2022-01-16
Zinga s’accorge del lockdown. Ma ci ricasca
Il presidente del Lazio si è finalmente reso conto della paralisi causata dalle quarantene. E propone di abolirle per gli asintomatici, però solo se vaccinati. In barba alla scienza, finora usata per giustificare ogni divieto, accantonata per fare spazio all’ideologia.Quando accade, è una notizia, e non si può fare finta di nulla: Nicola Zingaretti, almeno in parte, ha ragione. Il presidente della Regione Lazio, come del resto numerosi suoi colleghi governatori, si è finalmente accorto dell’esistenza della realtà, e del fatto che stiamo procedendo tetragoni verso un lockdown di fatto. In una lunga lettera inviata al Corriere della Sera, il governatore piddino sostiene che «in questi giorni stiamo toccando con mano i danni prodotti dai troppi no, ni, e la confusione creata da bugie e atteggiamenti che hanno irresponsabilmente generato paure». Non avrebbe potuto scrivere niente di più vero. Ed è vero pure che «la condizione per un’adesione di massa e convinta alle regole è anche la semplicità. […] Purtroppo regole, nome e indicazioni si sono via via affastellate […]. È il momento di lottare contro la burocrazia da Covid per semplificare la vita alle persone e tornare quanto più possibile a una normalità, con l’esigenza di combattere il virus».Condividiamo riga per riga i succitati pensieri di Zingaretti, e gli diamo il benvenuto fra i risvegliati: persino lui si è accorto che qualcosa non va, e che - nel folle tentativo di eliminare i contagi - ci siamo impantanati in un inferno burocratico quasi più spaventoso della malattia stessa. Ci permettiamo soltanto di notare che il risveglio è stato - come dire - un pochino tardivo. Quando il governatore laziale parla di «atteggiamenti che hanno irresponsabilmente generato paure» e di «confusione creata da bugie», forse dovrebbe ricordarsi che alla diffusione delle bugie e all’aumento delle paure anche lui ha dato il suo bel contributo. Così come al delirio burocratico in cui ci troviamo immersi in queste ore. Fu proprio lui, la scorsa estate, a sostenere che l’introduzione del green pass sarebbe stata «una cosa molto intelligente». Fu sempre lui, pochi mesi fa, a richiedere l’inasprimento delle restrizioni dichiarando che «la libertà, anche quella personale, viene data dal rispetto delle regole. È folle il teorema secondo il quale libertà significa fare quello che ci pare». A metà novembre, tanto per fare un esempio, l’ottimo Zinga invocava obblighi a tappeto e spiegava che più severità e più regole avrebbero portato più serenità: «La nostra libertà va difesa», dichiarava. «Non possiamo finire in un nuovo lockdown». E invece, guarda un po’, è proprio lì che ci siamo diretti: verso la chiusura totale motivata dalle norme assurde volute da un governo di cui il Pd è azionista principale.Chiaro: sbagliare è umano, l’importante è che ora il signor presidente di Regione (e tanti altri suoi colleghi di ogni colore) si sia reso conto del clamoroso errore e si stia dando da fare per rimediare. Ed è qui, però, che sorge un altro e non indifferente problema. Con tutta evidenza, troppe dosi di realtà in una sola volta sono troppo difficili da assorbire per il bravo Zingaretti. Dunque egli, dopo aver giustamente discettato di regole confuse, complicate e dannose, propone ulteriori complicazioni e nuove ingiustizie.Il «piano Zinga» per uscire dalla crisi prevede in sostanza tre mosse. «Un primo passo», spiega il nostro, «è, come chiedono alcune Regioni, far cessare l’auto-sorveglianza in caso di contatto stretto con positivi al Covid senza l’effettuazione di un tampone dopo 5 giorni […] Inoltre occorre una parola chiara sul non obbligo di certificato medico per il rientro a scuola o al lavoro». Ottimo: niente problemi né file per chi non ha sintomi, bella idea, andiamo avanti. Un altro punto prevede di «semplificare la vita ai positivi asintomatici che abbiano completato il ciclo vaccinale, evitando la sospensione del green pass, mantenendo la raccomandazione della quarantena di cinque giorni». E infine, l’ultima geniale proposta: «In alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, già oggi i positivi asintomatici dopo 5 giorni di quarantena, in assenza di sintomi, sono liberi di uscire di casa, anche senza tampone e certificato di guarigione. […] Il Comitato scientifico sia investito di questo tema e se la valutazione fosse confermata e positiva, sempre completato il ciclo vaccinale, lo potremmo fare anche in Italia».In buona sostanza, insomma, il governatore vorrebbe eliminare le regole troppo stringenti a patto di mantenere le discriminazioni. Vorrebbe che un vaccinato fosse sgravato dall’obbligo di tampone e potesse uscire agilmente dalla quarantena dopo il contatto con un positivo e pure dopo essere risultato positivo egli stesso. Eppure, questa semplificazione non deve valere per i perfidi no vax (inclusi coloro che non hanno fatto la terza dose). Davvero strepitoso: un positivo asintomatico vaccinato può girare libero, un positivo asintomatico non vaccinato deve rimanere recluso. Anche se è guarito e dunque può contare su una immunità naturale. Il cambio di prospettiva è notevole. Siamo passati, in apparenza, dal partito che «sta con la scienza» al partito che rivendica con decisione il primato della politica. Atteggiamento che, in teoria, sarebbe anche giusto, peccato che venga applicato a corrente alternata e soltanto per sostenere le imposizioni più insensate. Fino a ieri gli esponenti del Pd hanno tirato per la giacchetta la scienza (anche quando era evidente che non c’entrasse nulla), utilizzandola come scudo per giustificare ogni restrizione, ogni oppressione. Adesso, invece, ai medici e alle loro ossessioni sul rischio zero viene chiesto di farsi da parte: di fronte al caos creato dalla proliferazione di norme e al progressivo crollo della impalcatura retorica creata dal governo e dai suoi sostenitori, urge correre ai ripari, e gli esperti devono restare a cuccia. A ben vedere, l’unico primato che oggi viene rivendicato da Zingaretti (e non solo da lui) è quello dell’ideologia. Non basta semplificare: bisogna continuare a stabilire differenze tra vaccinati e no, bisogna proseguire con il sistema delle caste. Anche se fior di scienziati lo contestano. Anche se è proprio questo sistema ad avere prodotto il disastro e ad averlo alimentato. «Torniamo alla normalità», ci dicono. Forse, però, una nazione costruita sulla discriminazione non è esattamente normale.
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.