Visita del leader cinese a Mosca: dichiarazioni roboanti, ammiccamenti all’Africa e sfida all’egemonia Usa (anche se Jinping resta prudente). Pronto un piano di pace ideato dalla Cina, ma gli Stati Uniti consigliano a Kiev di bocciarlo a scatola chiusa.È iniziata ieri la visita in Russia del presidente cinese Xi Jinping che prima di arrivare a Mosca ha rilasciato una serie di dichiarazioni alla stampa russa nelle quali ha spiegato il punto di vista cinese a proposito di sicurezza collettiva e ordine mondiale. Alla Tass Xi Jinping ha detto che «la Cina è pronta, insieme con la Russia, a salvaguardare l’ordine mondiale basato sul diritto internazionale. La Cina e la Russia hanno relazioni di buon vicinato e sono reciprocamente partner affidabili». Durante l’incontro informale di ieri (quello ufficiale si svolgerà oggi) il leader cinese ha usato toni molto affettuosi nei confronti di Vladimir Putin che ha definito «un caro amico», ribadendo che «i nostri Paesi devono avere stretti rapporti». Putin, apparso molto teso mentre parlava il leader cinese, ha ricambiato: «Caro signor presidente, caro amico, benvenuto in Russia, a Mosca. Sono lieto di avere l’opportunità di congratularmi personalmente per la rielezione a capo dello Stato cinese. Siamo leggermente invidiosi del rapido sviluppo della Cina, sei riuscito a rendere più forte lo Stato. La Cina ha fatto un grande salto in avanti». Xi Jinping, rimasto impassibile per tutto l’incontro, ha risposto auspicando la rielezione di Putin: «So che l’anno prossimo ci sarà un’altra elezione presidenziale nel tuo Paese. Grazie alla sua forte leadership, negli ultimi anni la Russia ha compiuto progressi significativi nel raggiungere la prosperità». Il presidente ha anche incassato il gradimento (scontato) della Russia al cosiddetto piano di pace cinese: «Guardiamo con interesse alle proposte della Cina per risolvere la crisi in Ucraina. Sappiamo che procedi dai principi di giustizia e rispetto delle disposizioni fondamentali del diritto internazionale». Quanto accade a Mosca (il vertice terminerà domani) viene osservato «molto, molto da vicino dalla Casa Bianca», secondo il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale americana John Kirby che ha parlato alla Cnn. Poi Kirby ha proseguito invitando Xi Jinping ad attivarsi con gli ucraini: «Se vai a Mosca e ti siedi per tre giorni allo stesso tavolo del presidente Putin e ascolti il suo punto di vista su una guerra che ha iniziato e che potrebbe finire oggi, dovresti come minimo alzare il telefono e parlare anche con il presidente Zelensky per avere il suo punto di vista». In ogni caso Kirby ha ribadito che «i rapporti tra Russia e Cina sono un matrimonio d’interesse e gli Stati Uniti respingerebbero qualsiasi appello a un cessate il fuoco che possa scaturire dalla visita di Xi a Mosca». Per gli Usa come già espresso negli scorsi giorni «se la Cina lancerà un appello per un cessate il fuoco durante la visita di Xi a Mosca, Kiev dovrebbe respingerlo, cosa che faremo anche noi, perché fondamentalmente ratificherebbe ciò che i russi sono stati in grado di conquistare dentro l’Ucraina e darebbe loro tempo e modo di prepararsi e ricominciare le operazioni in un momento e un luogo a sua scelta». A questo proposito il portavoce del ministero degli Esteri ucraino Oleg Nikolenko ha chiesto al presidente cinese Xi Jinping di usare la sua posizione per convincere la Russia a fermare la guerra: «L’Ucraina sta seguendo da vicino la visita del presidente cinese in Russia. Ci aspettiamo che Pechino usi la sua influenza su Mosca per porre fine alla guerra aggressiva contro l’Ucraina». Difficile immaginare cosa farà il leader cinese, tuttavia, non è impossibile che dalla sua suite presidenziale messagli a disposizione in un hotel a cinque stelle al Nord di Mosca possa aver avuto un contatto telefonico con Volodymyr Zelensky. Ma come è andata la prima giornata a Mosca del leader cinese? Chi si aspettava annunci roboanti o una decisa scelta di campo di Xi Jinping è rimasto deluso ed è molto probabile che la situazione resti tale. Il leader russo oggi più che mai ha bisogno della Cina e da mesi chiede che dalle parole di stima si passi ai fatti: ovvero alla fornitura di armi, munizioni, droni e attrezzature hi-tech che fino ad oggi non sono mai arrivate a Mosca (almeno direttamente). La Russia che oggi è debole, segnata dalla guerra e considerata ormai un paria a livello internazionale, serve più che mai a Pechino che punta a rimodellare l’ordine mondiale con tutta una serie di Paesi non allineati come l’Iran e «simpatizzanti» come il Brasile, l’India e i Paesi africani ai quali vorrebbe aggiungere la petromonarchie del Golfo Persico. I cinesi però non si fidano fino in fondo di nessuno tantomeno di Vladimir Putin che punta molte delle sue residue carte sull’Africa dove Pechino ha investito miliardi di dollari ed in particolare nelle infrastrutture funzionali alla Belt&Road Initiative. A proposito del Continente Nero, proprio ieri il leader russo durante un discorso a Mosca rivolto ai funzionari africani ha promesso di consegnare gratuitamente cereali all’Africa (dove la Russia è uno dei principali esportatori di armi), se l’accordo sulle esportazioni ucraine non sarà rinnovato entro due mesi, dopo la proroga annunciata sabato dal suo omologo turco Recep Tayyip Erdogan. «Se alla fine decidiamo di non prorogare questo accordo entro 60 giorni, allora siamo pronti a consegnare gratuitamente dalla Russia tutto il volume che è stato destinato ultimamente ai Paesi più bisognosi dell’Africa». Anche di questo parleranno i due leader a microfoni spenti ma non sono pochi a ritenere che Xi Jinping sia andato a Mosca per dire al «caro amico» che è arrivato il momento di uscire da questa guerra prima che sia troppo tardi. Per tutti.
