2022-04-07
Vietnam in Aula sulla delega fiscale. Il governo rifiuta i vincoli sulle tasse
Respinta la richiesta del centrodestra di sottoporre i decreti delegati di Palazzo Chigi al parere vincolante delle commissioni. La Lega strappa: «Non ci sono le condizioni per approvare la riforma».È rottura sulla delega fiscale. Se già la devastante scelta sul catasto, nelle scorse settimane, aveva aperto una faglia profondissima nella maggioranza, adesso altre due questioni hanno certificato una spaccatura che ormai non pare più sanabile dal punto di vista della Lega. La lacerazione sulla materia fiscale («La più politica di tutte e pensare di poter approvare una legge delega senza affrontarne i nodi politici profondi sarebbe stato illusorio», come sottolinea il sottosegretario Federico Freni) è ormai un dato di fatto incontestabile. Ieri in commissione è iniziata la votazione dei 440 articoli uno per uno. Per i deputati della Lega Massimo Bitonci e Alberto Gusmeroli, «nonostante la buona volontà messa in campo dal centrodestra non ci sono le condizioni, al momento, per approvare la delega» e «chi cercherà forzature senza accordo di maggioranza si prenderà la responsabilità di mettere in difficoltà il governo». Ma a forzare potrebbe essere proprio Mario Draghi, che ha detto che sta «valutando tutte le possibilità» sul fisco, cioè se porre o meno la questione di fiducia. Sarebbe una scelta gravissima su una legge delega, cioè una legge in cui è il Parlamento a dover indicare al governo i binari da seguire, non viceversaSi tratta senza dubbio della divaricazione più grave avvenuta in un anno abbondante di governo: sia per la rilevanza delle questioni in gioco sia per l’ostinata indisponibilità delle componenti di centrosinistra (e dello stesso vertice del governo, inutile girarci intorno) a cercare un’intesa con la Lega e il resto del centrodestra. Ieri la linea del Carroccio è stata messa a punto in un vertice di partito (presenti tra gli altri il segretario Matteo Salvini, i capigruppo parlamentari Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, il responsabile economico Alberto Bagnai, gli altri esperti in materia fiscale Massimo Bitonci e Alberto Gusmeroli, il sottosegretario Federico Freni). La prima richiesta è stata formalizzata alla Camera attraverso un emendamento condiviso dalla Lega con il resto del centrodestra (prime firme: Molinari per la Lega, Giorgia Meloni per Fdi, Paolo Barelli per Fi, più Maurizio Lupi e Marco Marin in rappresentanza di Coraggio Italia e Noi con l’Italia): vista la pericolosa genericità della delega fiscale, il centrodestra chiede che, quando il governo avrà varato i decreti delegati, le commissioni Finanze di Camera e Senato non siano chiamate a esprimere solo un parere obbligatorio (cioè un parere che va necessariamente espresso, ma che poi il governo non è tenuto a rispettare), bensì un parere vincolante, e cioè un parere che costringa il governo a uniformarsi davvero alle osservazioni del Parlamento.Non si tratta di una questione tecnica. Una legge delega (come la delega fiscale, per l’appunto) è una legge attraverso cui il Parlamento indica al governo alcuni principi e criteri direttivi a cui l’esecutivo dovrebbe uniformarsi nella successiva decretazione. Ma, una volta che il governo abbia varato questi decreti (detti legislativi o delegati), il Parlamento, di solito, può solo esprimere un parere obbligatorio. Una specie di opinione aggirabile dall’esecutivo: Lega e centrodestra chiedono invece di rafforzare lo scrutinio parlamentare ex post. La notizia è che il governo, attraverso il ministro grillino per i rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, ha detto seccamente no nei contatti informali con i partiti. La seconda richiesta è stata invece formalizzata attraverso emendamenti specifici della Lega: mantenere le cedolari esistenti sia sui titoli di Stato sia sulle locazioni, evitando potenziali incrementi di tassazione. Anche qui il partito di Salvini non ha ottenuto alcuna garanzia. Peggio ancora: nelle riunioni di maggioranza, ad autorevoli esponenti del centrosinistra è sfuggita la terrificante frase secondo cui «se le tasse scendono da qualche parte, da qualche altra parte devono salire». Morale: la Lega non ritira i suoi emendamenti, e il resto della maggioranza minaccia di andare in Aula facendo di fatto valere in commissione i numeri dello schieramento giallorosso, lacerando la coalizione, o addirittura di spedire il provvedimento in Aula senza il mandato al relatore.Ieri la solita sottosegretaria al Mef Maria Cecilia Guerra, la stessa che aveva a suo tempo incendiato il confronto sul catasto, ha chiuso su tutta la linea, descrivendo le riformulazioni elaborate dal ministero come intoccabili. Le ha risposto per la Lega AGusmeroli, che ha definito «dirimente» il «via libera al parere vincolante per le commissioni e al fatto che non ci siano aumenti di tasse su casa, titoli di Stato e locazioni». Da segnalare in giornata un certo coordinamento politico tra Lega e Fi: gli esponenti leghisti si sono incontrati con il capogruppo azzurro a Montecitorio Barelli, ottenendo intesa piena sul tema del parere vincolante e una convergenza di fondo anche sugli altri punti. Ma il problema è la determinazione del resto della maggioranza a rendere possibili interventi fiscali peggiorativi ai danni dei contribuenti. A un anno dal voto, e in mesi di incertezza economica, si tratta di autentiche bombe politiche ed economiche. Lo scontro appare dunque inevitabile.