2025-04-11
I volenterosi si polverizzano: «Manca l’aiuto degli Usa». E i soldati restano in caserma
Eurofighter inglesi in sorvolo sul Mar del Nord (Ansa)
Ennesimo summit del gruppo voluto da Londra e Parigi. Ormai sbuffa pure la Kallas, Crosetto manda delegati. Surreali minacce inglesi a Putin: «Abbiamo piani seri».I «volenterosi», in predicato di trasformarsi in «rassicuratori», sono arrivati alla sesta riunione, ma non hanno ancora capito né come chiamarsi né cosa fare.Francia e Inghilterra erano partite dal proposito di offrire sostegno incrollabile all’Ucraina, a prescindere dagli sforzi di Donald Trump per mettere fine alla guerra. Ovvero, alla faccia sua. Ieri, però, Bloomberg ha rivelato che l’obiettivo di Emmanuel Macron e Keir Starmer rischia di evaporare: con tanti saluti alla sbandierata autonomia dagli Usa, secondo la ricostruzione dell’agenzia stampa, la coalizione, in realtà, avrebbe chiesto agli americani «potenza aerea, sorveglianza delle frontiere e intelligence anziché truppe», che il tycoon non è disposto a inviare. La Casa Bianca ha risposto picche. E così, senza garanzie di sicurezza statunitensi, il progetto si è arenato. Se Oltreoceano non collaborano, non si va da nessuna parte. Anzi, la priorità, come hanno spiegato fonti anonime alla testata, non è di partire per il Donbass, bensì di limitare i danni dell’eventuale riduzione dei contingenti a stelle e strisce stanziati nel Vecchio continente.Ieri, il gruppo degli sgangherati interventisti ha organizzato l’ennesimo, ampolloso e inconcludente vertice presso il quartier generale Nato a Bruxelles. Doveva essere un incontro tra i ministri della Difesa delle 15 nazioni che hanno manifestato interesse per l’iniziativa; l’Italia, però, ha delegato alcuni alti ufficiali, mentre era assente il titolare del dicastero, Guido Crosetto. Nessuno sgarbo, nelle intenzioni di Roma; forse, la conseguenza del comprensibile scetticismo verso una soluzione - quella di impegnarsi direttamente sul terreno - che Giorgia Meloni ha sempre considerato poco praticabile?Benché la missione, finora, si sia caratterizzata più per le chiacchiere che per le decisioni concrete, in apertura del summit, il ministro britannico, John Healey, ha voluto blaterare di «piani ben sviluppati», giurando che «siamo seri al riguardo» e addirittura lanciando «un messaggio al popolo ucraino e a Putin: siamo con gli ucraini nella lotta e siamo al loro fianco nella pace». Una specie di minaccia che suona surreale, se non comica, proprio mentre lo zar raccoglie decine di cadaveri dei nemici nel Kursk e scaglia un’ulteriore offensiva su Kharkiv e Sumy. Purtroppo, l’impegno reciproco di evitare bombardamenti sulle infrastrutture energetiche non ha ridotto l’intensità degli scontri né le vittime.Persino l’Alto rappresentante Ue, notoriamente animata da sentimenti antirussi, ieri è apparsa insofferente: «Dobbiamo chiarire quali sono i nostri obiettivi in Ucraina», ha tuonato Kaja Kallas, «perché un conto è una missione di peacekeeping, un altro il monitoraggio o la deterrenza: i vari Paesi hanno sensibilità diverse su questo punto». Siamo a carissimo amico e non si è nemmeno capito dove dovrebbero andare i nostri drappelli: a ridosso delle trincee? A Kiev? Alla frontiera con la Polonia? Pure Healey ha dovuto riconoscere che «ci sono alcune incognite che non possono essere risolte» fino a un’intesa finale tra russi e statunitensi.Il capo della diplomazia europea sa che è impossibile agire senza il sostegno di Washington: «Lavoriamo per tenere gli Usa con noi», ha garantito. La Commissione, tuttavia, resta impantanata in goffi tentativi di rendere digeribile ai cittadini il suo insostenibile afflato bellicista. È per questo che l’estone ha proposto ancora di ribattezzare la forza d’interposizione, riconvertendola in «forza di rassicurazione». Un maquillage orwelliano già toccato al piano di Ursula von der Leyen, passato dall’etichetta «ReArm» a quella di «Prontezza 2030». Difficile si riesca a turlupinare la gente, atterrita da un coinvolgimento occidentale nelle ostilità; impossibile che la Russia si beva il marketing terminologico e accetti di ritrovarsi soldati degli Stati Nato davanti casa.In altri teatri, i veri protagonisti continuano a confrontarsi. Ieri c’è stato uno scambio di prigionieri tra Mosca e Washington: la russo-statunitense Ksenia Karelina, arrestata a Ekaterinburg per una donazione da neanche 100 dollari a un ente benefico ucraino con sede negli Stati Uniti, per il russo-tedesco Arthur Petrov, accusato dall’America di aver esportato componenti microelettronici sensibili. Poi, in Turchia, si è tenuto un colloquio tra le delegazioni degli Usa e della Federazione. È stato accolto il suggerimento di Vladimir Putin di affrontare le «cause profonde» della crisi ucraina. Al tavolo, dunque, non si è parlato di Kiev, bensì di «regolamentazione e normalizzazione delle relazioni bilaterali». Premessa che il Cremlino considera essenziale, prima di deporre le armi.Il confronto, durato cinque ore, ha prodotto un accordo sull’accesso ai servizi bancari per il personale diplomatico, anche se gli Usa hanno espresso preoccupazioni per i dipendenti della loro ambasciata, in vista della riattivazione di alcune delle operazioni ridimensionate dopo il 24 febbraio 2022. Nel frattempo, l’ambasciatrice in Ucraina nominata da Joe Biden, Bridget Brink, si è dimessa. Sintomo del cambio di strategia.Washington si è chiamata fuori dal procedimento per istituire un tribunale speciale che persegua il crimine di aggressione contro l’Ucraina. È il principio enunciato da Trump durante il burrascoso meeting nello Studio ovale con Volodymyr Zelensky: non puoi trattare con un uomo se gli dai del delinquente. Il presidente ucraino, dal canto suo, reitera le accuse sul coinvolgimento di Pechino nel reclutamento di miliziani, che considera una «pratica sistematica». Giudizi smentiti dal Cremlino, definiti «irresponsabili» dal Dragone e ai quali invece, vista l’aria che tira, gli Usa sono attenti.«Stiamo facendo progressi per fermare la guerra russo-ucraina», ha dichiarato Trump in serata. L’Europa è troppo impegnata nei salotti con l’elmetto di Starmer e Macron per dargli retta.
Sandro Mazzola (Getty Images)
Una foto di scena del fantasy «Snowpiercer» con Chris Evans e Tilda Swinton firmato dal coreano Bong Joon. Nel riquadro una tavola del fumetto