2025-01-20
«Zaia? Non abbiamo bisogno di viceré»
Maurizio Lupi, il leader di Noi moderati: «Il governatore è bravo, ma senza coalizione non ce l’avrebbe fatta. Ruffini e Prodi parlano ai giornalisti e non alla società. Sala sta infarcendo Milano di proibizioni, il centrodestra può batterlo».Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati, nel fine settimana le menti più brillanti dell’aspirante centrino rosso si sono ritrovate a Milano e Orvieto.«Il re è nudo, finalmente. Abbiamo aspettato Godot per trent’anni, teorizzando partiti indipendenti, terzo polo e quarto polo. Ora viene chiarito l’equivoco. Come nel gioco dell’oca, si torna al via». E quale sarebbe il punto di partenza?«Nel 1994 gli italiani hanno scelto il sistema bipolare. Votano per la coalizione che, secondo loro, dovrebbe governare. E chi perde, sta all’opposizione. Questo benedetto centro, che tutti ambivano a rappresentare, ha una sua collocazione ben chiara: o sta con la destra oppure con la sinistra». Il campo largo è già angusto.«Schlein radicalizza il Pd, riportandolo ai tempi dei Ds. Conte manda al diavolo la meravigliosa idea del “Vaffa” e si sposta all’estrema sinistra, sperando di convincere poveri e sussidiati. Poi, ci sono quelli di Avs. Più si estremizzano, più servono i moderati».Ernesto Maria Ruffini, ex presidente dell’Agenzia delle Entrate, sarà il nuovo Romano Prodi?«Senza rinunciare alla solita spocchia di chi pensa di avere l’esclusiva, hanno scelto di fare questi convegni il 18 gennaio. È la data in cui Don Sturzo fondò il Partito popolare. Gli ricordo solo che, prima dell’appello ai “liberi e forti”, lui girò l’Italia intera, da nord a sud, per dare voce e rappresentanza alla società. Questo intellettualismo non gli apparteneva. I suoi aspiranti eredi, invece, parlano solo ai giornalisti». Stavolta, sembrano fare sul serio. Perfino il Professore è riapparso, arcigno e galvanizzato: «Per vincere serve il centro».«Potrebbero cogliere questo momento di illuminazione e smetterla con la stucchevole storiella dell’egemonia, sia culturale che morale. La tradizione del cattolicesimo popolare ha avuto diverse declinazioni. La sinistra, invece, pensa di avere l’esclusiva. Mi viene l’itterizia, se ci penso». Anche Matteo Renzi è scatenato: esterna senza sosta, sfida il governo, vuole rifare la Margherita. «Tutto è cominciato con il meraviglioso abbraccio tra lui e Schlein alla partita del cuore, la scorsa estate. C’ero pure io in squadra. Quel gesto affettuoso ha rotto l’incantesimo. È stato come il bacio di Biancaneve. Così Renzi, giustamente, è tornato alle origini: alleato del Pd, di cui è stato segretario». Sulle vostre sponde, invece, l’esistenza pare scorrere placida. Noi Moderati, come cantava Franco Battiato, è diventato il centro di gravità permanente.«Senza dimenticare La cura, altra sua grande canzone: “Perché sei un essere speciale. Ed io, avrò cura di te”».Difatti Lupi, con grazia e premura, accoglie coloro che avevano smarrito la retta via, vedi le ex illustri forziste traviate da Carlo Calenda.«Potevano cercare riparo sotto un albero robusto. Invece, hanno scelto una pianticella. Non è stata accoglienza, ma condivisione di un progetto politico. Andando a sinistra, avrebbero tradito la loro storia». I prosaici avversari insinuano: Mariastella Gelmini, Mara Carfagna e Giusy Versace sono passate a Noi Moderati per volere di Giorgia Meloni, desiderosa di allargare la maggioranza.«Lei non è solo la leader di Fratelli d’Italia, ma pure dell’intera coalizione. Ha interesse che tutti crescano. Dobbiamo recuperare quei nove milioni di elettori moderati che non vanno più a votare». Serve la mitologica quarta gamba. «La storia si ripete. Nel 1994, quando Berlusconi fondò la Casa delle libertà, fece nascere anche il Ccd, con Casini e Buttiglione. Servì a dare rappresentanza agli ex democristiani, che non volevano seguire Martinazzoli a sinistra». Si attendono, dunque, nuovi ingressi.«Adesso, più che altro, dobbiamo pensare a crescere elettoralmente». I sondaggi non sono generosi.«Oscilliamo tra l’uno e il due per cento».Poco? «Abbiamo appena un anno e mezzo di vita. E alle regionali, le liste riconducibili a Noi Moderati sono andate bene. In Liguria, per esempio, abbiamo preso il nove per cento. In Sardegna, il cinque. In un racconto di Guareschi, Gesù diceva a Don Camillo: bisogna “salvare il seme”. Se lo custodisci bene, poi diventerà una foresta». Serve fede.«Ricordo sempre il primo risultato di Fratelli d’Italia: 1,9 per cento. In politica non bisogna rincorrere i risultati, ma le idee». Nelle regioni vi alleate con tanti vecchi notabili. A partire dalla Sicilia, dove ancora imperversa Totò Cuffaro.