2025-02-14
145 miliardi spesi per nulla qualcuno chiederà scusa?
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All’Ue, che si è già svenata, toccherà sborsare per la ricostruzione e la protezione della nazione alleata, mentre gli Usa incamereranno le risorse minerarie per realizzare i processori. Capolavoro finale, dopo il suicidio economico delle sanzioni.Da quando è iniziata la guerra, l’Europa ha speso per l’Ucraina oltre 145 miliardi. Tanto, anzi tantissimo. Ma secondo l’agenzia di stampa americana Bloomberg è niente rispetto a quanto dovrà spendere in futuro per rimettere in sesto il Paese aggredito dalla Russia. La cifra è talmente alta da far tremare le gambe: 3.000 miliardi, che ovviamente Kiev non ha e che dunque dovranno essere messi dai Paesi occidentali che l’hanno sostenuta. E provate a immaginare a chi toccherà il grosso della spesa? Ma è ovvio, all’Europa, che nei piani degli Stati Uniti (Trump o non Trump quando c’è da metter mano al portafogli l’America non si divide tra democratici e repubblicani, ma parla con una voce sola) dovrà farsi carico anche di pagare il conto per la difesa dell’Ucraina, oltre che della ricostruzione. Dopo tre anni di bombardamenti a tappeto, il Paese è devastato. Case, fabbriche, infrastrutture: intere zone sono ridotte a un cumulo di macerie e per immaginare un ritorno alla normalità, dopo un cessate il fuoco, occorre anche stabilire chi mette i soldi e quando, cosa che al momento non è chiara. Ma, come spiega l’agenzia finanziaria targata Stati Uniti, ci vogliono migliaia di miliardi.Certo, parlare di soldi di fronte a una tragedia che in Ucraina ha visto spazzata via un’intera generazione, appare cinico. Il conflitto scatenato da Putin ha disseminato l’Europa di cadaveri e dopo la seconda guerra mondiale è di sicuro il più sanguinoso che si sia visto. Però se si vuole discutere di pace, urge affrontare anche l’argomento economico, perché ogni tregua va finanziata e per tornare alla normalità è necessario pensare a una ripresa della vita quotidiana, vale a dire riaprire fabbriche e scuole, tornare a viaggiare e a divertirsi, immaginando un futuro di prosperità. E chi paga il «piano Marshall» per l’Ucraina? Donald Trump si è già portato avanti, anticipando gli argomenti decisivi prima del cessate il fuoco. In cambio del sostegno fornito a Kiev in questi lunghi anni, la Casa Bianca pretende l’esclusiva sulle terre rare che abbondano nel sottosuolo dell’ex repubblica sovietica. Il presidente americano si è spinto anche a fare delle cifre: si parla di 500 miliardi di dollari, mica bruscolini. Una fornitura che, da quanto è possibile intuire, equivarrebbe a cedere in esclusiva ai soli Stati Uniti la produzione ucraina, rendendo la superpotenza mondiale autosufficiente per la produzione di microchip e di tutti i congegni elettronici che necessitano di questi elementi. Dall’economia rinnovabile a quella militare e aerospaziale, passando per il commercio di auto elettriche e poi, ancora, la fibra ottica e la produzione di smartphone: le terre rare sono fondamentali per l’economia del futuro. E l’America intende, giustamente dal suo punto di vista, accaparrarsene. E noi? Intendo dire: e noi europei, che pure abbiamo speso 145 miliardi per sostenere la libertà di autodeterminarsi dell’Ucraina e probabilmente molti altri ne spenderemo? La realtà è che noi siamo i veri sconfitti della guerra scatenata da Putin. A differenza di ciò che è stato scritto in questi anni, prefigurando un collasso della Russia e un ridimensionamento del suo potere su scala mondiale, a uscire bastonata e a veder ridottala propria capacità di influenza a livello internazionale è l’Europa, che di un conflitto che non ha voluto è stata costretta a pagare un tributo enorme. Non parlo solo del conto registrato da Bloomberg e nemmeno di ciò che probabilmente sarà chiamata a spendere in futuro, per difendere e ricostruire l’Ucraina. No, mi riferisco ai contraccolpi economici dello scontro con la Russia. Come abbiamo spiegato spesso, le sanzioni hanno fatto male a noi quanto alla Russia. Anzi, a volte si ha il sospetto che siano state più dannose nei nostri confronti che in quelli di Mosca. Di certo, essere stati costretti a rinunciare alle forniture di gas che Putin vendeva a basso prezzo per ingraziarsi i tedeschi, non è stato e non è indolore. Con le condutture vuote, la Germania si è fermata e l’Italia, che ha la bolletta più cara del Vecchio continente, da due anni registra una produzione industriale in calo. Mentre gli Stati Uniti hanno un’economia che va a gonfie vele e pure i Brics (di cui fa parte la Russia) festeggiano, noi ci lecchiamo le ferite. Non male come risultato. Resta una sola domanda: tutti quelli, cioè politici e giornalisti, che ci hanno spinto in questa situazione con proclami bellicosi, prima o poi chiederanno scusa?
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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