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2021-06-03
Vertice d’urgenza per smontare la follia di Speranza sui ristoranti
iStock
La regola che fissa il limite massimo di quattro persone non conviventi a tavola al ristorante, sia in zona bianca che in zona rossa, sia all'aperto che al chiuso, spacca il governo e scatena la rivolta delle associazioni di categoria, del centrodestra e delle Regioni. La norma, voluta dal ministro delle Chiusure, Roberto Speranza, viene contestata non solo dal ministro degli Affari regionali, Mariastella Gelmini, ma anche da entrambi i sottosegretari dello stesso Speranza, Pierpaolo Sileri del M5s e Andrea Costa di Noi con l'Italia. Oggi un tavolo tecnico, convocato appositamente per discutere di questa incredibile restrizione, dovrebbe sciogliere il nodo, consentendo ai cittadini di poter sedersi a tavola anche in più di quattro persone, salvando la stagione turistica ed evitando di soffocare i piccoli segnali di ripresa di un settore trainante dell'economia, quello della ristorazione e della filiera agroalimentare: un esercito di imprese con relativi dipendenti, tra le quali 70.000 industrie alimentari e 740.000 aziende agricole impegnate a garantire le forniture, per un totale di 3,6 milioni di posti di lavoro.
«I posti a tavola al ristorante», dice il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, a Un giorno da pecora su Rai Radio 1, «nelle zone bianche? Il limite, per maggior sicurezza, è ancora fissato a quattro. Spero che venga presto rivisto perché chiaramente è molto restrittivo. Se sono più d'accordo con Speranza o con Gelmini? Io», risponde Sileri, «sono tra quelli che era per l'aumento dei posti a tavola, aumenterei i posti a 8-10. E dai primi di luglio liberalizzerei perché avremo oltre 30 milioni di persone con almeno una dose di vaccino». «Dobbiamo dare assolutamente», incalza l'altro sottosegretario, Andrea Costa, «delle prospettive ai cittadini e bisogna considerare in maniera diversa le zona gialle da quelle bianche. Almeno per i ristoranti all'aperto in zona bianca», aggiunge Costa, «si arrivi a togliere il vincolo del limite massimo di quattro persone al tavolo: sarebbe un primo segnale di distensione. Per i locali al chiuso credo si possa anche prevedere una restrizione iniziale, ci può stare purché sia graduale».
Il centrodestra va all'assalto: «Ho chiesto a Speranza», attacca il leader della Lega, Matteo Salvini, «di evitare la ridicola limitazione dei quattro a tavola al ristorante che almeno nelle zone bianche non ha più senso». «Continuano le folli misure restrittive», sottolinea la presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, «utili solo a danneggiare ulteriormente l'economia. Provvedimenti che sembrano concepiti più per continuare a massacrare le categorie odiate dalla sinistra che per combattere concretamente il virus».
«Appare davvero lunare», argomenta il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Roberto Occhiuto, «voler limitare in zona bianca la libertà dei ristoratori, imponendo, come vorrebbe il ministero della Salute, il limite massimo di quattro persone per tavolo. Basta con il rigore a prescindere, diamo fiducia agli italiani e facciamoli tornare a vivere». «Basta con Speranza e le sue teorie assurde», sbotta il senatore azzurro Maurizio Gasparri, «il limite di quattro persone a tavola è inaccettabile. Speranza ha rappresentato un problema per tutta la stagione dell'era Covid. Deve spiegare tante cose. Rifiuta risposte. Va in televisione soltanto nei salotti amici per evitare domande scomode. Speranza va cacciato».
«È previsto un tavolo tecnico», sottolinea il capogruppo di Fi al Senato, Anna Maria Bernini, «per affrontare la questione del limite di quattro persone a tavola al ristorante perfino nelle zone bianche. È in effetti doveroso porre fine al caos interpretativo di queste ore, che ha generato ulteriore confusione. Si tratta in effetti di una misura francamente eccessiva e illogica», aggiunge la Bernini, «per cui auspico che venga cancellata immediatamente per non creare ulteriori difficoltà ai ristoratori già pesantemente penalizzati».
