2023-08-12
Youtube insiste e non dà spiegazioni. La tv della «Verità» resta silenziata
Dopo aver eliminato per due volte la puntata su vaccini e commissione d’inchiesta, la piattaforma liquida il nostro ricorso: «Disinformazione in ambito medico». Motivazioni vaghe che non giustificano la censura.Con un’arroganza stratosferica, il team di Youtube ha liquidato il ricorso presentato da Tv Verità contro la rimozione del video «Aspettando la commissione Covid», eseguita dalla piattaforma la scorsa settimana. «A seguito di un’attenta verifica dei tuoi contenuti, abbiamo confermato che violano le norme sulla disinformazione in ambito medico. Sappiamo che questo potrebbe deluderti, ma è nostra responsabilità fare in modo che Youtube sia un luogo sicuro per tutti», risponde il «team» che non si firma. Non ci mette faccia né nome, però esegue le censure. Le ribadisce, adducendo la scusa di preoccuparsi della sicurezza degli utenti. Ma come può risultare minaccioso un video giornalistico che ha l’obiettivo di informare anche sollevando quesiti? Nella puntata di sabato 5 agosto del nuovo spazio di informazione settimanale, condotto dal vicedirettore Francesco Borgonovo, era ospite l’endocrinologo Vanni Frajese, non un pericoloso terrorista. Non si dava la parola a un catastrofista climatico, che quello sì fa parecchio male alla sicurezza dei cittadini, ma a uno scienziato tra i più seri e preparati. Il video, di una mezz’ora, programmato alle 10 del mattino, era stato rimosso perché «violava le normative della community». Una censura applicata senza dare ulteriori spiegazioni, bisognava rassegnarsi e buttare via il lavoro fatto, privando migliaia di utenti di un contenuto di sicuro interesse. Tv Verità, invece, aveva ricaricato la puntata, cambiando il titolo in «Aspettando la commissione d’inchiesta» e omettendo nell’abstract il nome del professor Frajese. Dopo 5 minuti, altro blocco e rimozione. YouTube, questa volta segnalava che al terzo avvertimento il canale sarebbe stato chiuso e forniva le «Norme sulla disinformazione in ambito medico relativamente al Covid-19», che la piattaforma applica. Davanti a un simile sopruso, perché sarà un’azienda privata che detta le sue regole, ma è anche la piattaforma su cui passano la comunicazione, la politica, la socialità, che si arroga il diritto di condizionare il dibattito pubblico spegnendo voci e testimonianze a propria discrezione, Tv Verità aveva presentato ricorso. Lo spazio a disposizione dell’utente per argomentare le proprie ragioni è limitato a una manciata di battute, perché il colosso dello streaming video evidentemente si annoia a leggere motivazioni dettagliate, e questo era il testo inviato. «Abbiamo effettuato un’attenta verifica del contenuto del video che abbiamo pubblicato e non abbiamo rilevato contenuti che violino le regole della community di Youtube in ambito medico, di diagnosi o trattamento della malattia che siano in contraddizione con le informazioni mediche sul Covid-19 fornite dalle autorità sanitarie locali o dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Sul canale da noi aperto il giornalista non ha violato né il codice penale, né amministrativo né civile e deontologico. Desideriamo quindi sapere quali siano le violazioni che avremmo commesso e che vi hanno portato a eliminarlo. Contestualmente vi chiediamo di ripristinare il video e di rimuovere l’avvertimento a carico del nostro canale».Invece, quella puntata rimane rimossa, «i contenuti in questione non verranno reintegrati su YouTube», è la sola risposta fornita. Non ti sta bene? E chissenefrega, è il concetto neanche tanto sotteso. La piattaforma sostiene di elencare norme precise, che vanno osservate per pubblicare un video, ma in realtà sono regole vaghe. Un’accozzaglia di indicazioni in materia Covid, ad esempio, che nemmeno in piena epidemia avevano senso e fondamento. Nel video di Tv Verità censurato, il professore Frajese spiegava che «la commissione parlamentare d’inchiesta potrebbe dire verità di cui non si può parlare», nemmeno su Youtube aggiungiamo noi. La piattaforma penalizza e censura il «linguaggio inappropriato» e i «temi sensibili o controversi», decide quali contenuti siano condivisibili ma senza assumersi la responsabilità delle proprie azioni e delle scelte politiche come ogni editore, invece, è tenuto a fare.