2025-09-04
Macron chiede aiuto ai socialisti per evitare il voto se cade il governo
Il ministro dell’Economia Eric Lombard archivia la sua linea del rigore: con le dimissioni del premier François Bayrou «inevitabile fare concessioni» alla gauche. Ma il presidente ora teme la manifestazione del 10 settembre.Oggi riunione dei «volonterosi» a Parigi. Giorgia Meloni e Friederich Merz, perplessi sull’invio di truppe, si collegheranno solo da remoto come Donald Trump. A cui Volodymyr Zelensky proporrà nuove sanzioni.Lo speciale contiene due articoliCome se non bastasse la crisi di governo, che giorno dopo giorno diventa sempre più probabile, la Francia si appresta ad affrontare anche una nuova grande stagione di protesta popolare. La caduta dell’esecutivo guidato da François Bayrou potrebbe verificarsi già l’8 settembre, quando i deputati saranno chiamati a votare la fiducia. La protesta invece scatterà il 10 settembre, data scelta da settimane da una nebulosa senza leader nata sui social, un po’ come era già accaduto con i gilet gialli sette anni fa. A differenza delle prime fasi della protesta scoppiata nel 2018, questa volta ci sono già segnali che lasciano immaginare a qualcosa di più violento. I media francesi ieri hanno ripreso quanto riferito all’agenzia France Presse da una fonte anonima dell’intelligence interna transalpina. Questa ha parlato di un movimento nato come qualcosa di «orizzontale nel quale ognuno fa ciò che vuole» ma che, in seguito, «ha cambiato orientamento» dato che è stato «ripreso dalla sinistra e dall’estrema sinistra». Gli uomini della sicurezza interna francese confermano che la portata della protesta sarà nazionale, perché sono stati registrati «incontri e assemblee generali dove le persone si vedono e si confrontano concretamente». Tali incontri sono «ovunque, nei paesi e non solo nelle grandi città». Ciò che potrebbe limitare i danni è la mancanza di unità visto che, per la fonte citata, ognuno«ha la sua idea» e «si muove in tutte le direzioni». Anche sulla partecipazione alle iniziative del 10 settembre ci sono delle incognite. Per ora si sa solo che c’è «un adesione sempre più importante alle riunioni» locali. Altre fonti dell’intelligence, citate da Cnews, temono addirittura sabotaggi e blocchi alle infrastrutture di trasporto. Indipendentemente da quante persone parteciperanno alle proteste di mercoledì prossimo, le autorità hanno già previsto di mettere in sicurezza Parigi. Poi però, ci sarà da sperare che il presidente francese Emmanuel Macron non se ne esca con delle spacconate come quando, nel 2018, nel bel mezzo dell’affaire legato ad Alexandre Benalla disse: «Il responsabile è qui davanti a voi. Che mi vengano a cercare!». Certo, il Macron che ieri, in consiglio dei ministri, ha richiesto una «mobilitazione totale» a sostegno di Bayrou, per «battersi fino all’ultimo», sembra un’altro uomo rispetto a quello delle sparate del 2018. Ma si sa, con l’attuale inquilino dell’Eliseo bisogna tenersi pronti alle sorprese.In ogni caso, più ci si avvicina al 10 settembre, più si addensano nuvoloni neri all’orizzonte di Macron. Ieri, ad esempio, si è appreso che la Confédération Paysanne, il terzo sindacato agricolo transalpino, parteciperà alla protesta. Invece il primo sindacato, la Fnsea, ha declinato l’invito. Ma se i sindacati agricoli sono divisi sulla partecipazione alle manifestazioni del 10 settembre, sono uniti nel contestare un invito arrivato, sempre ieri, da Bruxelles. La Commissione europea ha approvato l’accordo Ue-Mercosur e ha invitato i Paesi membri a fare altrettanto. Peccato che questa approvazione vada a rompere le uova nel paniere di Macron che, con gli agricoltori, non ha mai avuto un buon rapporto. Basti ricordare che, al Salone dell’Agricoltura 2024, aveva rischiato che alcuni espositori gli mettessero le mani addosso. Gli agricoltori transalpini non sono comunque gli unici a non apprezzare Macron. Il barometro della popolarità dei politici, pubblicato mensilmente da Le Figaro, ha rivelato ieri che il capo dello Stato è sostenuto solo dal 15% dei francesi. Giusto per intendersi, all’inizio del suo primo mandato, nel 2017, era partito dal 57%.Sarà anche per cercare di risalire la china che Macron ha iniziato a fare l’occhiolino alle sinistre. L’altroieri, come ha scritto La Verità, il capo dello Stato transalpino ha «ingiunto» ai leader della maggioranza «di lavorare con i socialisti» ed altri partiti tranne il Rassemblement national e l’estrema sinistra de La France Insoumise. Poi, ieri, il ministro dell’economia Eric Lombard ha lasciato cadere per un attimo la sua corazza di «rigore» e, parlando con il Financial Times, ha detto candidamente qualcosa che deve aver fatto cadere dalla sedia certi economisti. Lombard ha spiegato che, se l’8 settembre il governo Bayrou cadesse, sarebbe «inevitabile» il «fare concessioni» alla sinistra quando si discuterà la finanziaria e si dovrà decidere come ridurre il deficit. Evidentemente l’Eric Lombard che, pochi giorni fa, aveva detto che «sui 44 miliardi» di tagli «dovremo tenere» per timore di un intervento del Fondo monetario internazionale, doveva essere un’altra persona. Le due uscite ravvicinate, da Macron e Lombard, a favore della sinistra potrebbero lasciar pensare che nel dopo Bayrou l’inquilino dell’Eliseo tenterà di scongiurare un nuovo scioglimento dell’Assemblea nazionale (o le sue dimissioni) inchinandosi alle sinistre. Chissà come reagiranno i mercati.