2024-11-09
Visita di Mattarella in Cina. Xi tesse la sua tela per riaprire la Via della seta
Xi Jinping e Sergio Mattarella (Getty ImagesI
Pechino ora punta su commerci e scambi tecnologici. Ma così entreremmo in urto col tycoon Usa. Intanto l’Italia serra i ranghi contro gli agenti stranieri negli atenei.Mentre Donald Trump inizia a fare la squadra in vista di gennaio e a calcolare i migliori dazi da imporre alla Cina (oltre che all’Europa) il presidente della Repubblica Sergio Mattarella vola a Pechino. Viaggio ovviamente organizzato molto prima e indipendentemente dall’esito delle elezioni americane. La coincidenza è però un po’ straniante e sicuramente muove le relazioni in modo divergente. Il capo dello Stato è super partes, e dunque il suo compito è consolidare un perimetro più ampio possibile di relazioni. E così allargare gli accordi bilaterali in vari campi. Ieri sono stati sottoscritti dieci memorandum in diversi ambiti, soprattutto culturali. La visita è però stata l’occasione per Xi Jinping di vergare un discorso nel più consueto ecumenismo cinese. Il vertice politico del Dragone è stato particolarmente caloroso nei confronti di Mattarella che sta effettuando la sua seconda visita in Cina. Xi Jinping ha definito il capo dello Stato italiano «un vecchio amico del popolo cinese e un mio buon amico», rivelando che in questi anni tra di loro ci sono state tante telefonate e diverse lettere che hanno mantenuto «una stretta cooperazione» bilaterale anche nei momenti difficili.Effettivamente la visita di Stato di Mattarella è stata apprezzata da parte cinese e i due leader hanno potuto parlare in un clima di «cordialità» dei dossier più spinosi. A partire da quello sui dazi che tanto divide l’Europa dal Dragone fino a un ragionamento «non ideologico sulla necessità di costruire un nuovo ordine mondiale che colga meglio i rapidissimi cambiamenti internazionali», recita l’Ansa. «Un tema caro alla Cina che Mattarella ha ascoltato con attenzione», prosegue il take di agenzia, «senza pregiudizi ideologici». Per poi riportare la frase conclusiva di Xi: «Cina e Italia sono grandi civiltà e nel mondo ci sono cambiamenti non visti in un secolo». Ora, è da apprezzare il tentativo delle agenzie di stampa di rappresentare il distacco e l’assenza di alcun posizionamento ideologico. Ma la Cina è ben abituata a lasciar parlare le immagini e dosare sapientemente le parole godendo molto spesso dei silenzi dell’interlocutore. Il risultato è semplice: tornare a parlare di Via della seta. L’accordo che il governo Meloni ha interrotto alla prima occasione utile e che era stato firmato da Giuseppe Conte alla presenza del «Mattarella I». La Cina non ha mai digerito la scelta, e cerca ora di lisciare la seta dei commerci e degli scambi tecnologici dopo aver compreso che gli accordi sulle infrastrutture sono preclusi. Preclusi da chiare richieste americane e soprattutto dalle nuove relazioni tra governo e finanza Usa. Un nome su tutti: Blackrock. Non a caso Xi ha aggiunto una postilla non da poco: «Vogliamo rafforzare il partenariato strategico globale e promuovere le relazioni bilaterali per entrare in una nuova fase di sviluppo». Senza «tentazioni di anacronistici ritorni a un mondo di blocchi contrapposti», ha chiosato il presidente italiano. E le «differenze» di pensiero che pur sono tante non devono essere «ostative al confronto», sintetizza l’Ansa. La realtà è che il partenariato su temi tecnologici con il ritorno di Trump alla Casa Bianca è bollente tanto quanto poteva essere il tema delle infrastrutture con l’amministrazione Biden. Eppure l’amicizia di un enorme pezzo del mondo cattolico italiano con la Cina non ci deve certo stupire. Cominciamo dal costante lavorio di Sant’Egidio, che da anni sostiene e tira la volata al Vaticano disposto a chiudere l’accordo definitivo sulla nomina dei vescovi in Cina pur di sbarcare nel subcontinente asiatico. Non stupisce che in questi giorni a Pechino si sia affacciato anche Pier Ferdinando Casini che posta sul suo account Instagram foto con tanto di manine festanti e che soltanto il 10 ottobre aveva incontrato l’ambasciatore Jia Guide in qualità di presidente onorario dell’Unione interparlamentare. Per cui l’ideologia conta e non poco. E spesso distrae dalle questioni tecniche. Giovedì il ministero dell’Università ha presentato un protocollo in collaborazione del comparto della sicurezza nazionale mirato a contrastare l’influenza di agenti stranieri dentro le nostre università. Chi ha partecipato alla conferenza ha precisato non trattarsi di un tema anti cinese. Una chiara excusatio non petita. Il circuito delle strutture Confucio è da tempo attenzionato. E non a caso ieri mattina, mentre presentava le attività del comitato del golden power, il sottosegretario Alfredo Mantovano ha infilato un prezioso inciso sulle attività anti infiltrazione nelle strutture universitarie e di ricerca. Il sito Formiche ieri ricordava che l’allusione è potenzialmente riferita a rapporti post Covid tra Bgi, colosso cinese, e il Consiglio nazionale delle Ricerche. Ipotesi? Il fatto è che i temi sono numerosi e gli accordi Italia-Cina ancor di più. Con l’era Trump c’è da scommettere che le intelligence porranno molta più attenzione al transfer tecnologico e alla cessione di dati. Saranno consentite le strette di mano e l’amicizia, ma disinteressata.
Donald Trump (Getty Images)
Andrea Crisanti (Imagoeconomica)