«Più che alleanze, diamo l’opportunità ai territori di avere un riferimento nazionale».L’ex governatore tenta di riesumare la Dc. Ci prova pure il senatore di Fratelli d’Italia, Gianfranco Rotondi. «Lo scorso mercoledì sono stato dall’osteopata, perché avevo il torcicollo. Alla fine, prima di salutarmi, s’è raccomandato di evitare posture sbagliate: “Alzi la testa e guardi sempre avanti”.Fuor di metafora?«La storia non va dimenticata, ma senza cedere a contorsioni. Serve a costruire il presente e illuminare il futuro». Intanto, Noi Moderati è entrata nel Ppe.«Momento commovente. È un riconoscimento di cui andiamo orgogliosi. Dimostra che siamo un partito vero. È la mia famiglia da sempre. Dobbiamo ringraziare Antonio Tajani, pilastro del popolari, che ha riconosciuto il nostro ruolo fondamentale nel centrodestra». A proposito: alla maggioranza non basta già il moderatismo di Forza Italia?«Se avesse il 39 per cento, sì. In sedici anni, però, abbiamo perso milioni di voti. Dobbiamo lavorare tutti insieme per recuperare chi si rifugia nell’astensionismo. E poi siamo complementari. Abbiamo storie e idee diverse». Ad esempio?«Nell’ultima finanziaria, loro hanno chiesto di far crescere le pensioni minime. Noi di aumentare gli stipendi ai giovani. Noi, non io. Ci siamo chiamati così per questo. Non c’è nessun Mandrake o Superman. Siamo una comunità che mette insieme pezzi di storia differenti e valori condivisi: approccio liberale, meno Stato, idee riformiste e garantismo». Daniela Santanchè, ministro del Turismo, è stata rinviata a giudizio.«Ecco, appunto. Per noi resta innocente fino al terzo grado di giudizio». Altro patema. Luca Zaia, governatore veneto, assalta: «Sul terzo mandato non accetto lezioni da bocche sfamate da trent’anni in Parlamento». Forse ce l’aveva anche con lei, fermo a ventiquattro. «Io mi sento chiamato in causa da chiunque, per carità. Ma non si possono mettere insieme pere e mele: se dai potere all’esecutivo, dev’esserci sempre una compensazione per evitare l’uomo solo al comando. Zaia è il più bravo di tutti? Sì. Ma senza la colazione non ce l’avrebbe fatta».Sostiene, invece, che la Lega stravincerebbe da sola.«Fu proprio Berlusconi a benedire la sua prima candidatura. Era il 2010. Allora il Pdl, in Veneto, aveva più voti della Lega. Eppure il Cavaliere, assieme a Bossi, scelse Zaia. Noi siamo diversi dal centrosinistra. Non ci servono vicerè alla De Luca. Stiamo votando il premierato, che fissa un limite di due mandati per il presidente del Consiglio. Perché non dovrebbe valere anche per i governatori?». Maurizio Gasparri, un decorato trentennio alle spalle, risponde: «Troveremo il modo di sfamare Zaia».«Lui è, da sempre, un battutista».Il governo rischia? «Fratelli d’Italia, legittimamente, chiede il Veneto. La Lega, legittimamente, non vuole perderlo. S’arriverà alla giusta sintesi, che prevede anche passi indietro». Pure Beppe Sala è favorevole al terzo mandato e non esclude di ricandidarsi: «Mai dire mai» ha detto citando James Bond. «Con il divieto di sigarette all’aperto, ha fatto venire voglia di fumare persino a me, che non ne ho mai accesa una nella vita. Bisogna stare lontani dieci metri. I vigili faranno il Var?». S’è prodigato per zone a trenta all’ora, area C e piste ciclabili. «Sta infarcendo la città di proibizioni, per riaffermare l’appartenenza a sinistra, in pieno contrasto con la sana e concreta ambrosianità. È solo ideologia. Tutti si fronteggiano: pedoni contro ciclisti, fumatori contro salutisti, quelli del centro contro chi abita in periferia. Milano non è così. È riformista, leale e pragmatica. Per questo, ho trovato meraviglioso l’invito dell’arcivescovo Delpini: la città deve svegliarsi». Ignazio La Russa, come futuro sindaco, ha in mente solo lei. «Ricordo che mancano due anni e mezzo alle amministrative. Abbiamo però i candidati migliori per riprenderci Milano». Lupi compreso?«L’ultima volta abbiamo perso per colpa nostra. Non abbiamo saputo creare una proposta politica credibile. Vale lo stesso discorso fatto sulla Dc: inutile continuare a voltarsi indietro, per dire come siamo stati bravi ai tempi che furono». Anche lei è stato assessore.«Ma sono passati ventitrè anni, ormai». Il presidente del Senato insiste.«Chi entra Papa, non esce cardinale». Lei si tira già fuori.«Servire la propria città credo che sia la cosa più bella, ma ho delle responsabilità a Roma».Democristiani si nasce. «Ne riparliamo a fine carriera».
Jose Mourinho (Getty Images)