2023-07-23
Zaki arrestato perché cristiano. Ma la propaganda del Pd lo ignora
Lo studente incarcerato per un articolo in difesa dei copti, eppure i progressisti ne hanno fatto un’icona Lgbt. E ora lo osannano pure per l’ingrato rifiuto del volo di Stato per tornare in Italia, che non gli andava offerto.Quest’oggi, Patrick Zaki, il leader più carismatico del Pd, nonché il cittadino egiziano con più diritti in Italia, atterrerà a Malpensa. Sarà prelevato all’aeroporto dal magnifico rettore di Bologna, Giovanni Molari, e dalla sua professoressa. Da lì in auto fino al capoluogo emiliano per una bella conferenza stampa. La scorsa settimana il giovane, laureato in un master sugli studi gender, era stato condannato dal tribunale egiziano a tre anni, con l’accusa di aver postato articoli sull’attività dell’Isis e sulle discriminazione dei cristiani copti, religione a cui appartiene. Non stiamo a dilungarci sulla vicenda giudiziaria, l’arresto nel 2020, le forzature del Pd e della sinistra, il can can politico in Italia perché venisse liberato, né sul fatto che debba la sua fama esclusivamente alla morte di un altro ragazzo, Giulio Regeni.La sintesi è che quattro giorni fa il presidente Abdel Fattah al-Sisi gli ha concesso la grazia. Il merito va a un lunga trattativa gestita dalla nostra intelligence, coordinata dal direttore dell’Aise Giovanni Caravelli, e alle recenti mosse diplomatiche di Antonio Tajani e di Giorgia Meloni. Il governo di destra ha scelto di intercedere al di là delle posizioni politiche di Zaki. Probabilmente un governo di sinistra non avrebbe fatto lo stesso a parti invertite, ma queste sono solo opinioni. Il tema è un altro. Al ragazzo, come le cronache di questi giorni hanno già raccontato, è stato offerto il volo di Stato della nostra Aeronautica. Forse, visto il fervente desiderio di tornare nella «sua» Bologna e nella «sua» Italia, di cui al momento non conosce - nonostante il master - nemmeno la lingua. Non si capisce comunque per quale motivo avrebbe dovuto viaggiare a spese nostre. Non è italiano, né doveva essere estratto da una zona di guerra. Lo scivolone è stato evitato, ma solo perché il passeggero ha pensato bene di dare uno schiaffo ai suoi salvatori. Zaki ha tenuto a far sapere ai quattro venti che il volo di un governo non lo avrebbe accettato. Da duro e puro dei diritti umani - così è descritto - mai mischiarsi con la politica al potere. Così in un colpo solo ha dato due messaggi: all’Italia e all’Egitto. Ha voluto rimarcare la volontà di continuare a fare politica. Il Cairo è un partner strategico fondamentale per la sicurezza nel Mediterraneo, per l’export di armi, per l’energia e per la sanità. Al Sisi ha un ruolo fondamentale anche in Libia. Può non piacere la sua posizione verso le ong, ma è un tema su cui il presidente egiziano si gioca la faccia in patria. Il rischio è che Zaki dall’Italia continui a essere una spina nel fianco dell’Egitto, e ciò non aiuterebbe il lavoro intenso e importante della Meloni. Ma, soprattutto, Zaki si è consapevolmente prestato, per via del suo master e delle persone che in Italia lo sostengono, a partire da Pierluigi Bersani e a seguire gli altri segretari del Pd, a diventare paladino dei diritti Lgbtq. L’aspetto buffo, se non fosse drammatico, è che i diritti gay non hanno nulla a che vedere con questa vicenda. Nel 2021, a settembre, e dopo 19 mesi di carcerazione preventiva, si è celebrata la prima udienza del processo. Sono state fatte cadere le accuse più pesanti, quelle di terrorismo e istigazione al rovesciamento di Stato, così come non c’è traccia di quelle a cui si ispiravano con solerzia i titolisti italiani, riferendosi al fatto che Zaki restava in carcere «perché è gay». Il fatto penale rientra nell’articolo scritto per il sito egiziano Darraj in cui Zaki scriveva, come riportato dalla traduzione pubblicata da Repubblica ficcata in un angolo del giornale, che «non passa un mese senza che vi siano episodi contro i copti egiziani, da tentativi di spostarli in Alto Egitto a rapimenti, chiusure di chiese o attentati». Ecco che di fronte al vero motivo della carcerazione, che ovviamente va condannata perché rientra nei reati di opinione, in Italia è scoppiato il silenzio. Guai a parlare di persecuzione cristiana. L’indomani dalla notizia, Repubblica, che ha fatto e continua a fare di Zaki un paladino, registrava distrattamente, in un passaggio del suo articolo sul processo, che in effetti ci sarebbero motivazioni religiose dietro la sua ingiusta detenzione. Assordante silenzio sugli altri giornali, compreso Avvenire. Il quotidiano dei vescovi apriva la prima pagina così: «Rispettare la croce», riferito al viaggio in Slovacchia di Francesco. Poi, più sotto, aveva un francobollo: «Reati d’opinione, Zaki in manette». Ecco che il nastro si sta riavvolgendo. Stasera vedremo che cosa dirà alla conferenza stampa e poi la prossima domenica alla grande festa in piazza Maggiore valuta dal Comune. Vedremo se Zaki deciderà di candidarsi per il Pd o altro. Le insidie sono tante. Se il giovane dovesse trascorrere l’agosto a esternare su Al Sisi, a settembre potrebbero esserci sorprese. Dopo l’estate Zaki tornerà a casa per sposarsi. Immaginate se dovesse essere nuovamente arrestato che succederebbe. Il Pd farebbe, politicamente parlando, i salti di gioia. Zaki farebbe più comodo in gabbia ad Al Mansoura che qui a fare campagna elettorale, per giunta in inglese. Anche perché, a differenza di chi ha contribuito a farlo liberare, alla sinistra di battersi sui reati di opinione non importa granché, visto che difende solo le battaglie che le fanno comodo e censura quelle religiose. A questo punto, c’è da augurarsi che non succeda nulla. Almeno se lo augurano coloro che hanno a cuore l’Italia.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)