Sul piede di guerra, inevitabilmente, le associazioni di categoria: «Il limite dei posti a tavola», afferma la Coldiretti, «è una misura di sicurezza che ha ripercussioni sul bisogno di convivialità degli italiani dopo mesi di lockdown e pesa anche sugli incassi della ristorazione dopo la perdita di 41 miliardi nell'anno della pandemia Covid».
Sconcertati i governatori, con il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, tra i primi, a insorgere contro questa assurda imposizione: «Il tavolo tecnico dove sarà affrontata la questione», fanno sapere fonti vicine alla Conferenza, «del limite di quattro persone al tavolo nei ristoranti segue la richiesta in tal senso inviata dalla Conferenza delle Regioni. L'ipotesi del limite di quattro al chiuso non è stata proposta ufficialmente alle Regioni e non trova riscontro. Nelle interlocuzioni ieri sera (l'altro ieri, ndr) si è fatto presente che, considerato come le decisioni assunte sino a ora (linee guida in primis) siano sempre state condivise in un clima assolutamente collaborativo e di rispetto istituzionale, ha sorpreso che l'interpretazione del governo sul tema sia avvenuta in maniera autonoma».
Quasi tutta l'Italia in bianco dal 21
L'Italia guarda alle vacanze con ottimismo, visto che dal 21 giugno (data simbolo, anche perché vedrà la fine del coprifuoco) potrebbe ritrovarsi tutta colorata di bianco, a eccezione della Valle d'Aosta (al momento le più fortunate sono Molise, Friuli Venezia Giulia e Sardegna; il 7 toccherà a Liguria, Umbria, Veneto e Abruzzo; il 14 sarà la volta di Provincia di Trento, Lombardia, Lazio, Piemonte, Puglia ed Emilia Romagna). Anche Sicilia, Marche, Toscana, Provincia di Bolzano, Calabria, Basilicata e Campania infatti registrano miglioramenti. E potranno entrare nell'area con meno restrizioni.
Gli italiani stanno prenotando i tanto attesi periodi di vacanza, ma con molte perplessità sulle regole da rispettare. Proviamo a fare ordine. Per viaggiare in Italia, tra le Regioni non servono certificati. Single e famiglie possono dunque stare tranquilli, la circolazione in auto, aereo o treno è libera tranne che per gli sbarchi in Sardegna, dove fino al 15 giugno si può arrivare solo dopo essersi registrati sul sito Sardegna sicura e muniti del green pass che attesti la negatività del tampone, effettuato nelle 48 ore precedenti, la guarigione dal Covid o l'avvenuta vaccinazione da 15 giorni.
Nelle altre Regioni il certificato si rende necessario in caso di eventuale cambio di colore, quindi prima di viaggiare è sempre consigliato verificare online la situazione sanitaria della località di destinazione. E ricordiamo che dal primo giugno è necessario il green pass per partecipare a matrimoni, feste o banchetti.
Diversa la faccenda se vogliamo spostarci all'estero. Nell'Ue, in attesa del lasciapassare europeo che entrerà in vigore dal primo luglio, ogni Stato ha adottato proprie regole che si possono consultare sul sito Reopen.europa.eu. Si va dall'obbligo (sopra gli 11 anni) di effettuare un tampone molecolare nelle 72 ore precedenti anche per chi è stato vaccinato, quando la destinazione è la Francia, al certificato di negatività ai test richiesto dalla Spagna anche per i bambini di più di 6 anni. Prima del rientro in Italia con qualsiasi mezzo di trasporto da un Paese Ue, da Regno Unito, Irlanda del Nord, Svizzera, Andorra, Monaco e Israele, bisogna compilare online il modulo di localizzazione digitale con nome, telefono e indirizzo (tutte le istruzioni sul sito Salute.gov.it), accompagnandolo da un documento che attesti l'esito negativo di un tampone molecolare o antigenico, effettuato nelle 48 ore precedenti. All'obbligo sono esentati i bambini sotto i 2 anni. Se non si ha il certificato, scatta la quarantena per dieci giorni.