(IStock)
Il tentativo politico di spacciare come certa la colpevolezza dell’uomo per i problemi del globo è sprovvisto di basi solide. Chi svela queste lacune viene escluso dal dibattito.
Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo un estratto della prefazione di Alberto Prestininzi al libro di Franco Battaglia, Guus Berkhout e Nicola Cafetta dal titolo «Clima, lasciamo parlare i dati» (21mo secolo, 228 pagine, 20 euro).
2025-11-28
La Cop30 fa solo danni. Nasce l’Inquisizione per chi non si allinea all’allarme sul clima
(Ansa)
L’Unesco crea un tribunale della verità sulla salute del pianeta. Parigi entusiasta e Ong in prima fila nella caccia al negazionista.
Mentre si smantellano le scenografie della sudata e inconcludente Cop30 di Belém, dal polverone emerge l’ennesima trovata antiliberale. L’Iniziativa globale per l’integrità delle informazioni sui cambiamenti climatici (sic), nata qualche mese fa da una trovata dell’Unesco, del governo brasiliano e delle Nazioni Unite, ha lanciato il 12 novembre la Dichiarazione sull’integrità delle informazioni sui cambiamenti climatici, stabilendo «impegni internazionali condivisi per affrontare la disinformazione sul clima e promuovere informazioni accurate e basate su prove concrete sulle questioni climatiche». Sul sito dell’Unesco si legge che l’iniziativa nasce «per contribuire a indagare, denunciare e smantellare la disinformazione relativa ai cambiamenti climatici, nonché a diffondere i risultati della ricerca».
L'Assemblea Nazionale Francese (Ansa)
L’Assemblea nazionale transalpina boccia all’unanimità l’accordo di libero scambio tra Ue e Sudamerica che nuoce agli agricoltori. Spaccatura nell’Unione e pressing della Commissione in vista della ratifica entro Natale. L’Italia, per una volta, può seguire Parigi.
Ogni giorno per Ursula von der Leyen ha la sua croce. Ieri non è stato il Parlamento europeo, che due giorni fa l’ha di fatto messa in minoranza, a darle un dispiacere, ma quello francese. L’Assemblée national ha votato praticamente all’unanimità una mozione che impegna il governo a bloccare qualsiasi trattativa sul Mercosur. Questa presa di posizione ha una tripla valenza: è contro Emmanuel Macron, che pur di salvare la faccia essendosi intestato «i volenterosi», deve farsi vedere ipereuropeista e dopo anni e anni di netta opposizione francese al trattato commerciale con Argentina, Brasile, Paraguay , Uruguay, Bolivia, Cile, Perù, Colombia, Ecuador, ha sostenuto che Parigi era pronta a dare il via libera; è un voto contro l’Europa dove già i Verdi all’Eurocamera si sono schierati apertamente per bloccare l’intesa al punto da inviare l’accordo al giudizio della Corte di giustizia europea; è un voto a salvaguardia degli interessi nazionali transalpini a cominciare da quelli degli agricoltori e delle piccole imprese.
«Stranger Things 5» (Netflix)
L’ultima stagione di Stranger Things intreccia nostalgia anni Ottanta e toni più cupi: Hawkins è militarizzata, il Sottosopra invade la realtà e Vecna tiene la città in ostaggio. Solo ritrovando lo spirito dell’infanzia il gruppo può tentare l’ultima sfida.
C'è un che di dissonante, nelle prime immagini di Stranger Things 5: i sorrisi dei ragazzi, quei Goonies del nuovo millennio, la loro leggerezza, nel contrasto aperto con la militarizzazione della cittadina che hanno sempre considerato casa. Il volume finale della serie Netflix, in arrivo sulla piattaforma giovedì 27 novembre, sembra aver voluto tener fede allo spirito iniziale, alla magia degli anni Ottanta, alla nostalgia sottile per un'epoca ormai persa, per l'ottimismo e il pensiero positivo.






