2019-05-12
A Montante 14 anni: in Confindustria a tremare non è solo la Marcegaglia
Il pupillo dell'ex presidente condannato per associazione a delinquere. Vincenzo Boccia (che gli deve voti) e Marcella Panucci, che ha ricevuto il suo sostegno per la nomina a direttore, non prendono le distanze. E le territoriali soffrono.Nel 2015 c'è chi ha paragonato Antonello Montante a Enzo Tortora. «Tutt'altro che casuale sembra essere il discredito che si tenta di gettare sull'attuale presidente di Confindustria Sicilia nonché vice presidente nazionale di Confindustria con delega sulla legalità», recitava un articolo di Affari italiani all'indomani delle dichiarazioni di due pentiti contro il paladino dell'antimafia. Solo che quelle testimonianze hanno portato a un processo che si è concluso venerdì. Montante è stato condannato in primo grado e con rito abbreviato a 14 anni di carcere: molto più di quanto avevano chiesto i pm di Caltanissetta. Sempre nel corso dell'abbreviato sono stati condannati altri quattro imputati. Erano accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, favoreggiamento e rivelazione di notizie riservate. Tra questi c'è Diego Di Simone, l'ex ispettore di Palermo diventato il capo della security di Confindustria: stando alla carte era il coordinatore delle attività illecite. Dagli accessi abusivi nella banca dati delle forze dell'ordine ai contatti con talpe istituzionali che provavano a spiare pure pubblici ministeri. Ma questo è solo un filone. Quei due pentiti nel 2014 avevano dichiarato al tribunale che Montante «in realtà non ha mai cacciato imprenditori compiacenti con i clan, e lui avrebbe continuato a intrattenere frequentazioni equivoche con gli Arnone di Serradifalco. Per quelle dichiarazioni Montante è ancora indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Qui il rito è ordinario e vedremo fra un paio d'anni. Oggi, però, a distanza di quattro anni rileggendo il paragone con Tortora al netto del lieve imbarazzo viene da eccepire un dettaglio fondamentale. Montante non è rimasto solo, a differenza del conduttore tv. Confindustria non sembra mai averlo abbandonato né condannato. Fino alla scorsa settimana non ci risulta nemmeno che avesse innescato il procedimento per allontanarlo. Nei giorni in cui fu indagato il presidente della territoriale siciliana, a emettere un duro comunicato fu soltanto l'associazione dei Cavalieri del lavoro, che lo sospese seduta stante. D'altronde il sistema Montante e il suo giro di relazioni confindustriali è rimasto immutato. Come al loro posto sono rimasti dirigenti a lui vicini, vedi l'ex assessore della giunta Crocetta, Linda Vancheri. Il numero uno Vincenzo Boccia, anche se volesse prendere le distanze, avrebbe qualche difficoltà. Dentro viale dell'Astronomia tutti sanno che senza i voti portati alla causa da Montante lo stampatore di Salerno non sarebbe stato eletto. La Campania era letteralmente divisa in due. Metà stava con Antonio D'Amato, uno dei past president e l'altra era per Boccia. Per questo sono stati necessari tutti i voti della Sicilia e della Puglia: una carriolata di consensi mossa da Montante in accordo con la Confindustria laziale, l'altra territoriale di peso sotto il Po. Scendendo di un piano nel palazzo degli industriali, ci imbattiamo in Marcella Panucci, la quale a Montante ancora oggi deve un po' di riconoscenza. È diventata direttore generale per volere di Giorgio Squinzi e per la stima dell'ex di Sicindustria. Inoltre Panucci e Montante hanno in comune anche il marito di lei. Dalle carte dell'inchiesta siciliana è emersa la società «Servizi legali integrati», costituita nel 2014 e liquidata due anni dopo. Tra i soci indiretti oltre all'ex capo di Sicindustria, l'allora presidente dell'Antitrust Giovanni Pitruzzella e Marco Longo, dg del Fatebenefratelli di Roma e - appunto - marito della Panucci. I magistrati si chiedono il perché di quella società, alla quale ipotizzano potessero essere affidati incarichi da parte tanto di Confindustria quanto del Sole 24 Ore, e nel cui cda sono passati sia Montante sia la Panucci. Per la risposta c'è da aspettare ancora un po' di tempo. Intanto chi apprende con probabile tensione la notizia della condanna è Emma Marcegaglia. L'attuale presidente Eni è stata a capo di viale dell'Astronomia dal 2008 al 2012. In quegli anni l'imprenditore di Serradifalco è stato scelto come delegato per i rapporti con le istituzioni preposte al controllo del territorio: un trampolino costruito dalla Marcegaglia per stimolare una carriera che da lì in avanti ha avuto un solo stop: l'inchiesta di Caltanissetta. Eppure l'amicizia tra i due non si è mai rotta. Tanto la Marcegaglia quanto Boccia oggi dovrebbero forse porsi un interrogativo: Confindustria, con questo modello di rappresentanza e di politica, non rischia di essersi allontanata da quello che dovrebbe essere il core business dell'associazione, cioè: l'industria? Nulla di male a essere amici di Montante. Ma il sistema che lo ha creato ha pure assistito a tutto lo sgretolamento. Il Sud sembra essere in balia di scelte imposte a tavolino. Il Veneto è azzerato: la Confindustria locale è stata spazzata via (politicamente) dai crac di Pop Vicenza e Veneto banca, visto l'intrecciarsi tra le territoriali e i cda dei due istituti. Il Piemonte da tempo soffre delle defezioni in Federmeccanica. Resta Assolombarda, che però Boccia vive come un bubbone anomalo: a Milano si occupano di aziende e non di politica?
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