2024-01-13
Bombe sullo Yemen, industria dell’auto in crisi
Durissima reazione di Stati Uniti e Inghilterra contro gli atti di terrorismo del gruppo filoiraniano degli Huthi nel Mar Rosso. Turchia e Russia: «Violato il diritto internazionale». Volvo e Tesla fermano la produzione per i ritardi delle materie prime.La Germania difende Israele davanti ai giudici del tribunale dell'Aia. Intanto il governo di Tel Aviv attacca il Sudafrica: «Mantiene legami con Hamas». Lo speciale contiene due articoli.Venti di guerra continuano a soffiare sul Medio Oriente. Giovedì, le forze militari statunitensi e britanniche hanno effettuato dei bombardamenti contro le postazioni degli Huthi nello Yemen. Si è trattato di una reazione agli attacchi che da settimane il gruppo filoiraniano sta conducendo nel Mar Rosso. Il Pentagono ha già detto di essere pronto a eventuali ritorsioni. «Questi bombardamenti sono la risposta diretta agli attacchi degli Huthi senza precedenti contro navi internazionali nel Mar Rosso, tra cui l’uso di missili balistici antinave per la prima volta nella storia», ha dichiarato il presidente americano, Joe Biden. «Non esiterò a prendere ulteriori misure per proteggere il nostro popolo e il libero flusso del commercio internazionale, se necessario», ha aggiunto. «Il nostro obiettivo resta quello di allentare le tensioni e ripristinare la stabilità nel Mar Rosso», hanno inoltre dichiarato Washington e Londra in un comunicato congiunto assieme agli altri Paesi che hanno partecipato ai raid di giovedì, vale a dire: Australia, Bahrain, Canada, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Nuova Zelanda e Corea del Sud. Sulla questione, è intervenuto anche il nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani. «Siamo impegnati a garantire la libertà di navigazione nel Mar Rosso, partecipiamo alla missione europea Atalanta e chiederemo anche che questa missione possa avere competenze più larghe oppure dare via a una nuova missione europea per garantire la libera circolazione delle merci», ha detto il capo della Farnesina. Da Palazzo Chigi invece arriva la condanna dei «ripetuti attacchi degli Houthi a danno di navi mercantili nel Mar Rosso». «È essenziale garantire la sicurezza del Mar Rosso, prevenendo e contrastando azioni di destabilizzazione che non sono nell’interesse né degli attori locali, né della comunità internazionale», dicono fonti del governo. «È fondamentale evitare un ulteriore innalzamento del livello di tensione nella regione». Furiosa la reazione del leader degli Huthi, Mohammed Ali al-Houthi, che ha bollato gli attacchi di giovedì come «barbarici» e «terroristici». «Continueremo a prendere di mira le navi israeliane», ha aggiunto il portavoce del gruppo, Muhammad Abdul Salam, secondo cui nei raid sarebbero morti cinque miliziani. Mentre Hamas ha minacciato «conseguenze», critiche sono arrivate anche dall’Iran, secondo cui i bombardamenti nello Yemen sarebbero «una chiara violazione della sovranità e dell’integrità territoriale del Paese arabo». Sulla stessa linea si è collocata Mosca, che ha tacciato gli Stati Uniti di aver violato il diritto internazionale. «Tutte queste azioni rappresentano un uso sproporzionato della forza», ha inoltre tuonato il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, che ha accusato Washington e Londra di volere un «bagno di sangue» nel Mar Rosso. Pechino ha invece giocato la carta della mediazione, con il ministero degli Esteri cinese che ha esortato «tutte le parti interessate a mantenere la calma e a dar prova di moderazione, in modo da evitare che il conflitto si espanda». Va tuttavia ricordato che il Dragone non è un attore esattamente super partes. Nel 2021 la Repubblica popolare ha siglato un accordo di cooperazione venticinquennale con il regime khomeinista e si è sempre rifiutata di riconoscere Hamas come organizzazione terroristica. L’Italia Assai cauta si è infine mostrata l’Arabia Saudita, che sta portando avanti da qualche tempo dei colloqui di pace con gli Huthi sul conflitto yemenita: è in quest’ottica che Riad ha esortato a «evitare un’escalation». Negli scorsi giorni, erano emerse delle divisioni in seno all’amministrazione americana. Se il Pentagono premeva per attuare dei bombardamenti contro gli Huthi sul territorio yemenita, la Casa Bianca era apparsa restia nei confronti di una simile possibilità. Adesso però le cose sono cambiate. Non dimentichiamo d’altronde che, appena martedì scorso, gli Huthi avevano condotto il loro attacco più massiccio nel Mar Rosso dallo scoppio della crisi attualmente in corso. Non a caso, un funzionario americano ha rivelato alla Cnn che proprio quell’attacco avrebbe fatto cambiare idea al presidente degli Stati Uniti. Nel frattempo il Congresso americano si è spaccato sulla questione: una divisione che travalica i confini dei due partiti. Alcuni parlamentari hanno ben accolto i bombardamenti nello Yemen, criticando l’Iran; altri hanno invece sostenuto che Biden avrebbe dovuto prima chiedere l’autorizzazione del Congresso stesso. Nel mentre, il Dipartimento del Tesoro americano ha sanzionato ieri due società coinvolte in attività finalizzate a finanziare gli Huthi. Le conseguenze economiche della crisi non si sono fatte attendere. Ieri, il prezzo del petrolio è salito del 4%, mentre svariate petroliere hanno abbandonato la rotta del Mar Rosso