2020-05-17
Vogliono spiarci persino le cartelle cliniche
Con la scusa del Covid le nostre libertà sono sotto attacco. L'ultimo colpo riguarda il fascicolo sanitario elettronico: mai decollato con Mario Monti, è reso automatico dal decreto Rilancio, senza il consenso del cittadino. E il ministero ci frugherà pure nelle tasche.Con la scusa del coronavirus, il governo giallorosso si appresta a rifilarci il grande fratello sanitario. Per capire di cosa stiamo parlando, però, occorre fare un salto indietro di qualche anno. Se ne parlava da tempo, ma nel 2012 il governo Monti approvò la legge che istituiva il «Fascicolo sanitario elettronico» (Fse). Come suggerisce lo stesso nome, si tratta di una cartella personale che raccoglie tutti le informazioni mediche del cittadino, tra le quali rientrano - oltre ai semplici dati anagrafici - referti, cartelle cliniche e verbali del pronto soccorso, il profilo sanitario, il dossier farmaceutico e il consenso (o il diniego) alla donazione di organi e tessuti. Tradotto, una vera e propria identità digitale medica. Tutti dati la cui gestione risulta, com'è facile intuire, assai delicata. Forse sarà anche per questo che, in realtà, il Fascicolo sanitario elettronico non è mai decollato. Secondo gli ultimi dati del monitoraggio disponibili sul sito ufficiale, i fascicoli attivati sono appena 13,7 milioni, meno cioè di un quinto della popolazione totale. Veniamo a noi. Complice la pandemia, a Palazzo Chigi hanno pensato bene di mettere il turbo a questo progetto, definito uno «strumento strategico per la verifica nell'appropriatezza nell'erogazione delle prestazioni, consentendo al professionista sanitario di consultare on-line la storia clinica del paziente ed evitando, in tal modo, anche sprechi derivanti dalla reiterazione di prescrizioni di esami clinici già effettuati». E in effetti il Fse, almeno sulla carta, può risultare utile specie in un momento come questo, nel quale la sanità è decisamente sotto pressione.Ma il diavolo, come al solito, si nasconde nei dettagli. Precisamente, in mezzo alle oltre 450 pagine della bozza del decreto «Rilancio», testo che ancora aspetta di essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Un provvedimento, nota il Messaggero, all'interno del quale al Fse viene dedicato un lungo e dettagliato articolo, incentrato sul potenziamento di questo mezzo. Prima di tutto, nella cartella digitale vengono fatti rientrare anche i documenti relativi non solo al Sistema sanitario nazionale, ma anche alle strutture private. Non è tutto, perché la norma prevede l'inserimento nel Fse dei «dati già disponibili della donazione degli organi, vaccinazioni e prenotazioni». L'aspetto più preoccupante riguarda però il meccanismo di creazione e alimentazione del proprio archivio medico. Se fino a oggi il Fascicolo nasceva nel momento in cui il cittadino ne chiedeva l'attivazione - tramite il proprio medico o pediatra di base, le strutture dedicate del Ssn, oppure online - a seguito dell'espressione di uno specifico consenso esplicito, la legge prevede ora l'eliminazione di tale consenso. Stando così le cose, il Fascicolo verrebbe creato in automatico, senza che l'interessato ne faccia richiesta, o magari addirittura se ne renda conto. Tutto ciò, secondo il premier Giuseppe Conte e i ministri Roberto Speranza (Salute) e Paola Pisano (Innovazione), sarebbe giustificato dall'emergenza attualmente in corso. Tecnicamente, i dati sarebbero a disposizione dell'Autorità sanitaria e del personale medico. E se il governo scegliesse di usarli per altri scopi, magari in caso di un'eventuale seconda ondata di contagi? Difficile di questi tempi fidarsi delle intenzioni, specie dopo aver visto spazzate via le libertà personali a colpi di Dpcm. Senza parlare del rischio di furto o perdita di dati, come insegna il caso dell'Inps.Scettico sull'argomento l'avvocato Andrea Lisi, esperto di diritto dell'informatica e presidente di Anorc Professioni: «Eliminare il consenso può avere anche senso, ma solo se c'è un interesse collettivo prevalente e una base giuridica di carattere normativo». Il problema è un altro, e cioè «capire se il nostro sistema-Paese sia pronto o no per questo passaggio», perché «per gli indici Desi (digitalizzazione dell'economia e della società, ndr) continuiamo a essere tra gli ultimi in Europa a livello di digitalizzazione». Spiega Lisi alla Verità, «i presupposti sono i soliti: definizione dei ruoli, sicurezza informatica robusta, competenze multidisciplinari a servizio della piattaforma Fse, e così via». Elementi che garantirebbero una «piena compliance con il Gdpr», sulla quale il legale esprime «forti dubbi».C'è dell'altro. Sempre il Messaggero mette in luce un altro passaggio preoccupante del dispositivo che sta per essere pubblicato. L'articolo 7 conferisce al ministero della Salute la facoltà di trattare non solo i dati sanitari, ma anche quelli reddituali degli assistiti e del nucleo familiare, allo scopo di sviluppare «metodologie predittive dell'evoluzione del fabbisogno di salute della popolazione». La finalità, anche in questo caso, sembra innocua. Ma autorizza un soggetto che poco o nulla avrebbe a che fare con la nostra condizione economica a ficcare letteralmente il naso nei nostri portafogli. L'ennesima incursione del governo Conte nella sfera privata dei cittadini ai tempi del coronavirus.