Per le destinazioni fuori Ue, bisogna consultare la lista di appartenenza dello Stato che si vuole raggiungere, secondo i cinque elenchi predisposti dall'ordinanza di maggio del ministero della Salute e in vigore fino al prossimo 31 luglio.
Da oggi, intanto, in molte Regioni italiane si parte con le prenotazioni libere del vaccino e non più per fasce di età. In Lombardia si è già iniziato ieri, dalle ore 23, aprendo le registrazioni alla fascia 12-29 anni. Quanto ai dati a livello nazionale, mercoledì pomeriggio risultavano somministrate altre 136.914 dosi di vaccino per un totale da inizio campagna di 35,6 milioni. Ieri erano ancora in calo il numero dei morti (62 rispetto ai 93 delle 24 ore precedenti), delle rianimazioni: 933 (56) e degli ospedalizzati sintomatici: 5.858 (334). I nuovi casi registrati sono stati 2.897 (+0,07%), mentre il tasso di positività è risultato dell'1,2%.
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Oggi il tavolo tecnico per superare il limite dei quattro commensali. Matteo Salvini: «È ridicolo». Il sottosegretario Pierpaolo Sileri: «Va portato a 10». Andrea Costa: «Segnale sbagliato». Dure le Regioni: «Sorpresi da un'azione autonoma».La svolta dovrebbe lasciare fuori soltanto la Valle d'Aosta. Se non si torna all'arancio o al rosso, viaggiare sarà semplice. Al via le vaccinazioni libere, al di là delle fasce d'età.Lo speciale contiene due articoli.La regola che fissa il limite massimo di quattro persone non conviventi a tavola al ristorante, sia in zona bianca che in zona rossa, sia all'aperto che al chiuso, spacca il governo e scatena la rivolta delle associazioni di categoria, del centrodestra e delle Regioni. La norma, voluta dal ministro delle Chiusure, Roberto Speranza, viene contestata non solo dal ministro degli Affari regionali, Mariastella Gelmini, ma anche da entrambi i sottosegretari dello stesso Speranza, Pierpaolo Sileri del M5s e Andrea Costa di Noi con l'Italia. Oggi un tavolo tecnico, convocato appositamente per discutere di questa incredibile restrizione, dovrebbe sciogliere il nodo, consentendo ai cittadini di poter sedersi a tavola anche in più di quattro persone, salvando la stagione turistica ed evitando di soffocare i piccoli segnali di ripresa di un settore trainante dell'economia, quello della ristorazione e della filiera agroalimentare: un esercito di imprese con relativi dipendenti, tra le quali 70.000 industrie alimentari e 740.000 aziende agricole impegnate a garantire le forniture, per un totale di 3,6 milioni di posti di lavoro.«I posti a tavola al ristorante», dice il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, a Un giorno da pecora su Rai Radio 1, «nelle zone bianche? Il limite, per maggior sicurezza, è ancora fissato a quattro. Spero che venga presto rivisto perché chiaramente è molto restrittivo. Se sono più d'accordo con Speranza o con Gelmini? Io», risponde Sileri, «sono tra quelli che era per l'aumento dei posti a tavola, aumenterei i posti a 8-10. E dai primi di luglio liberalizzerei perché avremo oltre 30 milioni di persone con almeno una dose di vaccino». «Dobbiamo dare assolutamente», incalza l'altro sottosegretario, Andrea Costa, «delle prospettive ai cittadini e bisogna considerare in maniera diversa le zona gialle da quelle bianche. Almeno per i ristoranti all'aperto in zona bianca», aggiunge Costa, «si arrivi a togliere il vincolo del limite massimo di quattro persone al tavolo: sarebbe un primo segnale di distensione. Per i locali al chiuso credo si possa anche prevedere una restrizione iniziale, ci può stare purché sia graduale».Il centrodestra va all'assalto: «Ho chiesto a Speranza», attacca il leader della Lega, Matteo Salvini, «di evitare la ridicola limitazione dei quattro a tavola al ristorante che almeno nelle zone bianche non ha più senso». «Continuano le folli misure restrittive», sottolinea la presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, «utili solo a danneggiare ulteriormente l'economia. Provvedimenti che sembrano concepiti più per continuare a massacrare le categorie odiate dalla sinistra che per combattere concretamente il virus».