
Vincenzo De Luca annuncia: Campania e Invitalia pronte all'intervento. Il dossier gestito dal tandem grillino Di Maio-Patuanelli si avvia a un destino come quello di Alitalia?Ora li chiamano «workers buyout» ma per i non millennial è più semplice dire «cooperativa», l'ultima possibilità per i lavoratori che rischiano il licenziamento di salvarsi salvando la fabbrica. Naturalmente con l'aiuto dello Stato, come suggerisce il governatore della Campania Vincenzo De Luca. Sarebbe questa la mossa geniale che il governo Conte 2 vorrebbe mettere in campo per Whirlpool a 12 giorni dalla chiusura dei cancelli per 410 lavoratori (e 534 dell'indotto). Già, perché non è accaduto quello che inopinatamente un anno fa l'allora ministro dello Sviluppo economico, il pentastellato Luigi Di Maio, governo Conte 1, annunciava: «Whirlpool non licenzierà nessuno, anzi, riporterà in Italia parte della produzione che aveva spostato in Polonia», aggiungendo: «Sono orgoglioso di avercela fatta». Fatto cosa non si sa poiché, come ricorda il deputato leghista Claudio Durigon, «questa situazione è figlia della noncuranza e della scarsa attenzione mostrata da Di Maio quando era a capo del Mise visto che, convocato per ben tre volte dalla commissione delle attività produttive proprio per le crisi aziendali, non si è mai presentato». Ora la situazione è drammatica e la toppa che l'esecutivo giallorosso vorrebbe mettere rischia di diventare peggio del buco. Due giorni fa, infatti, il presidente De Luca, ha chiesto un incontro urgente sulla vertenza Whirlpool al premier Giuseppe Conte e ai ministri Stefano Patuanelli e Roberto Gualtieri, non senza accusare il governo di inerzia. Non solo, «la Regione Campania è pronta a mettere a disposizione fino a 20 milioni di euro per invitare Whirlpool a restare a Napoli», ha detto De Luca, aggiungendo: «Grandi chiacchiere e grande propaganda, senza la vera soluzione dei problemi: Whirlpool chiude. Avemmo dovuto spronare l'azienda a dire in quali condizioni avrebbe potuto riaprire. Il governo avrebbe dovuto mettere in piedi una serie di vantaggi fiscali. Ieri ho inviato una lettera per chiedere un estremo confronto finalizzato al puntuale approfondimento, con l'opportuno supporto tecnico di Invitalia (l'agenzia nazionale per lo sviluppo dell'impresa, ndr), in ordine alla attendibilità e sostenibilità del piano industriale della società interessata e ai possibili sblocchi della crisi». Ed ecco la mossa che, sotto le mentite spoglie di un salvataggio, cela il recupero di consensi in una campagna elettorale in vista delle prossime regionali. Creare una cooperativa e mettere in campo Invitalia sarebbe un po' come creare un altro caso Alitalia. Con lo Stato - e quindi noi contribuenti - a pagare per mantenere un'azienda che continuerebbe a produrre non si sa per quale mercato. Il governo, con l'attuale ministro Patuanelli, sempre grillino, non ha voluto prendere in considerazione la proposta avanzata da Whirlpool, ovvero il trasferimento della fabbrica al gruppo svizzero a guida italiana Prs, che produrrebbe frigo-container e non più lavatrici, e che sarebbe affiancato da un altro partner industriale italiano. «L'azienda continua a proporre come unica soluzione una cessione del ramo d'azienda sostanzialmente verso l'ignoto», aveva detto infatti il titolare del Mise. Anche il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha invitato tutti a verificare il piano industriale dell'acquirente prima di mettere fine alla trattativa. E invece, fallimento dopo fallimento, al ministero dello Sviluppo economico si è iniziato a lavorare al progetto di «workers buyout», che tra l'altro confermerebbe a Napoli la produzione di lavatrici top di gamma, quelle che secondo Whirlpool non hanno più mercato. Questo tipo di salvataggio, di cui esistono un centinaio di esempi soprattutto nel manifatturiero, è previsto dalla «legge Marcora», dal nome dell'ex ministro democristiano dell'Industria nel governo Spadolini: la norma mette a disposizione strumenti finanziari a supporto dell'azienda in crisi, i cui operai formano una cooperativa. Intanto ieri a Napoli gli operai, dal 31 maggio in stato di agitazione, tra una manifestazione in Galleria Umberto e un blocco dell'autostrada A3, hanno fatto sapere di «essere pronti a tutto», apprezzando la Regione «che sta facendo la sua parte e quindi anche il governo deve farla. Whirlpool è patrimonio di tutti, non può finire una storia così importante». Nel caso della multinazionale statunitense, come suggerisce De Luca, dovrebbe pensarci Invitalia, ma in tempi brevi considerato che, salvo eventuali proroghe alla chiusura (intanto lo stabilimento è già fermo), dal primo novembre Whirlpool avvierà le procedure di cessazione di attività e di licenziamento collettivo. Poi ci saranno 75 giorni di confronti a vari livelli, per trovare una soluzione.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.
Maria Rita Parsi critica la gestione del caso “famiglia nel bosco”: nessun pericolo reale per i bambini, scelta brusca e dannosa, sistema dei minori da ripensare profondamente.






