Svelato dalla «Verità» e registrato il 18 dicembre 2014, mostra il «complotto» ai danni dei vertici Eni. Tenuto 4 anni dalla Procura di Roma, vi si citava il fratello di Giuseppe Pignatone.A svelarne l'esistenza eravamo stati noi della Verità. Adesso il video, quello del 18 dicembre 2014, registrato negli uffici della Sti dell'imprenditore Ezio Bigotti con protagonisti lo stesso Bigotti, l'ex factotum di Matteo Renzi, Andrea Bacci, Giancarlo Cecchi (amico di Bacci) e del faccendiere Piero Amara è finalmente arrivato a Milano ed è stato messo a disposizione delle difese degli imputati dei vari processi a carico dell'Eni. Come è noto, già per il mancato deposito alle difese del primo video, quello del 28 luglio 2014, risultano indagati a Brescia il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e il sostituto Sergio Spadaro dopo che i giudici avevano scritto che «risulta incomprensibile la scelta del pubblico ministero di non depositare il video con il rischio di eliminare dal processo un dato di estrema rilevanza». Si nutrono forti aspettative quindi anche su questo ulteriore filmato pur se, in questo secondo caso, la responsabilità della ritardata consegna è della Procura di Roma che non lo ha trasmesso forse perché è citato l'avvocato Roberto Pignatone, che risultava consulente di Amara e Bigotti, mentre il fratello, il Procuratore di Roma, Giuseppe, si occupava delle indagini che li riguardavano. Ciò è potuto accadere perché gli inquirenti della Capitale, ricevuto il video dalla Procura di Torino di entrambe le registrazioni, hanno inserito quella del 18 dicembre 2014 in un fascicolo «atti non costituenti notizia di reato» assegnato da Pignatone a Paolo Ielo, il quale lo ha successivamente consegnato a Mario Palazzi che lo ha archiviato a fine 2020 senza passare dal gip, mentre il video del 28 luglio 2014, dove non si parlava di Pignatone, è stato tempestivamente trasmesso a Milano. Detto ritardo, misurabile in almeno quattro anni, ha quindi impedito alle difese degli imputati del processo Eni Nigeria di utilizzare il video del 18 dicembre 2014 nel giudizio di primo grado sebbene in esso pure si parli di Eni, del cittadino nigeriano chiamato KK, molte volte menzionato anche nell'incontro del 28 luglio, dell'ex ad della multinazionale Paolo Scaroni, imputato (assolto) nel processo milanese, della gestione dei servizi in Eni-Congo, di una gara che vale 20 milioni di euro e di una operazione, sempre riferita a Eni-Congo da 250 milioni di euro all'anno. Nei procedimenti romani non si trova una trascrizione completa di questo video del 18 dicembre 2014, ma tre diverse versioni parziali, una dei carabinieri di Torino, una del Gico della Guardia di finanza di Roma e una «non ufficiale», sempre con il logo del Gico, ma senza l'indicazione del pubblico ufficiale che l'ha redatta né il luogo o la data della stesura. Resta da comprendere, in ogni caso, le ragioni giuridiche che hanno determinato la Procura di Roma a non trasmettere gli atti relativi alla conversazione del 18 dicembre 2014 alla Procura di Milano per il tempestivo deposito agli imputati del processo Eni/Nigeria.In ogni caso la difesa dell'Eni, ottenuto finalmente il video con una richiesta fatta direttamente alla Procura di Roma il 28 luglio 2021 dopo gli articoli della Verità che ne svelavano l'esistenza, è riuscita a presentare le proprie memorie difensive quantomeno nel cosiddetto fascicolo sul «complotto» ai danni dei vertici dell'Eni, assegnato a procuratore aggiunto Laura Pedio. L'Eni ha fatto notare alla Pedio come il video fornisca la prova certa che Amara agisse nel cosiddetto «complotto» nell'interesse proprio e per conto dei suoi referenti in Eni che erano «altri e diversi da Descalzi (Claudio, ad di Eni, ndr)», come il bersaglio delle iniziative di Amara fosse il dirigente Eni Umberto Vergine indicato come il capo dei complottisti prima in un esposto depositato a Trani e poi a Siracusa, di come Amara avesse un interesse economico proprio nell'operazione di intermediazione della partecipazione di Eni in Naoc anche per l'imprenditore nigeriano Kola Karim - che in conversanti chiamano KK - descritta nella conversazione del 28 luglio 2014, che Amara prospettasse a Bacci la rimozione di Vergine dall'Eni perché «nemico giurato» dei suoi referenti individuati in Antonio Vella e Massimo Mantovani, e che, per ammissione dello stesso Amara, che il faccendiere avesse una quota in due importanti operazioni, una delle quali con Karim.Il predetto video del 18 dicembre assume per Eni «un valore certo e definitivo delle falsità propalata da Amara e Armanna» in relazione ai contenuti del filmato del 28 luglio 2014 tanto che, secondo la compagnia petrolifera, il video nascosto dalla Procura di Roma per tanti anni «confeziona in solo 60 secondi di cruda e spietata realtà, mandanti, moventi e attori delle macchinazioni ai danni di Eni e di alcuni suoi manager e anche consiglieri di amministrazione».
Il Tempio di Esculapio, all’interno del parco di Villa Borghese (IStock)
La capitale in versione insolita: in giro dal ghetto ebraico a Villa Borghese, tra tramonti, osterie e nuovi indirizzi.
John Lennon e la cover del libro di Daniel Rachel (Getty Images)
Un saggio riscrive la storia della musica: Lennon si ritraeva come il Führer e Clapton amava il superconservatore Powell.
L’ultimo è stato Fedez: dichiarando di preferire Mario Adinolfi ad Alessandro Zan e scaricando il mondo progressista che ne aveva fatto un opinion leader laburista, il rapper milanese ha dimostrato per l’ennesima volta quanto sia avventata la fiducia politica riposta in un artista. Una considerazione che vale anche retrospettivamente. Certo, la narrazione sul rock come palestra delle lotte per i diritti è consolidata. Non di meno, nasconde zone d’ombra interessanti.
Gianrico Carofiglio (Ansa)
Magistrato, politico in quota Pd per un breve periodo e romanziere. Si fa predicatore del «potere della gentilezza» a colpi di karate. Dai banchi del liceo insieme con Michele Emiliano, l’ex pm barese si è intrufolato nella cricca degli intellò scopiazzando Sciascia.
(IStock)
Pure la Francia fustiga l’ostinazione green di Bruxelles: il ministro Barbut, al Consiglio europeo sull’ambiente, ha detto che il taglio delle emissioni in Ue «non porta nulla». In Uk sono alle prese con le ambulanze «alla spina»: costate un salasso, sono inefficienti.
Con la Cop 30 in partenza domani in Brasile, pare che alcuni Paesi europei si stiano svegliando dall’illusione green, realizzando che l’ambizioso taglio delle emissioni in Europa non avrà alcun impatto rilevante sullo stato di salute del pianeta visto che il resto del mondo continua a inquinare. Ciò emerge dalle oltre 24 ore di trattative a Bruxelles per accordarsi sui target dell’Ue per il clima, con alcune dichiarazioni che parlano chiaro.