«Appare davvero lunare», argomenta il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Roberto Occhiuto, «voler limitare in zona bianca la libertà dei ristoratori, imponendo, come vorrebbe il ministero della Salute, il limite massimo di quattro persone per tavolo. Basta con il rigore a prescindere, diamo fiducia agli italiani e facciamoli tornare a vivere». «Basta con Speranza e le sue teorie assurde», sbotta il senatore azzurro Maurizio Gasparri, «il limite di quattro persone a tavola è inaccettabile. Speranza ha rappresentato un problema per tutta la stagione dell'era Covid. Deve spiegare tante cose. Rifiuta risposte. Va in televisione soltanto nei salotti amici per evitare domande scomode. Speranza va cacciato».«È previsto un tavolo tecnico», sottolinea il capogruppo di Fi al Senato, Anna Maria Bernini, «per affrontare la questione del limite di quattro persone a tavola al ristorante perfino nelle zone bianche. È in effetti doveroso porre fine al caos interpretativo di queste ore, che ha generato ulteriore confusione. Si tratta in effetti di una misura francamente eccessiva e illogica», aggiunge la Bernini, «per cui auspico che venga cancellata immediatamente per non creare ulteriori difficoltà ai ristoratori già pesantemente penalizzati».Sul piede di guerra, inevitabilmente, le associazioni di categoria: «Il limite dei posti a tavola», afferma la Coldiretti, «è una misura di sicurezza che ha ripercussioni sul bisogno di convivialità degli italiani dopo mesi di lockdown e pesa anche sugli incassi della ristorazione dopo la perdita di 41 miliardi nell'anno della pandemia Covid».Sconcertati i governatori, con il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, tra i primi, a insorgere contro questa assurda imposizione: «Il tavolo tecnico dove sarà affrontata la questione», fanno sapere fonti vicine alla Conferenza, «del limite di quattro persone al tavolo nei ristoranti segue la richiesta in tal senso inviata dalla Conferenza delle Regioni. L'ipotesi del limite di quattro al chiuso non è stata proposta ufficialmente alle Regioni e non trova riscontro. Nelle interlocuzioni ieri sera (l'altro ieri, ndr) si è fatto presente che, considerato come le decisioni assunte sino a ora (linee guida in primis) siano sempre state condivise in un clima assolutamente collaborativo e di rispetto istituzionale, ha sorpreso che l'interpretazione del governo sul tema sia avvenuta in maniera autonoma».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/vertice-durgenza-per-smontare-la-follia-di-speranza-sui-ristoranti-2653212193.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="quasi-tutta-l-italia-in-bianco-dal-21" data-post-id="2653212193" data-published-at="1622671470" data-use-pagination="False"> Quasi tutta l'Italia in bianco dal 21 L'Italia guarda alle vacanze con ottimismo, visto che dal 21 giugno (data simbolo, anche perché vedrà la fine del coprifuoco) potrebbe ritrovarsi tutta colorata di bianco, a eccezione della Valle d'Aosta (al momento le più fortunate sono Molise, Friuli Venezia Giulia e Sardegna; il 7 toccherà a Liguria, Umbria, Veneto e Abruzzo; il 14 sarà la volta di Provincia di Trento, Lombardia, Lazio, Piemonte, Puglia