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Via alla commissione sugli affidi illeciti. «Giustizia per i bimbi rubati ai genitori»

Via alla commissione sugli affidi illeciti. «Giustizia per i bimbi rubati ai genitori»
Laura Cavandoli (Ansa)
  • Costituito l'organo parlamentare di indagine sulle case famiglia a 10 mesi dalla sua creazione. Farà luce su Bibbiano e non solo.
  • La legge infliggerà alle imprese raffiche di corsi arcobaleno: è il «business inclusivo».

Lo speciale contiene due articoli.

Se ne parlava da mesi ed ora, finalmente, è realtà. Si è costituita la commissione parlamentare d'inchiesta sugli affidi illeciti e le case famiglia, i cui lavori, nella prima seduta tenutasi ieri mattina a palazzo San Macuto, hanno preso avvio con l'elezione delle cariche, a partire dalla presidenza, assegnata alla deputata leghista Laura Cavandoli, alla quale sono andati 24 voti. La deputata Iv Lisa Noja e la senatrice M5s Barbara Guidolin - elette rispettivamente con 16 ed 8 voti - sono invece state designate vicepresidenti della commissione, che avrà come segretari il deputato forzista Alessandro Battilocchio e la senatrice dem Paola Boldrini.

Riunitosi a dieci mesi dalla sua istituzione per legge, questo organo avrà il compito di far luce sui fatti già oggetto dell'inchiesta Angeli e Demoni, relativa ai bambini strappati ai genitori in Val d'Enza. Uno scandalo da cui La Verità non ha mai distolto l'attenzione e in conseguenza del quale, giova ricordarlo, si sta celebrando un processo che la settimana scorsa, nell'aula del tribunale a Reggio Emilia, ha visto lo psicoterapeuta Claudio Foti rompere il silenzio, rispondendo alle domande per tre ore ed offrendo la sua versione su quanto accaduto a Bibbiano.

Il neocostituito organo parlamentare, già definito da Carlo Ioppoli, presidente dell'Associazione nazionale familiaristi italiani, «una vittoria dello Stato italiano, per far luce e restituire verità, proteggere i bambini e le loro rispettive famiglie», non è però solo una risposta ai fatti di Bibbiano. Anche in Piemonte, come denunciato da Giorgia Meloni a seguito di una indagine effettuata da Fdi, è emerso come addirittura il 70-80% dei bambini oggetto dei provvedimenti non avrebbe dovuto essere allontanato. Non solo. Pur in assenza di scandali noti, dal novembre 2019 è attiva anche in Trentino una commissione speciale di indagine in materia di affidamento di minori, presieduta dalla consigliera leghista Mara Dalzocchio.

Insomma, l'avvio dei lavori della commissione parlamentare arriva dopo che tanto, a livello regionale - giudiziario e non solo - è stato fatto. L'organo avrà tuttavia un ruolo fondamentale, anche se, a ben vedere, il suo insediamento non è purtroppo avvenuto all'insegna dell'auspicabile concordia tra le forze politiche. L'assegnazione della presidenza all'onorevole Cavandoli è stata infatti accolta con favore, come comprensibile, dal mondo leghista; di «un'ottima guida» ha parlato Matteo Rancan, capogruppo della Lega in Regione Emilia-Romagna, e una nota di chiaro apprezzamento è arrivata anche dal leader, Matteo Salvini, secondo cui, grazie a questa «mamma e parlamentare della Lega, eletta presidente della commissione di inchiesta sulle case famiglia», pur riconoscendo «il buon lavoro delle tante comunità che svolgono davvero un servizio positivo», si potrà «rendere giustizia alle migliaia di bambini, mamme e papà che sono stati ingiustamente allontanati in passato».

C'è però anche chi, in queste prime battute dei lavori del neocostituito organo, è rimasto a bocca asciutta. Si tratta del partito della Meloni, che per mesi aveva fatto pressioni affinché la commissione partisse. In particolare, a lamentare un'ingiusta esclusione dalle cariche interne all'organo è stata Maria Teresa Bellucci, deputata e capogruppo per Fratelli d'Italia in commissione Affari sociali e bicamerale Infanzia e adolescenza, che con una nota di rammarico ha sottolineato come all'opposizione parlamentare non sia «stata riconosciuta né la presidenza della commissione, né tanto meno in alternativa una delle due vicepresidenze». Cariche, specie quest'ultime, «che da sempre spettano all'opposizione così da garantire un assetto pienamente democratico», ha segnalato la Bellucci. «Non mancheremo, comunque, di far sentire la nostra voce su quelle che sono le battaglie in difesa dei minori e del loro supremo interesse», ha concluso l'onorevole di Fdi il cui impegno su tali versanti è notorio.