a seguito dei raid di giovedì. Ma gli impatti negativi non riguardano soltanto il greggio. Volvo si avvia per esempio a sospendere temporaneamente la produzione nel suo stabilimento in Belgio a causa di problemi legati alla propria catena di approvvigionamento. Stando a Bloomberg News, «la fabbrica di Ghent fermerà la produzione per tre giorni dopo che le navi hanno dovuto essere deviate per evitare violenze in una delle rotte marittime più trafficate del mondo, ritardando la consegna dei riduttori». Anche Tesla ha dovuto interrompere la produzione in Germania a causa dei ritardi che hanno colpito le spedizioni nel Mar Rosso: uno stop che, secondo il colosso di Elon Musk, potrebbe portare alla mancata realizzazione di oltre 5.000 veicoli. Come se non bastasse, a peggiorare ulteriormente la situazione del commercio internazionale stanno le restrizioni introdotte l’anno scorso dall’Autorità del Canale di Panama a causa della siccità. Una serie di dinamiche che sta chiaramente determinando conseguenze negative sui tempi delle spedizioni e sui costi delle merci. Ieri sera, il Regno Unito ha reso noto di aver ricevuto la segnalazione di un «incidente» nel Mar Rosso: un missile sarebbe stato lanciato in direzione di una nave nei pressi della costa yemenita. Non ci sarebbero danni o vittime.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/yemen-guerra-2666947393.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-germania-difende-israele-allaia-laccusa-di-genocidio-non-regge" data-post-id="2666947393" data-published-at="1705144416" data-use-pagination="False"> La Germania difende Israele all’Aia: «L’accusa di genocidio non regge» Ieri, presso la Corte dell’Aia, è stata la volta di Israele, chiamato a difendersi dalle accuse di compiere atti di genocidio a Gaza, mossegli dal Sudafrica. Gli avvocati israeliani hanno iniziato richiamando il massacro e gli stupri compiuti da Hamas il 7 ottobre 2023. Secondo Israele, la causa per genocidio intentata dai sudafricani davanti alla Corte delle Nazioni Unite «è totalmente distorta e non riflette la realtà del conflitto nella Striscia di Gaza». Mentre per Tal Becker, uno degli avvocati israeliani presso la Corte internazionale di giustizia (Cig) dell’Aia, «il Sudafrica ha sfortunatamente presentato alla Corte un quadro fattuale e legale totalmente distorto». Becker è un negoziatore di pace ed è membro del gruppo che ha curato la stesura degli «Accordi di Abramo», gli storici accordi di pace e normalizzazione tra Israele ed Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco e Sudan. All’epoca anche il Sudafrica si era detto interessato a fare lo stesso percorso poi le cose sono cambiate dopo che Pretoria ha sviluppato un fortissimo legame con la Russia di Vladimir Putin e con il Qatar, grande protettore della Fratellanza musulmana e di Hamas. Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa si è recato più volte a Doha e lo scorso 15 novembre ospite dello sceicco Tamim bin Hamad Al Thani, emiro dello Stato del Qatar, ha affermato che «gli eventi in Palestina e la crescente morte di civili, in particolare di bambini, addolorano tutti noi. Il Sudafrica sostiene tutti gli sforzi volti a garantire un cessate il fuoco immediato e totale, con colloqui su una soluzione politica per affrontare le legittime aspirazioni del popolo palestinese alla statualità». C’è un rapporto stretto tra i due Paesi, tanto che nel 2022 il Qatar è diventato il quinto partner commerciale del Sudafrica in Medio Oriente. Nel 2022 il Sudafrica ha esportato merci verso il Qatar per un valore di 206 milioni di dollari. La maggior parte delle esportazioni riguardava il settore manifatturiero, che rappresentava circa il 56% delle esportazioni totali. Il Sudafrica ha assistito a un aumento delle importazioni dal Qatar tra il 2017 e il 2022, principalmente a causa dell’importazione di prodotti petroliferi. Le importazioni sudafricane dal Qatar sono ammontate a 252 milioni di dollari nel 2022. Per tornare all’Aia, gli avvocati israeliani hanno sostenuto che fermare le operazioni a Gaza come chiede il Sudafrica, metterebbe a rischio la sicurezza di Israele e hanno detto che «è Hamas a volere il genocidio contro Israele». Prima dell’udienza Zane Dangor, direttore generale del ministero delle Relazioni internazionali del Sudafrica, ha commentato le affermazioni del ministero degli Esteri israeliano secondo cui «il Sudafrica agisce come il braccio legale di Hamas e ha lodato il gruppo dopo l’attacco del 7 ottobre». Dangor ha replicato attraverso al-Jazeera: «È qualcosa che rifiutiamo con disprezzo. La squadra legale del Sudafrica rappresenta il popolo sudafricano», aggiungendo che Pretoria sta portando avanti il caso di genocidio al tribunale dell’Aia «perché vogliamo fermare ulteriori danni ai palestinesi ed è nell’interesse della giustizia». Nella parte conclusiva della sua arringa, Becker ha affermato che «le richieste di misure provvisorie affinché Israele ponga fine ai combattimenti a Gaza non possono reggere», perché Gerusalemme ha il diritto di difendersi. L’avvocato ha aggiunto che la Corte dovrebbe applicare misure provvisorie contro il Sudafrica, accusandolo di mantenere stretti legami con Hamas. A difendere Israele c’è però a sorpresa il governo tedesco che ha annunciato che «esprimerà a processo la propria posizione di parte terza».