ed Emilia Romagna). Anche Sicilia, Marche, Toscana, Provincia di Bolzano, Calabria, Basilicata e Campania infatti registrano miglioramenti. E potranno entrare nell'area con meno restrizioni. Gli italiani stanno prenotando i tanto attesi periodi di vacanza, ma con molte perplessità sulle regole da rispettare. Proviamo a fare ordine. Per viaggiare in Italia, tra le Regioni non servono certificati. Single e famiglie possono dunque stare tranquilli, la circolazione in auto, aereo o treno è libera tranne che per gli sbarchi in Sardegna, dove fino al 15 giugno si può arrivare solo dopo essersi registrati sul sito Sardegna sicura e muniti del green pass che attesti la negatività del tampone, effettuato nelle 48 ore precedenti, la guarigione dal Covid o l'avvenuta vaccinazione da 15 giorni. Nelle altre Regioni il certificato si rende necessario in caso di eventuale cambio di colore, quindi prima di viaggiare è sempre consigliato verificare online la situazione sanitaria della località di destinazione. E ricordiamo che dal primo giugno è necessario il green pass per partecipare a matrimoni, feste o banchetti. Diversa la faccenda se vogliamo spostarci all'estero. Nell'Ue, in attesa del lasciapassare europeo che entrerà in vigore dal primo luglio, ogni Stato ha adottato proprie regole che si possono consultare sul sito Reopen.europa.eu. Si va dall'obbligo (sopra gli 11 anni) di effettuare un tampone molecolare nelle 72 ore precedenti anche per chi è stato vaccinato, quando la destinazione è la Francia, al certificato di negatività ai test richiesto dalla Spagna anche per i bambini di più di 6 anni. Prima del rientro in Italia con qualsiasi mezzo di trasporto da un Paese Ue, da Regno Unito, Irlanda del Nord, Svizzera, Andorra, Monaco e Israele, bisogna compilare online il modulo di localizzazione digitale con nome, telefono e indirizzo (tutte le istruzioni sul sito Salute.gov.it), accompagnandolo da un documento che attesti l'esito negativo di un tampone molecolare o antigenico, effettuato nelle 48 ore precedenti. All'obbligo sono esentati i bambini sotto i 2 anni. Se non si ha il certificato, scatta la quarantena per dieci giorni. Per le destinazioni fuori Ue, bisogna consultare la lista di appartenenza dello Stato che si vuole raggiungere, secondo i cinque elenchi predisposti dall'ordinanza di maggio del ministero della Salute e in vigore fino al prossimo 31 luglio. Da oggi, intanto, in molte Regioni italiane si parte con le prenotazioni libere del vaccino e non più per fasce di età. In Lombardia si è già iniziato ieri, dalle ore 23, aprendo le registrazioni alla fascia 12-29 anni. Quanto ai dati a livello nazionale, mercoledì pomeriggio risultavano somministrate altre 136.914 dosi di vaccino per un totale da inizio campagna di 35,6 milioni. Ieri erano ancora in calo il numero dei morti (62 rispetto ai 93 delle 24 ore precedenti), delle rianimazioni: 933 (56) e degli ospedalizzati sintomatici: 5.858 (334). I nuovi casi registrati sono stati 2.897 (+0,07%), mentre il tasso di positività è risultato dell'1,2%.
(Apple Tv)
Non è affatto detto che sia così perché, dietro l’obiettivo di rovesciare le formule della fantascienza, si nasconde l’ambizione di una riflessione sul rapporto tra benessere collettivo e libertà individuale, tra felicità globale e identità personale. Il tutto proposto con grande cura formale, ottime musiche e qualche lungaggine autoriale. Possibili, lontani, riferimenti: Lost, per i prologhi spiazzanti e i flashback, Truman Show, per la solitudine e l’apparenza stranianti, Black Mirror, per la cornice distopica. Ma la mano dell’ideatore è inconfondibile.