In effetti, la sensazione è che nella costituzione della commissione d'inchiesta a prevalere siano state logiche eminentemente spartitorie, più che rappresentative sia dell'arco parlamentare sia, come già detto, di chi si è finora speso per far luce sugli affidi illeciti e sulle case famiglia. Non resta allora che augurarsi che questa partenza non esattamente armoniosa dell'organo non ne pregiudichi i futuri lavori, dato che i fatti gravissimi di cui sono stati vittime i minori ingiustamente allontanati dalle loro famiglie dovranno essere approfonditi con la massima attenzione.


Il ddl Zan fa ricchi i formatori Lgbt. A spese di aziende e partite iva

Più si analizza nel dettaglio il ddl Zan e più insidie nascoste emergono. Ce n'è per tutti, anche per le tanto bistrattate «partite Iva», ovvero i lavoratori autonomi del mondo dell'impresa, delle professioni, dell'artigianato, del commercio, e via elencando.

L'articolo 8 dell'ormai famigerato disegno di legge, infatti, prevede espressamente che l'ente governativo denominato Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, noto come Unar, elabori «con cadenza triennale una strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni per motivi legati all'orientamento sessuale e all'identità di genere». Continua l'articolo: «La strategia reca la definizione degli obiettivi e l'individuazione di misure relative all'educazione e all'istruzione, al lavoro, alla sicurezza, anche con riferimento alla situazione carceraria, alla comunicazione e ai media».

Per capire di cosa si tratti in concreto, basta considerare che nel 2013 lo stesso Unar già elaborò una «Strategia nazionale» (che fortunatamente allora riuscimmo a fermare), proprio nei quattro ambiti indicati dal ddl Zan, che vennero definiti «assi»: (I) Educazione e istruzione, (II) Lavoro, (III) Sicurezza e carcere, (IV) Comunicazione e media.

Vediamo, quindi, che cosa prevede proprio il secondo asse di quella Strategia cui il ddl Zan vorrebbe dare valore legale tramite l'articolo 8, ossia quello del lavoro privato costituito dai piccoli, medi e grandi imprenditori, dai professionisti, dagli artigiani, dai commercianti e dalle partite Iva in generale.

Il documento dell'Unar pone l'accento sull'«importanza delle pratiche di diversity management», che «favorisce l'attivazione dei talenti e incrementa la produttività aziendale», e sul cosiddetto «business inclusivo», concetto noto a pochi privilegiati. Seguono corsi di informazione per «sensibilizzare i datori di lavoro, le figure dirigenziali, i lavoratori e le lavoratrici, le associazioni di categoria sulle tematiche Lgbt», nonché la «creazione di network Lgbt all'interno delle aziende e istituzione a livello di alta dirigenza del ruolo di mentore Lgbt», di «appositi fondi strutturali europei», di «benefit specifici per le persone Lgbt, anche in relazione alle famiglie omogenitoriali», nonché «la certificazione delle aziende gay friendly e l'istituzione del primo indice italiano (Equality index) che misuri l'uguaglianza-inclusione come rispetto delle persone Lgbt nelle imprese operanti in Italia».

Non poteva mancare, poi, la solita opera rieducatrice. E allora ecco corsi «di sensibilizzazione e formazione per i dipendenti e per tutti i livelli di management, che aiutano a costruire programmi di mentoring e a migliorare i propri percorsi professionali», «iniziative specifiche di formazione professionale per transessuali e transgender», «pubblicazioni informative rivolte ai datori di lavoro». Né potevano mancare, ovviamente, le agevolazioni. E allora ecco le «borse lavoro, voucher o carte di credito di formazione per persone Lgbt», le «azioni positive per imprenditoria giovanile Lgbt», e la «promozione dell'accesso al credito agevolato e alla formazione per imprese cooperative per i giovani gay delle Regioni del Sud». Poiché non appare chiaro come possa accertarsi il requisito di omosessualità e transessualità richiesto per le agevolazioni ed i sussidi, è facile presumere una formidabile impennata di giovani gay nel Mezzogiorno del nostro Paese.

Si capisce molto bene, comunque, come dietro questa «strategia» si nasconda in maniera neanche troppo velata il business dei consulenti aziendali, dei formatori professionali, dei certificatori, di tutta quella pletora di soggetti disposti, previo profumato compenso, a spiegare come imprenditori e professionisti dovranno mettersi in regola con le disposizioni dettate dall'Unar. Un po' quello che è successo in passato con la cosiddetta «legge 626» (in realtà era il decreto legislativo n. 626/94) sulla sicurezza sul lavoro, o con la normativa sulla «privacy».