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/vertice-volenterosi-parigi-macron-trump-2673958705.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="francia-sempre-piu-isolata-su-kiev" data-post-id="2673958705" data-published-at="1756937733" data-use-pagination="False"> Francia sempre più isolata su Kiev Adesso la grande attesa è per la nuova riunione dei volenterosi che si terrà oggi, alla quale dovrebbe intervenire in video call anche il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.Secondo Axios, tuttavia, dopo la delusione che ha seguito il vertice in Alaska, il presidente degli Stati Uniti starebbe valutando la possibilità di ritirarsi dagli sforzi diplomatici finché una o entrambe le parti non dimostreranno quella che una fonte della Casa Bianca ha descritto come una maggiore flessibilità. Eppure, ieri ha annunciato che presto avrà un nuovo colloquio con il presidente russo Putin. «Parlerò con lui presto e poi saprete che cosa faremo». Ha anche spiegato che oggi parlerà con Zelensky, probabilmente a margine del vertice dei volenterosi.Ieri, in previsione del vertice, l’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, ha convocato una riunione online dei ministri della Difesa della coalizione dei volenterosi. «La Russia non ha intenzione di porre fine al conflitto e quindi dobbiamo affrontarne le conseguenze», ha detto Kallas che ci sta abituando a toni sempre più aspri. Così come ci ha abituato il presidente francese Emmanuel Macron che proprio ieri, dopo un incontro preparatorio con Zelensky all’Eliseo ha detto: «Gli europei sono pronti a fornire all’Ucraina garanzie di sicurezza». Un passo più lungo della gamba compiuto qualche giorno fa anche dal presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, per molti un «morto che cammina», soprattutto dopo la severa risposta del cancelliere tedesco Friedrich Merz: «L’Ue non è competente in materia», il commento tranchant del connazionale e collega di partito, che già aveva fatto intendere che la vorrebbe alla presidenza della Germania come successore di Frank-Walter Steinmeier.Lato italiano, Giorgia Meloni ha spiegato chiaramente più volte di osteggiare l’operazione militare insistendo invece su un trattato multilaterale di assistenza a Kiev mutuato dall’articolo 5 della Nato, una proposta italiana, l’unica che il leader del Cremlino Vladimir Putin sembra aver preso in considerazione. Meloni pur non apprezzando le intenzioni belligeranti dei volenterosi interverrà da remoto alla riunione di oggi per ribadire la posizione italiana, sempre più maggioritaria. Il vertice convocato da Macron e dal premier britannico Keir Starmer a Parigi è in programma alle 10.30 alla presenza di Zelensky. Dopo il summit, ha annunciato l'Eliseo, i partecipanti avranno un confronto telefonico con Trump con cui il presidente ucraino «spera di discutere nuove sanzioni». Lo ha detto proprio nel giorno in cui Putin lo ha invitato a Mosca, non una mossa distensiva. La sensazione è corretta perché poi ci ha pensato il ministro degli Esteri ucraino Andrij Sybiha a commentare la proposta del presidente russo di un incontro con Zelensky a Mosca: «Al momento, almeno sette Paesi sono pronti a ospitare un incontro tra i leader di Ucraina e Russia. Si tratta di proposte serie e il presidente Zelensky è pronto a un incontro del genere in qualsiasi momento. Eppure, Putin continua a prendere in giro tutti avanzando proposte consapevolmente inaccettabili», ha spiegato, aggiungendo che «solo una maggiore pressione può costringere la Russia a prendere finalmente sul serio il processo di pace».Restando sui volenterosi, l’Eliseo ha spiegato che l’obiettivo è «adottare misure per garantire che l’Ucraina abbia le necessarie garanzie di sicurezza a lungo termine», basandosi su tre linee: rafforzamento dell’esercito ucraino; il sostegno «anche attraverso lo schieramento in Ucraina» di una forza militare; il coinvolgimento degli Stati Uniti con funzione di backstop. Su queste basi il summit si svolge una volta «completato il lavoro tecnico svolto dai capi di Stato Maggiore e dai ministri della Difesa e ora che siamo pronti a fornire queste garanzie di sicurezza», secondo Parigi. Parigi parla per tutti, ma non tutti i volenterosi sono d’accordo sull’invio di truppe. Non lo è Meloni almeno tanto quanto non lo è Merz, di certo non un leader «isolato».
Benedetta Scuderi, Annalisa Corrado, Arturo Scotto e Marco Croatti (Ansa)
content.jwplatform.com
L’operazione «Carri di Gedeone 2» segna l’ingresso di Israele nella fase più delicata della guerra: la battaglia per Gaza City. L’esercito prevede un impiego massiccio di forze corazzate, fanteria e unità speciali, coordinate dall’intelligence sul terreno e da una potenza di fuoco senza precedenti. Ma la guerra urbana porta con sé rischi enormi. Gaza City è un dedalo di tunnel, edifici civili e postazioni mimetizzate che permettono a Hamas di colpire da vicino e confondersi tra la popolazione. Ne parliamo con il generale di Corpo d'Armata, Giorgio Battisti.