Ci troviamo ad Albuquerque, la città del New Mexico già teatro dei precedenti plot di Gilligan, ma stavolta la vicenda è tutt’altra. Siamo in un futuro progredito e un certo rigore si è già radicato nella quotidianità. Per esempio, l’avviamento delle auto di ultima generazione è collegato alla prova di sobrietà del palloncino: se si è stati al pub, l’auto non parte. Individuato da un gruppo di astronomi, un virus Rna proveniente dallo spazio, trasmesso in laboratorio da un topo e contagiato tramite baci e alimenti, rende gli esseri umani felici, gentili e samaritani con il prossimo. Le persone agiscono come un’unica mente collettiva, ma non a causa di un’invasione aliena, tipo L’invasione degli ultracorpi, bensì per il fatto che «noi siamo noi», garantisce un politico che parla dalla Casa Bianca, anche se non è il presidente. «Gli scienziati hanno creato in laboratorio una specie di virus, più precisamente una colla mentale capace di tenerci legati tutti insieme». In questo mondo, non esiste il dolore, non si registrano reati, le prigioni sono vuote, le strade non sono mai congestionate, regna la pace. Tutto è perfetto e patinato, perché la contraddizione non esiste. Debellata, dietro una maschera suadente. La colla mentale dispone alla benevolenza e alla correttezza le persone. Che però non possono scegliere, ma agire solo in base a un «imperativo genetico». Soltanto 12 persone in tutto il Pianeta sono immuni al contagio. Ma mentre undici sembrano disposte a recepirlo, l’unica che si ribella è Carol Sturka (Reha Seehorn), una scrittrice di romanzi per casalinghe sentimentali. Cinica, diffidente, omosex e discretamente testarda, malgrado vicini, conoscenti e certi soccorritori ribadiscano le loro buone intenzioni - «vogliamo solo renderti felice» - lei non vuole assimilarsi ed essere rieducata dal virus dei buoni. I quali, ogni volta che lei respinge bruscamente le loro attenzioni, restano paralizzati in strane convulsioni, alimentando i suoi sensi di colpa. Il prezzo della libertà è una solitudine sterminata, addolcita dal fatto che, componendo un numero di telefono, può vedere esaudito ogni desiderio: cibi speciali, cene su terrazze panoramiche, giornate alle terme, Rolls Royce fiammanti. Quando si imbatte in qualche complicazione è immediatamente soccorsa da Zosia (Karolina Wydra), volto seducente della mente collettiva, o da un drone, tempestivo nel recapitarle a domicilio la più bizzarra delle richieste. A Carol è anche consentito di interagire con gli altri umani esenti dal contagio. Che però non condividono il suo progetto di ribellione alla felicità coatta: tocca a noi riparare il mondo. «Perché? La situazione sembra ideale, non ci sono guerre, viviamo tranquilli», ribatte un viveur che sfrutta ogni lusso e privilegio concesso dalla mente collettiva.
L’idea di questa serie risale a circa otto o nove anni fa, ha raccontato Gilligan in un’intervista. «In quel periodo io e Peter Gould (il suo principale collaboratore, ndr.) avevamo iniziato a lavorare a Better Call Saul e ci divertivamo parecchio. Durante le pause pranzo avevo l’abitudine di vagare nei dintorni dell’ufficio immaginando un personaggio maschile con cui tutti erano gentili. Tutti lo amavano e non importa quanto lui potesse essere scortese, tutti continuavano a trattarlo bene». Poi, nella ricerca del perché di questa inspiegabile gentilezza, la storia si è arricchita e al posto di un protagonista maschile si è imposta la figura della scrittrice interpretata da Reha Seehorn, già nel cast di Better Call Saul. Su di lei, a lungo sola in scena, si regge lo sviluppo del racconto. A un certo punto, provata dalla solitudine, ma senza voler smettere d’indagare anche perché incoraggiata dalle prime inquietanti scoperte, Carol cambia strategia, smorzando la sua ostilità…
Il titolo della serie deriva da «E pluribus unum», cioè «da molti, uno», antico motto degli Stati Uniti, proposto il 4 luglio 1776 per simboleggiare l’unione delle prime 13 colonie in una sola nazione. Gilligan ha trasferito la suggestione di quel motto a una dimensione esistenziale e filosofica, inscenando una sorta di apocalisse dolce per riflettere sulla problematica convivenza tra singolo e collettività. Per questo, in origine, Plur1bus era scritto con l’1 al posto della «i».
