2025-08-23
Il vertice Putin-Zelensky assomiglia a un miraggio
Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky (Ansa)
Da Mosca filtrano le condizioni per fermare la guerra ma anche bordate contro il presidente ucraino «che finge di essere un leader». Donald Trump fa sapere: se la vedano loro. Intanto l’Ue sborsa altri 4 miliardi.Quando iniziò l’attacco russo all’Ucraina, si diceva che Sergej Lavrov non fosse un sostenitore convinto dell’«operazione speciale» di Vladimir Putin. Oggi, il ministro degli Esteri sembra il poliziotto cattivo del Cremlino. Nessun bilaterale tra lo zar e Volodymyr Zelensky, ha ammonito ieri, finché non sarà stata preparata un’agenda precisa. «E questa agenda», ha aggiunto, «non è affatto pronta». Il capo della diplomazia di Mosca ha espresso profondo scetticismo sulle intenzioni del presidente nemico: «Ha persino detto no alla cancellazione della legislazione che vieta la lingua russa. Come possiamo incontrarci con una persona che finge di essere un leader? Zelensky», ha lamentato Lavrov, «durante l’incontro a Washington, ha respinto tutte le proposte di Trump per la risoluzione della crisi ucraina, ritenute necessarie dagli Stati Uniti». Ma quali sono quelle che ritiene necessarie la Russia?Un’idea l’ha fornita ieri Reuters, che citando fonti vicine al Cremlino, ha illustrato le condizioni elencate da Putin all’omologo americano. La Federazione rinuncerebbe a reclamare la sovranità sull’intero Donbass, oltre a Kherson e Zaporizhzhia. Dunque, accetterebbe di congelare l’attuale linea del fronte, purché la resistenza si ritiri dalle aree che già sono sotto controllo degli occupanti. Parliamo dell’88% del Donbass (dove ieri gli invasori hanno rivendicato nuove conquiste) e del 73% delle altre due regioni, nella seconda delle quali insiste un’importante centrale nucleare. Lo zar interromperebbe pure l’assedio a Kharkiv, Sumy e Dnipropetrovsk. Resterebbe la richiesta di escludere Kiev dalla Nato, che era scontata. Ma ci sarebbe una novità: la Russia vorrebbe dagli Usa un impegno scritto sul fatto che l’Alleanza non si allargherà ulteriormente a Est. Sarebbe la formalizzazione del famigerato accordo tra galantuomini che avrebbero stipulato, nel settembre del 1990, George Bush padre e Michail Gorbaciov: in cambio dell’adesione della Germania riunificata al Patto atlantico, il penultimo segretario del Partito comunista sovietico avrebbe ottenuto la rassicurazione che la Nato non si sarebbe spostata «di un solo pollice» a Oriente. Putin, infine, non tollererebbe la presenza di contingenti occidentali nel Paese invaso. Forse è per questo che gli inglesi hanno già detto di non volersi schierare «in prima linea». Se missione di peacekeeping sarà, gli uomini di Francia e Regno Unito, più gli altri Stati disposti a partecipare, tra cui Lituania e Repubblica ceca, potrebbero essere stanziati in Polonia.Ieri, a sorpresa, il segretario generale dell’Alleanza, Mark Rutte, si è recato nella capitale ucraina, dove, durante la sua visita, è scattato l’allarme aereo. Ha fatto una promessa dura da mantenere: «Non permetteremo alla Russia di prendersi un solo centimetro di terra ucraina». Sull’ipotetica cessione di territori era intervenuta pure Kaja Kallas, Alto rappresentante Ue, che l’ha definita la «trappola in cui Putin vuole farci cadere». Zelensky ha confermato che la soluzione per cui preme Kiev è il lodo Meloni: «Il nostro obiettivo generale», ha spiegato, «è quello di arrivare insieme ai nostri partner a garanzie di sicurezza come l’articolo 5 della Nato. Si tratta di garanzie davvero efficaci». Spariti quindi i dubbi sulla mancanza di un automatismo che vincoli a intervenire in difesa dell’Ucraina, nel caso di una nuova offensiva russa. Secondo Bloomberg, l’Italia vorrebbe un piano di reazione rapida che preveda consultazioni da svolgersi entro 24 ore. Sul punto sarebbero in corso discussioni: c’è chi propone di accorciare i tempi a 12 ore, chi di allungarli a 48 o 72. Al numero uno della resistenza interessa sapere «quali Paesi ci aiuteranno sulla terraferma, quali nei cieli, quali garantiranno la sicurezza in mare». L’ex attore ha sottolineato che Donald Trump «è l’unica persona che oggi può fermare» Putin e ha accusato la Federazione di voler sabotare il vertice a due. Per ospitarlo, si è fatto avanti pure Alexander Lukashenko: si arriverebbe così a un «Minsk 3», ma i due precedenti non sono incoraggianti. The Donald ha ribadito che preferirebbe non essere presente all’evento: far vedere i due, ha commentato, è come mescolare «l’olio e l’aceto». Quanto ai veti posti dai russi sull’assetto postbellico, Zelensky è stato lapidario: «Loro ci hanno attaccato, non so di quali garanzie Mosca abbia bisogno».Da Rutte non sono trapelati grossi dettagli sul progetto per soccorrere l’Ucraina. Il sistema dovrebbe essere articolato su due livelli: «Il primo sarà, di fatto, l’istituzione di una sorta di accordo di pace o di cessate il fuoco. Il secondo livello di garanzie è ciò che forniranno Stati Uniti ed Europa ed è ciò su cui stiamo lavorando ora». Il segretario Nato ha insistito anche sulla necessità di potenziare le forze armate di Kiev, proposito che però, per Zelensky, non è sufficiente. Nell’ottica di trasformare la nazione in un «porcospino d’acciaio», comunque, il capo dell’ufficio presidenziale, Andrii Yermak, ha fatto sapere di aver proposto una riforma del gabinetto, per inserire nel personale «un numero significativo» di «militari con esperienza di combattimento». L’Ucraina diventerà l’Israele d’Europa? Intanto, l’Ue ha fatto ciò che le riesce meglio: sborsare. L’esecutivo di Ursula von der Leyen, in una nota, ha annunciato di aver erogato oltre 4 miliardi di euro, «in vista del trentaquattresimo anniversario dell’indipendenza dell’Ucraina, che si celebra il 24 agosto». Eppure, sembra che l’infatuazione di Kiev per il Vecchio Continente si possa affievolire. Dopo aver lasciato capire che il Paese considera più importante il supporto americano, sempre Yermak sarebbe pronto ad abbandonare il percorso per l’ingresso nell’Unione, pur di blindare un bis di Zelensky. Daria Kaleniuk, direttrice del Centro di azione anticorruzione ucraino, ha dichiarato che il braccio destro del presidente vorrebbe convincerlo a «candidarsi per un altro mandato e a organizzare le elezioni in modo che vinca sicuramente. Se il prezzo da pagare», ha scritto su Facebook l’esperta, «fosse la fine dell’integrazione europea e la cessazione degli aiuti occidentali, per lui non sarebbe un problema». Con tanti saluti al mito del «nuovo Churchill».
Xi Jinping e Donald Trump (Ansa)