2019-12-19
A crisi nota il Csm affidò a Pop Bari 25 milioni
In pieno agosto del 2015 la banca, unica partecipante, si è aggiudicata la gara per gestire la tesoreria del parlamentino delle toghe. Le prime ispezioni di Bankitalia erano del 2010. A far premio, anche, le condizioni offerte: tassi stracciati e «scoperto» monstre.Bonafede le «strappa» un giudice e lascia la Cassazione sotto organico. Giulio Romano distaccato al Dap in barba alle norme sugli uffici giudiziari sguarniti.Lo speciale comprende due articoli. Tra i correntisti preoccupati dalle acque agitate in cui naviga il vascello ammaccato della Popolare di Bari, commissariata da Bankitalia e salvata dal crac dal governo con un maxi decreto da 900 milioni di euro, ci sono non solo impiegati, imprenditori, professionisti e massaie. C'è anche il Consiglio superiore della magistratura, organo di rilievo costituzionale e «casa» delle toghe italiane che, fino al 2021, ha affidato all'istituto di credito pugliese la gestione della propria tesoreria, dapprima curata da Banca Intesa San Paolo.La BpB ha vinto, infatti, una gara europea di cui è stata unica partecipante. Probabilmente perché davvero in pochissimi hanno avuto la pazienza e la fortuna di imbattersi nel bando pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 7 agosto 2015 che offriva appena otto giorni di tempo per presentare la propria offerta (la scadenza era fissata alle ore 14 del 16 agosto, come ha scritto ieri il quotidiano Il Riformista). «È stata una procedura normalissima, coordinata dalla struttura tecnica», spiega al nostro giornale l'allora vicepresidente, Giovanni Legnini. «La BpB fu la sola a presentare una offerta che venne, peraltro, vagliata da una apposita commissione». Perché l'unica? «Come si sa, le banche non ritengono più conveniente, dal loro punto di vista, curare la tesoreria degli enti pubblici». Eppure, i revisori dei conti del Csm avevano già stigmatizzato il ricorso ai privati con funzioni di «cassa».All'epoca, sul conto corrente di Palazzo dei Marescialli c'era un piccolo tesoretto: circa 25 milioni di euro. «Ne abbiamo restituito allo Stato una ventina, se non erro», spiega Legnini, «perché, negli anni, si erano accumulati importanti avanzi di gestione». «Siamo stati l'unica istituzione nel panorama pubblico italiano a ridare allo Stato tutti questi soldi, e lo abbiamo fatto perché non andarono in porto gli investimenti programmati». Quali tipo di investimenti? «Quelli per la nuova sede e per gli ampliamenti degli spazi». Già nel 2017, con le condizioni difficili in cui versava l'istituto più che note, l'ex vicepresidente del Csm aveva esibito una calma olimpica sulla scelta del partner bancario: «La valutazione della sua solidità spetta agli organi di vigilanza bancaria e dalle informazioni assunte i rischi di insolvenza parla non ci risultano», aveva chiarito. «Non si può risolvere un contratto sulla base di articoli di stampa».Oggi, invece, la situazione è cambiata, e non poco. Da quel che risulta alla Verità, infatti, c'è in commissione Bilancio una «pratica segretata» aperta allo scopo di monitorare le evoluzioni (anche giudiziarie) che riguardano la Popolare pugliese, la più grande del Mezzogiorno. Che già dal 2010, quindi ben sei anni prima di sottoscrivere il contratto col Csm, che ogni anno riceve una dotazione finanziaria di circa 30 milioni dallo Stato, aveva ricevuto ispezioni da Banca d'Italia dall'esito assai critico riguardo a «carenze nell'organizzazione e nei controlli interni sul credito». Nel 2015, addirittura, si era registrato un crollo delle azioni che aveva scatenato la rabbia dei soci. L'anno dopo, un'altra indagine di Palazzo Koch aveva evidenziato «significativi ritardi rispetto agli obiettivi prefissati» e, quindi, «l'esigenza di rafforzamento nel sistema dei controlli sui crediti». Raccomandazioni a cui non avevano fatto seguito adeguate contromisure tant'è che in parallelo, la Procura di Bari aveva deciso di accendere un faro sulle attività del