoli. «Il padre di Astor Piazzolla veniva dalla Puglia, anche se da un posto più a Sud: Trani», la informò. «Allora toccava emigrare per vedere il mondo. Ora è il mondo che arriva dappertutto. In questo caso, il mondo siamo noi».«Ma tu sei nato proprio qui». La donna si scostò dal mento una ciocca di capelli color zafferano.Parlavano in due lingue differenti, nessuna delle quali era l’italiano.Lei guardò l’orologio da polso che costava poco meno dell’auto e gliela indicò, ricordandogli in slavo: «Devi consegnarla».Lui negò con la testa e replicò in spagnolo: «È il destinatario che viene a ritirarla. Non può mica portarsela a casa. Sale con noi per una passeggiata e lo depositiamo da qualsiasi parte abbia deciso di imboscarla. Dopodiché ripartiamo, con il veicolo che lui ci avrà predisposto dove scopriremo solamente a transazione ultimata».Il tanguero spense lo stereo senza sfilare il cd dal cruscotto. Chiuse le portiere e suscitò un duplice guaito elettronico con il telecomando. Offrì alla tanguera il braccio destro e lei lo prese con un volteggio dei fianchi che parve un movimento suppletivo di tango.Sparirono tra case antiche, costruite per cingere di mattoni i panorami privati dei cortili interni, disseccati dalla canicola. Sull’auto restò a picco il pomeriggio.Pochi istanti torridi, e intorno a quell’astronave su gomme prese a volteggiare un motorino, da cui spuntavano due minorenni.Il più grande restò al manubrio, l’altro scese e penetrò nell’auto.Il motorino ronzò via. L’auto lo seguì.Restò il pomeriggio.Il tanguero e la tanguera tornarono sbucando da uno dei budelli lastricati che sfociavano davanti alla cattedrale. Accompagnati da un anziano.«E la macchina?», domandò la tanguera.L’anziano passò e ripassò lo sguardo sulla piazza: «In attesa di restituzione, su pagamento del riscatto».«Si chiama “cavallo di ritorno”» le illustrò il tanguero, edotto sull’antropologia indigena.La tanguera lo fissò. Nel suo sguardo si leggeva un interesse rivolto esclusivamente alle finalità.L’anziano si voltò, dando le spalle alla cattedrale. Poi eruttò una bestemmia.«Se si vive qui, si sa dove rivolgersi», lo rabbonì il tanguero. L’anziano esalò uno sbuffo: «Come no?». Passato all’italiano, il tanguero prese a materializzarsi, abbandonando le sue precedenti parvenze spettrali. La donna le conservava, anzi aumentavano nella luce che cancellava le ombre.L’anziano residente del posto sfilò dalla tasca posteriore dei pantaloni dalla cintura uno smartphone e digitò con la rabbia che avrebbe voluto sfogare sui corpi dei ladri e non sulla plastica farcita di circuiti.Del dialetto, al tanguero arrivarono chiare folate di odio contrapposto.L’anziano che quel giorno saltava la controra chiuse la linea: «Quello che mi ha risposto dice che loro sono professionisti».Il tanguero passò al puro dialetto e domandò all’altro se il codice delle trattative per la restituzione di una macchina rubata era sempre lo stesso.«Certamente» fu la conferma. Seguita dall’elenco dei passaggi obbligati.a) I ladri effettuano la prima richiesta, in percentuale sul valore del veicolo.b) Il proprietario deprezza la sua stessa roba.c) Ci si accorda.Più in fretta dell’assicurazione.Avevano pattuito al telefono una somma detraibile dal contante che l’anziano aveva in casa. I professionisti erano informati sulle sue disponibilità finanziarie. Il tanguero e la tanguera avrebbero dovuto attraversare il pomeriggio al calore bianco fino a un capannone in periferia, lungo una strada parallela alla statale. Guidati via smartphone. Ai professionisti fu dato il numero di quello del tanguero.Per arrivare, la berlina dell’anziano. Esibibile, al contrario di quella rubata.«Il furto d’auto è il loro modo di rivolgersi agli estranei» spiegò il tanguero alla slava.«Tu non lo sei».«Che ne sanno di me? Di uno trapiantato in Argentina, che approfitta dei suoi giri per fare consegne inadatte ai corrieri e alla posta elettronica? Per loro valgo quanto la cilindrata del tesoro che hanno imboscato».Oltre il parabrezza, la città passò dal labirinto di intonaci screpolati del centro storico ai grattacieli nani più recenti.