2020-11-28
Violenti in casa, stalker in Procura. I peccati nascosti delle toghe italiane
Stefano Zurlo scava nel calderone dei procedimenti disciplinari contro i giudici. Lo spaccato che emerge non svela solo ritardi e favori, ma anche botte alle mogli e ossessioni amorose sul lavoro. Spesso senza conseguenze.Aveva alzato le mani almeno una volta e la moglie si era ritrovata con un ematoma al naso. Un episodio gravissimo, ancora di più perché commesso da un giudice. Un magistrato chiamato a sua volta a giudicare i comportamenti del prossimo e a punire anche la più microscopica violazione della legge. Ma non sempre le cose vanno come dovrebbero andare, almeno per il tribunale dell'opinione pubblica, e qualche volta azioni che costerebbero caro a un comune cittadino passano senza conseguenze quando il protagonista è una toga. […] E poi, fra una querela tolta e una mai presentata, c'è sempre un modo impeccabile di salvare la legge e pure il marito borderline. Molto borderline. Anche maneggiando il metro della sensibilità contemporanea che non tollera la minima mancanza di rispetto alla propria partner e ha iniziato una sacrosanta crociata per difendere i diritti delle donne. Le donne. Ma non lei, la moglie di Giovanni Domodossola.Il capo d'incolpazione racconta una storia davvero cupa: «Dal 1995 al febbraio 2007 teneva fuori dall'ufficio condotte tali da renderlo immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere un magistrato». […] Il tribunale delle toghe, chiamato dunque a pronunciarsi sugli eccessi di una persona che avrebbe dovuto incarnare la legge e apparire lontanissimo dal più piccolo sospetto di scorrettezza, nota anzitutto che l'azione penale si è fermata a suo tempo. Il motivo? Non si procedeva per i reati di percosse, lesioni volontarie e ingiuria per due ragioni: in parte «per mancanza di querela» e per il resto «per la remissione della stessa». […]Le violenze non sono un teorema ma un dato di fatto. Circostanza gravissima per un magistrato che non viene giudicato per gli eventuali reati, per i quali in un modo o nell'altro è stato assolto, ma per le mancanze sul piano delicatissimo della deontologia. Chiunque si aspetterebbe il pugno di ferro, ma il metro è assai più elastico. Anzi, considerazione dopo considerazione, l'accusa viene smontata. «Tutte le violenze, a quanto consta dagli atti, furono consumate all'interno della convivenza, dunque senza effetti sul piano sociale e della credibilità del magistrato.» […] Dice proprio così la Disciplinare: «Il preteso insulto che nella prospettazione dell'incolpazione il magistrato avrebbe più volte rivolto alla moglie, di essere cioè essa prodiga e dedita a spese voluttuarie, con tutta evidenza fa parte della miseria di un rapporto ormai consunto, costituisce un giudizio sicuramente legittimo, ancorché opinabile quando emesso da un coniuge nei confronti dell'altro all'interno di un contrasto sulla conduzione economica della famiglia». Tutto normale, o quasi. Anche se c'è stata la denuncia, anche se ci sono state le vessazioni, anche se c'è stato quel naso malridotto. La Disciplinare va avanti imperterrita per la sua strada: «Sembra dunque al collegio, al di là della remissione della querela sul punto, che un alterco fra coniugi, per quanto sgradevole, non possa integrare l'illecito contestato». Tutti i salmi finiscono in gloria. Pure questo. La contestazione che all'inizio sembrava granitica e insuperabile si è sbriciolata nelle mani dei giudici che l'hanno derubricata a lite ordinaria fra coniugi. L'illecito non c'è più. C'è un alterco, un momento di tensione, qualche scintilla, come capita in tutti i rapporti. Tutto qua. […] Il 14 maggio 2010 Giovanni Domodossola viene assolto. ***Un corteggiamento sfrontato e invasivo. Con irruzioni continue nell'ufficio e nella vita della collega, come lui pubblico ministero in una Procura del Nordovest. Per descrivere una situazione intollerabile, la Disciplinare ricorre a una coppia di verbi che si sposano perfettamente: assillare e molestare. «Il sostituto procuratore», si legge nel capo d'incolpazione, «molestava la dottoressa, in servizio presso il medesimo ufficio in qualità di sostituto procuratore, assillandola con continue telefonate anche sui numeri personali (sollecitando, dopo che questa era stata costretta a cambiare numero, a comunicargli il nuovo numero), messaggi telefonici, richieste di incontri e ciò nonostante il netto rifiuto opposto dalla dottoressa alla trasformazione del rapporto professionale in rapporto sentimentale, tanto che la dottoressa era costretta a ricordare al collega di essere già impegnata e di avere due figli». È fin troppo facile immaginare prima l'imbarazzo e poi lo sgomento e la rabbia di Francesca Rallo davanti alle avances irrefrenabili di Giulio Aureli. […] È evidente che un pressing del genere, sordo alle lamentele di lei, finisca con il travolgere gli equilibri dell'intera Procura, mettendo a repentaglio i rapporti personali e l'armonia dentro il gruppo. Un team che dovrebbe marciare compatto come una falange contro il crimine, condividendo spunti, intuizioni, carte e ragionamenti. […] Giulio cambia registro e si fa minaccioso: con una missiva «segnalava alla collega la situazione di incompatibilità in cui la stessa si sarebbe trovata a causa dell'esercizio della professione forense da parte di un suo familiare, e cioè la sorella, avvocato Angela». [...] No, non si può andare avanti in questo modo; e il procuratore della Repubblica e il procuratore generale finalmente intervengono a tenaglia, chiedendo spiegazioni al magistrato che non sa stare al suo posto. Lui, per nulla intimorito da quel primo intervento dell'autorità, replica a muso duro sfidando i vertici della magistratura di quella regione: il 29 luglio 2009 fa partire una nota a sua firma, recapitandola a numerosi indirizzi pesanti. Il documento è l'ennesima segnalazione della presunta incompatibilità nel ruolo di Francesca e il giustiziere della porta accanto esige l'attenzione pedante alle forme: pretende che l'incartamento sia protocollato dal Csm, cui pure è inviato, in busta chiusa. […] Il procuratore generale passa all'attacco proponendo alla Disciplinare il trasferimento provvisorio. Ma Giulio non si dà per vinto e contesta la decisione: è la scintilla che mette in moto il nuovo round del procedimento. Giulio vorrebbe rientrare nella sua città, ma la Disciplinare non ha alcuna intenzione di tornare sui suoi passi. Anzi, ci sarebbe la possibilità di sospendere il magistrato dal lavoro, ma il caso non sembra ai giudici delle toghe tanto grave da far scattare uno stop così invasivo. Il 26 aprile 2010 arriva le decisione: la situazione viene congelata in attesa del processo. Lui rimane con la toga sulle spalle, anche se l'ha disonorata. E nell'opinione pubblica, che ha seguito la storia sulla stampa, serpeggiano sentimenti di inquietudine e disagio e non ci si capacita di come un personaggio del genere possa ancora parlare a nome dello Stato in aula. Il finale, naturalmente, è ancora tutto da scrivere.
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