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Emmanuel Macron (Ansa)
La sola istanza che ha una parvenza di rappresentanza è il Palamento europeo. Così il Mercosur, il mega accordo commerciale con Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay, più annessi, che deve creare un’area di libero scambio da 700 milioni di persone che Ursula von der Leyen vuole a ogni costo per evitare che Javier Milei faccia totalmente rotta su Donald Trump, che il Brasile si leghi con la Cina e che l’Europa dimostri la sua totale ininfluenza, rischia di crollare e di portarsi dietro, novello Sansone, i filistei dell’eurocrazia.
Il Mercosur ieri ha fatto due passi indietro. Il Parlamento europeo con ampia maggioranza (431 voti a favore Pd in prima fila, 161 contrari e 70 astensioni, Ecr-Fratelli d’Italia fra questi, i lepenisti e la Lega hanno votato contro) ha messo la Commissione con le spalle al muro. Il Mercosur è accettabile solo se ci sono controlli stringenti sui requisiti ambientali, di benessere animale, di salubrità, di rispetto etico e di sicurezza alimentare dei prodotti importati (è la clausola di reciprocità), se c’è una clausola di salvaguardia sulle importazioni di prodotti sensibili tra cui pollame o carne bovina. Se l’import aumenta del 5% su una media triennale si torna ai dazi. Le indagini devono essere fatte al massimo in tre mesi e la sospensione delle agevolazioni deve essere immediata. Tutti argomenti che la Von der Leyen mai ha inserito nell’accordo. Ma sono comunque sotto il minimo sindacale richiesto da Polonia, Ungheria e Romania che sono contrarie da sempre e richiesto ora dalla Francia che ha detto: «Così com’è l’accordo non è accattabile».
Sono le stesse perplessità dell’Italia. Oggi la Commissione dovrebbe incontrare il Consiglio europeo per avviare la trattativa e andare, come vuole Von der Leyen, alla firma definitiva prima della fine dell’anno. La baronessa aveva già prenotato il volo per Rio per domani, ma l’hanno bloccata all’imbarco! Perché Parigi chiede la sospensione della trattativa. La ragione è che gli agricoltori francesi stanno bloccando il Paese: ieri le quattro principali autostrade sono state tenute in ostaggio da trattori che sono tornati a scaricare il letame sulle prefetture. Il primo ministro Sébastien Lecornu ha tenuto un vertice sul Mercosur incassando un no deciso da Jean-Luc Mélenchon, da Marine Le Pen ma anche dai repubblicani di Bruno Retailleau che è anche ministro dell’interno.
Domani, peraltro, a Bruxelles sono attesi almeno diecimila agricoltori- la Coldiretti è la prima a sostenere questa manifestazione - che con un migliaio di trattori assedieranno Bruxelles. L’Italia riflette, ma è invitata a fare minoranza di blocco dalla Polonia; la Francia vuole una mano per il rinvio. Certo che il Mercosur divide: la Coldiretti ha rimproverato il presidente di Federalimentare Paolo Mascarino che invece vuole l’accordo (anche l’Unione italiana vini spinge) di tradire la causa italiana. Chi invece vuole il Mercosur a ogni costo sono la Germania che deve vendere le auto che non smercia più (grazie al Green deal), la Danimarca che ha la presidenza di turno e vuole lucrare sull’import, l’Olanda che difende i suoi interessi commerciali e finanziari.
C’è un’evidente frattura tra l’Europa che fa agricoltura e quella che vuole usare l’agricoltura come merce di scambio. Le prossime ore potrebbero essere decisive non solo per l’accordo - comunque deve passare per la ratifica finale dall’Eurocamera - ma per i destini dell’Ue.
