2023-06-03
Aumento di 50 cent con l’ok sindacale. La Cgil esulta, lavoratori avvelenati
Rinnovato il contratto ai 100.000 addetti della vigilanza: un’elemosina all’ora dopo quasi 8 anni. Però Maurizio Landini passa il tempo a fare l’avversario politico di Giorgia Meloni. Alla ricerca di una rappresentatività che non ha più.Dopo sette anni e mezzo di attesa, arriva poco più di una mancetta. È di questi giorni il rinnovo contrattuale (si tratta di un preaccordo, visto che manca ancora qualcosa sul secondo livello, ma la sostanza è quella che state per leggere) che riguarda i 100.000 addetti del settore della vigilanza privata. È stato infatti siglato un accordo (durata: tre anni, da giugno ’23 a maggio ’26) tra Filcams (Cgil), Fisascat (Cisl) e Uiltucs (Uil) e le associazioni datoriali del comparto (Univ, Anivip, Assiv, Confcooperative lavoro e servizi, Legacoop produzione e servizi, Agci servizi).Direte voi: dopo oltre sette anni di contratto fermo, e in un settore a paga bassissima (la media è di 5 euro l’ora, e quindi - trattandosi di un valore medio - esistono anche trattamenti inferiori), i sindacati saranno riusciti a strappare un aumento consistente. E invece no: il risultato è stato tale da scatenare le proteste dei lavoratori. È stato infatti pattuito un aumento (si badi bene: lordo) di 140 euro per il quarto livello, che però saranno a loro volta molto spalmati nel tempo: 50 euro a partire da giugno 2023, 25 da giugno 2024, 25 da giugno 2025, 20 da dicembre 2025, 20 da aprile 2026. Quanto al lungo periodo (sette anni, quasi otto) di mancato rinnovo, sarà riconosciuta una somma una tantum di 400 euro. Ciascuno comprende che non si tratta esattamente di una grande vittoria sindacale. Da questo punto di vista, sa di beffa il comunicato trionfale diffuso dai tre sindacati maggiori: «Soddisfazione di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs per un rinnovo contrattuale che, dopo 7 anni, chiude la lunga fase vertenziale, assicura incrementi salariali significativi e miglioramenti normativi per le lavoratrici e i lavoratori del settore». E ancora: «È finalmente rinnovo contrattuale». Insomma, i lavoratori sono avvelenati mentre i sindacati danno fiato alle trombe. E non a caso, sulla pagina Facebook di Filcams Cgil, il post che strombazza l’avvenuto accordo non prevede la possibilità di commento da parte degli utenti. Si dissocia Usb Vigilanza: «Si tratta solo di elemosina. Non è possibile giungere dopo 7 anni e mezzo di contrattazione ad un rinnovo di 140 euro lordi in 4 anni, a cui andrà anche sottratta l’indennità di vacanza contrattuale. Stiamo parlando di 120 euro lordi. Non si compensa nemmeno l’inflazione».In effetti, facendo due conti, stiamo parlando - stando larghi - di un aumento di 50 o 60 centesimi l’ora. Questa vicenda dovrebbe indurre tutti a una riflessione di fondo sulla partita che sta giocando il sindacato tradizionale e, in particolare, la Cgil di Maurizio Landini. Dopo anni di inerzia rispetto ai governi che hanno preceduto l’attuale, ora il capo della Cgil è ogni giorno sulle barricate contro l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni: sbraita, urla, annuncia manifestazioni e minaccia scioperi. Non passa giorno senza comparsate tv o senza fiammeggianti interviste antigovernative di Landini. Non gli è andato bene - come si sa - nemmeno il fatto che il governo si sia riunito il Primo Maggio scorso per un maxi taglio del cuneo fiscale. Urla e proteste anche in quel caso: perfino per il fatto di essere stati convocati solo la sera prima. Ora, ciascuno può giudicare quale sia la coerenza di chi fa nei giorni pari quelle chiassate politiche e nei giorni dispari esulta per risultati contrattuali così modesti. La verità è fin troppo semplice. I sindacati maggiori (Cgil in testa) sono in drammatica crisi di rappresentatività, e sono sempre più sconnessi dalla vera realtà dei lavoratori. Lo zoccolo duro è fatto di pensionati, la vera arma per ottenere e conservare il tesseramento è la trattenuta in busta paga con rinnovo automatico a meno di disdetta, e ormai il cuore dell’attività della Cgil è tutto politico. Lo si è visto al congresso, quando, intorno a Landini, sono stati chiamati a far corona i rappresentanti delle opposizioni (Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni, Carlo Calenda) che di fatto hanno accettato di discutere l’agenda della Cgil, facendola largamente propria. E lo si è visto nelle manifestazioni del mese passato, dove la stessa Schlein - momentaneamente sfuggita all’armocromista e alla personal shopper - è corsa a infilarsi la maglietta della Fiom. Anche mediaticamente, sta lì il «core business» politico dell’attuale strategia sindacale: innalzarsi a controparte politica del governo, offrirsi a un’opposizione smarrita come capofila di una protesta generalizzata (ma drammaticamente generica e non a fuoco), tentare - agitandosi e strillando - di far dimenticare ai ceti più deboli (e in particolare a quelli dotati di minori garanzie, per non parlare di disoccupati e sottoccupati) quanto la Cgil e gli altri siano lontani da loro. Ci sono giornate in cui silenziare i commenti sui social può servire allo scopo, per risparmiarsi una valanga di insulti da parte di quelli che dovrebbero essere i «rappresentati». Ma si tratta di cerotti destinati a saltare con facilità. Questo sindacato è complessivamente sempre meno difendibile: e i primi a saperlo sono proprio i lavoratori. Indipendentemente dal fatto che se ne blocchino i commenti su Facebook.