Ma davvero, imprenditori, professionisti, artigiani, commercianti, e lavoratori autonomi di vario tipo non hanno nulla da dire su quest'ulteriore fardello burocratico che verrebbe loro addossato nel caso passasse definitivamente al Senato il ddl Zan? Resta comunque sempre più chiaro il vero obiettivo di questa proposta di legge, che non ha nulla a che vedere con la tutela penale di omosessuali e transessuali. Tre sono le vere ragioni di Alessandro Zan: indottrinare non solo la scuola ma l'intera società; imbavagliare chi osa dissentire rispetto al pensiero unico gay friendly; mettere in piedi un business milionario. Tre ottime ragioni per dire no a questo sciagurato e liberticida disegno di legge.

Telecamere ovunque per spiare i cittadini
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Dopo il fallimento su migranti e sicurezza, i laburisti aumentano la vigilanza nel Regno Unito chiedendo di scannerizzare i volti dei britannici. Ma così si imita solamente il modello cinese, che sorveglia tutto e non lascia alcuna libertà (e privacy) alle persone.

La proposta viene dalla sinistra inglese. Da quella parte politica che ha maggiormente aperto le porte del Regno Unito all’immigrazione incontrollata e che, in occasione delle rivolte contro i richiedenti asilo ospitati a Epping (uno dei quali aveva violentato una bambina), si è schierata al fianco di questi ultimi e contro i cittadini britannici che chiedevano più sicurezza. Che ormai non c’è, come dimostrano le numerose aggressioni e gli omicidi, spesso di giovani donne, degli ultimi tempi, dovuti anche a centinaia di migliaia di migranti di cui si sono perse le tracce. Scomparsi nel nulla. Fantasmi.

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Francia e Germania litigano sul loro programma: così Parigi potrebbe rimanere da sola.

Il ministro della Difesa Guido Crosetto, in audizione davanti alle commissioni Difesa di Camera e Senato, ha toccato l’argomento Gcap (Global combat air programme), ovvero il sistema d’arma aereo di prossima generazione sul quale lavorano e lavoreranno decine aziende italiane coordinate da Leonardo, altrettante realtà inglesi sotto Bae System e un gruppo di aziende giapponesi tra le quali Mitsubishi e Ihi. Crosetto ha spiegato: «Il Gcap non è un aereo, è una piattaforma tecnologica […]. Sono tecnologie che noi non abbiamo e che siamo arrivati ad avere in condivisione quasi totale. Si sta aprendo un rapporto molto forte con il Giappone e ci serve molto dal punto di vista della crescita industriale».

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Crosetto: «Rivoluzione nella difesa nel 2026»
Guido Crosetto (Ansa)
Il ministro annuncia una «riorganizzazione totale» che comprende «uomini e strumenti giuridici». La realtà di oggi, spiega, esige velocità. E spinge per riaffidare Strade sicure alla polizia: «I soldati servono altrove». Ma su questo rischia una frattura con la Lega.

Tutto il resto è naja: il tema della leva volontaria in Italia, lanciato alcuni giorni fa in Francia dal ministro della Difesa Guido Crosetto, è al centro della audizione di ieri dello stesso Crosetto alle commissioni Difesa congiunte di Senato e Camera. «Sulla leva», spiega Crosetto, «almeno abbiamo innescato un dibattito: c’è la necessità di aumentare le forze armate e la loro qualità utilizzando anche competenze che si trovano sul libero mercato e non tra i militari. C’è bisogno di una riserva selezionata, servono meccanismi per attirare persone, incentivi economici. Sono temi che a gennaio-febbraio vorrei porre al parlamento». I primi mesi dell’anno vedranno Crosetto proporre una riforma complessiva delle Forze armate: «Voglio portare in parlamento», precisa il ministro, «il tema della riorganizzazione totale della Difesa: significa costruire una Difesa dal punto di vista degli uomini, degli strumenti normativi e giuridici a 360 gradi per affrontare le sfide del futuro. C’è bisogno di una Difesa in grado di cambiare, se serve, perché in un mondo fluido dobbiamo essere pronti ad avere una Difesa che può adeguarsi con una velocità che non c’era richiesta fino a qualche anno fa». In serata Crosetto interviene anche sulla polemica scatenata dalle frasi dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone sui possibili attacchi preventivi della Nato sul fronte cyber: «È stata rilanciata dalla Russia per alimentare il racconto che l’Occidente volesse attaccarla», afferma in un programma Rai. «È parte della guerra ibrida».

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L’oro di Bankitalia è dello Stato come è scritto nei trattati europei
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La Bce non boccia l’emendamento di Fdi, ma conferma il parere dato nel 2019: ciò che conta è che Palazzo Koch controlli le riserve.

«Le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d’Italia appartengono allo Stato in nome del popolo italiano» è il testo della proposta di emendamento alla legge di bilancio 2026 formulata dal capogruppo senatore di Fdi Lucio Malan. E secondo molti media nostrani la Banca Centrale Europea avrebbe bocciato questa proposta. Falso. E spieghiamo perché.

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