«Se conosci le abitudini, perché hai organizzato un’esposizione della macchina davanti alla cattedrale? E quella voglia di tango? E la musica? Ci tenevi ad attirarli?».«Pensavo che l’anziano fosse intoccabile, con tutto quello che gli appartiene, inclusa la macchina. Volevo sgranchirmi, dopo tanti chilometri».In periferia, l’abitato si frantumava in case popolari e cumuli di detriti che somigliavano a repliche in miniatura della Teufelsberg, la montagna del diavolo, a Berlino. Una collinetta del Grunewald fatta di macerie della seconda guerra mondiale. Qui se ne era combattuta una terza, contro lo sviluppo. E aveva vinto il degrado.«Tornare è la cura contro la nostalgia» enunciò il tanguero, punteggiato dalla nota dello smartphone.Le istruzioni, nel dialetto locale, dalla cadenza di una milonga: «Fermate la macchina e venite a piedi nel capannone».Dalla strada screpolata in zolle di asfalto, altri minuti di pomeriggio fuso. Lo scheletro del tetto di lamiera poteva mimetizzare da elicotteri di sorveglianza e tatuava di ombre la carrozzeria della macchina rubata.Comparvero i due minorenni e un terzo, in equilibrio sulla linea di confine tra i quaranta e i cinquanta.«Chi c’entra, insieme a voi?» li interrogò il tanguero.Parlò il medio quarantenne: «Nessuno. I miei lavorano due a due. Così non girano voci». Vennero avanti, a portata di olfatto di aliti da birra.Il tanguero scansò le zaffate. Si avvicinò al veicolo e ne aprì la portiera destra: «Non avete rotto lo stereo?». Si sporse nell’abitacolo e riattivò il brano di Piazzolla nel punto in cui lo aveva interrotto.Rispuntò dall’auto e prese per una mano la slava, attirandola di nuovo nel ballo. Che stavolta incluse tre fulminee piroette, addosso a ognuno dei ladri di macchine. Dal pugno del tanguero, serrato sulla mano della compagna, fuoriusciva una lama, sferrata a turno nelle costole di ogni spettatore e ritirata per quello successivo.I tre caddero a terra con le mani al petto e scoppi di bolle rosse sulle labbra. Per loro la morte non era più provvisoria.Il tanguero puntualizzò: «Noi siamo professionisti».L’anziano attendeva la coppia nel portone del suo palazzo, con il cortile interno disseccato dalla canicola sullo sfondo. La macchina recuperata dovette arrivare sull’erba incolta, per fare spazio alla berlina dell’anziano.Il tanguero annunciò: «Rieccola, imbottita di carte su certi interessi nei Balcani affidati a un rispettabile curatore qui in zona, protetto da questo bel palazzo padronale nel centro storico».«Non bastava il ballo. Anche il teatro» insorse l’anziano.«Pantomima» lo corresse il tanguero. «Le carte sono state infilate con certosina precisione nei sedili e un po’ dovunque. Rendiconti di una tale sporcizia valutaria da provocare una Chernobyl economica nell’Adriatico, se finiscono in mano alla Finanza. Certi numeri non possono viaggiare in rete, per questo c’è ancora il servizio di consegna a mano».«Quelli? Sono crepati?» volle accertarsi l’anziano.«Tirano la controra per sempre». Il tanguero curvò le labbra in un’allegra mezzaluna all’insù. «La loro causa di decesso è stata impicciarsi della macchina sbagliata».«Altro che professionisti» li commiserò l’anziano. «Per qualche giorno, la polizia farà spettacolo, anche con gli elicotteri».«I rotori rinfrescheranno l’aria».Il tanguero ritrovò all’improvviso la vena danzante. Stavolta da solo. Gli bastò una sola giravolta.L’età rallenta i riflessi, ma accelera l’intuito. Non abbastanza, per l’anziano, da scansarsi in tempo. Gli fu impossibile evitare la trafittura del pugnale che il tanguero gli inferse al di sotto della cassa toracica, diretta in alto, fino al cuore.«Dovevo lasciare soltanto un cadavere» fu il requiem del tanguero. «O meglio, quello che ne sarebbe rimasto».Aprì il serbatoio della macchina ed estrasse dalla tasca della giacca un tubicino di gomma con cui aspirò la benzina per sversarla e formare due polle incendiarie. Una al di sotto dell’auto e l’altra nel cortile interno disseccato dalla canicola.«Aspetta» lo interruppe la slava.Scese dalla berlina dell’anziano, che aveva guidato al ritorno dal capannone, e andò a sfilare dall’auto recuperata il cd di Piazzolla.
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