management indagando per associazione a delinquere, truffa, ostacolo alla vigilanza, false dichiarazioni in prospetto, i vertici della Bpb. L'anno dopo ancora, c'era stato l'ultimatum di via Nazionale sull'aumento di capitale per impedire il default. Nel giugno 2019, dopo il profondo rosso di oltre 430 milioni di euro registrato nel 2018, gli 007 di Bankitalia avevano sottolineato «l'incapacità della governance di adottare le misure correttive per riequilibrare la situazione patrimoniale. Le gravi perdite portano i requisiti prudenziali di Vigilanza al di sotto dei limiti regolamentari». Pochi giorni fa, è stato deciso il commissariamento e la trasformazione della BpB in un istituto di credito per gli investimenti nel Mezzogiorno.Com'è possibile che nessuno, al Consiglio superiore della magistratura, si sia accorto di quello che girava attorno (e dentro) la BpB? Probabilmente una possibile risposta è legata al fatto che la Popolare di Bari, per garantirsi la vittoria sulla base dell'«offerta economica più vantaggiosa», avrebbe garantito un pacchetto di condizioni estremamente favorevoli per finanziamenti e mutui, di cui avrebbero beneficiato diversi magistrati, che potrebbe aver narcotizzato qualsiasi desiderio di chiarezza. Pare sia stata assicurata anche una scopertura del 26 per cento (a fronte del 20 solitamente applicato dal mercato) per i conti correnti. Piccole «attenzioni» che hanno nascosto un grande imbarazzo.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/a-crisi-nota-il-csm-affido-a-pop-bari-25-milioni-2641641515.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="bonafede-le-strappa-un-giudice-e-lascia-la-cassazione-sotto-organico" data-post-id="2641641515" data-published-at="1761974266" data-use-pagination="False"> Bonafede le «strappa» un giudice e lascia la Cassazione sotto organico Due tasselli importanti dopo mesi di immobilismo in quello che possiamo definire il valzer delle procure e che si concluderà con l'elezione del successore di Giuseppe Pignatone a Roma. Ieri in una rovente seduta di plenum, il Csm ha nominato i nuovi procuratori della Repubblica di Torino e Brescia. In Piemonte Anna Maria Loreto prende il posto di Armando Spataro, andato in pensione poco più di un anno fa; nella sede lombarda, che è competente per i fatti che coinvolgono i giudici milanesi, arriva Francesco Prete. Il quale ha ottenuto 12 voti favorevoli: per lui si sono espressi Magistratura Indipendente (corrente conservatrice), i centristi di Unicost e tutti i consiglieri laici ad eccezione di Fulvio Gigliotti (M5s). Sette, invece, i voti favorevoli per il concorrente di Prete, Fabio Napoleone. A Palazzo dei Marescialli il dibattito si è infuocato prima dell'elezione che contrapponeva Anna Maria Loreto a Salvatore Vitello. L'ha spuntata Loreto grazie al voto congiunto di Area (corrente di sinistra), di Autonomia e indipendenza (movimento fondato da Piercamillo Davigo) e dell'indipendente Nino Di Matteo. Risultato finale 12 a 7. Che siano stati giorni caldi al Csm lo testimonia anche un'altra vicenda, quella che riguarda il collocamento fuori ruolo di Giulio Romano, ex sostituto procuratore in Cassazione. Per il suo caso vale la massima «fatta la legge, trovato l'inganno». L'attuale normativa sugli uffici giudiziari ritiene che questi debbano essere considerati scoperti, quando nell'organico del personale c'è un ammanco del 20 per cento. È quasi superfluo dire che sono troppi i tribunali italiani che lamentano storiche carenze di organico, specialmente nelle aree considerate periferiche. Però il caso in questione coinvolge il vertice piramidale del sistema giudiziario, la Cassazione. Per essere più precisi la procura generale della Suprema Corte. Allo stato attuale «la scopertura relativa ai posti di sostituto procuratore generale della corte di Cassazione è pari al 29% (essendo vacanti 24 posti su 84)». Ufficio che, grazie ad una delibera approvata con i soli voti contrari di Stefano Cavanna e Emanuele Basile (laici della Lega), ha perso un altro dei suoi elementi: proprio il magistrato Giulio Romano - collocato fuori ruolo - perché voluto ad ogni costo dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede per un incarico di prestigio al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Romano è infatti diventato il direttore generale dei detenuti e del trattamento. Quali basi logiche e interpretative hanno reso possibile il distaccamento? Secondo la maggioranza dei membri del Csm la nomina di nove magistrati che rimpolperanno la procura generale della Cassazione è imminente. Il loro ingresso porterà il tasso di scopertura al 17,8 per cento. Peccato che una fonte interna smentisca tale ragionamento in maniera perentoria, confidandoci che su queste nomine da almeno tre mesi si discute senza trovare la quadra. Anzi non c'è accordo su un solo nome. Però tra i corridoi di Palazzo dei Marescialli si dice «li nomineremo». Fulgido esempio di procrastinamento, nobile arte italiana. Come nel caso del corso obbligatorio per i magistrati che da requirenti diventano giudicanti. Prima il cambio della funzione, poi il corso. Il pasticcio sarebbe potuto essere evitato? «Il ministro Bonafede» ha detto un membro del Csm «avrebbe dovuto scegliere un altro magistrato per questo ruolo». Sullo sfondo resta il palese sforamento della percentuale di scopertura, che è perentoria per la maggior parte delle sedi giudiziarie italiane, ma non per il ministero.
Nella prima mattinata del 28 ottobre 2025 la Guardia di Finanza e la Polizia di Stato hanno eseguito numerose perquisizioni domiciliari in tutta Italia ed effettuato il sequestro preventivo d’urgenza del portale www.voltaiko.com, con contestuale blocco di 95 conti correnti riconducibili all’omonimo gruppo societario.
Si tratta del risultato di una complessa indagine condotta dal Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza di Bologna e dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica per l’Emilia-Romagna, sotto la direzione del Pubblico Ministero Marco Imperato della Procura della Repubblica di Bologna.
Un’azione coordinata che ha visto impegnate in prima linea anche le Sezioni Operative Sicurezza Cibernetica delle varie Regioni e gli altri reparti territoriali della Fiamme Gialle nelle province di Bologna, Rimini, Modena, Milano, Varese, Arezzo, Frosinone, Teramo, Pescara, Ragusa.
L’operazione ha permesso di ricostruire il modus operandi di un gruppo criminale transnazionale con struttura piramidale tipica del «network marketing multi level» dedito ad un numero indeterminato di truffe, perpetrate a danno anche di persone fragili, secondo il cosiddetto schema Ponzi (modello di truffa che promette forti guadagni ai primi investitori, a discapito di nuovi investitori, a loro volta vittime del meccanismo di vendita).
La proposta green di investimenti nel settore delle energie rinnovabili non prevedeva l’installazione di impianti fisici presso le proprie abitazioni, bensì il noleggio di pannelli fotovoltaici collocati in Paesi ad alta produttività energetica, in realtà inesistenti, con allettanti rendimenti mensili o trimestrali in energy point. Le somme investite erano tuttavia vincolate per tre anni, consentendo così di allargare enormemente la leva finanziaria.
Si stima che siano circa 6.000 le persone offese sul territorio nazionale che venivano persuase dai numerosi procacciatori ad investire sul portale, generando un volume di investimenti stimato in circa 80 milioni di euro.
La Procura della Repubblica di Bologna ha disposto in via d’urgenza il sequestro preventivo del portale www.voltaiko.com e di tutti i rapporti finanziari riconducibili alle società coinvolte e agli indagati, da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva.
Nel corso delle perquisizioni è stato possibile rinvenire e sottoporre a sequestro criptovalute, dispositivi elettronici, beni di lusso, lingotti d’oro e documentazione di rilevante interesse investigativo.
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