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Ursula von der Leyen (Ansa)
Questo allentamento delle norme consente che nuove auto con motore a combustione interna possano ancora essere immatricolate nell’Ue anche dopo il 2035. Non sono previste date successive in cui si arrivi al 100% di riduzione delle emissioni. Il presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha naturalmente magnificato il ripensamento della Commissione, affermando che «mentre la tecnologia trasforma rapidamente la mobilità e la geopolitica rimodella la competizione globale, l’Europa rimane in prima linea nella transizione globale verso un’economia pulita». Ursula 2025 sconfessa Ursula 2022, ma sono dettagli. A questo si aggiunge la dichiarazione del vicepresidente esecutivo Stéphane Séjourné, che ha definito il pacchetto «un’ancora di salvezza per l’industria automobilistica europea». Peccato che, in conferenza stampa, a nessuno sia venuto in mente di chiedere a Séjourné perché si sia arrivati alla necessità di un’ancora di salvezza per l’industria automobilistica europea. Ma sono altri dettagli.
L’autorizzazione a proseguire con i motori a combustione (inclusi ibridi plug-in, mild hybrid e veicoli con autonomia estesa) è subordinata a condizioni stringenti, perché le emissioni di CO2 residue, quel 10%, dovranno essere compensate. I meccanismi di compensazione sono due: 1) utilizzo di e-fuel e biocarburanti fino a un massimo del 3%; 2) acciaio verde fino al 7% delle emissioni. Il commissario Wopke Hoekstra ha spiegato infatti che la flessibilità è concessa a patto che sia «compensata con acciaio a basse emissioni di carbonio e l’uso di combustibili sostenibili per abbattere le emissioni».
Mentre Bruxelles celebra questa minima flessibilità come una vittoria per l’industria, il mondo reale offre un quadro ben più drammatico. Ieri Volkswagen ha ufficialmente chiuso la sua prima fabbrica tedesca, la Gläserne Manufaktur di Dresda, che produceva esclusivamente veicoli elettrici (prima la e-Golf e poi la ID.3). Le ragioni? Il rallentamento delle vendite di auto elettriche. La fabbrica sarà riconvertita in un centro di innovazione, lasciando 230 dipendenti in attesa di ricollocamento. Dall’altra parte dell’Atlantico, la Ford Motor Co. ha annunciato che registrerà una svalutazione di 19,5 miliardi di dollari legata al suo business dei veicoli elettrici. L’azienda ha perso 13 miliardi nel suo settore Ev dal 2023, perdendo circa 50.000 dollari per ogni veicolo elettrico venduto l’anno scorso. Ford sta ora virando verso ibridi e veicoli a benzina, eliminando il pick-up elettrico F-150 Lightning.
La crisi dell’auto europea non si risolve certo con questa trovata dell’ultima ora. Nonostante gli sforzi e i supercrediti di CO2 per le piccole auto elettriche made in Eu, la domanda di veicoli elettrici è debole. Questa nuova apertura, ottenuta a fatica, non sarà sufficiente a salvare il settore automobilistico europeo di fronte alla concorrenza cinese e al disinteresse dei consumatori. Sarebbe stata più opportuna un’eliminazione radicale e definitiva dell’obbligo di zero emissioni per il 2035, abbracciando una vera neutralità tecnologica (che includa ad esempio i motori a combustione ad alta efficienza di cui parlava anche il cancelliere tedesco Friedrich Merz). «La Commissione oggi fa un passo avanti verso la razionalità, verso il mercato, verso i consumatori ma servirà tanto altro per salvare il settore. Soprattutto servirà una Commissione che non chiuda gli occhi davanti all’evidenza», ha affermato l’assessore allo Sviluppo economico di Regione Lombardia Guido Guidesi, anche presidente dell’Automotive Regions Alliance. La principale federazione automobilistica tedesca, la Vda, ha detto invece che la nuova linea di Bruxelles ha il merito di riconoscere «l’apertura tecnologica», ma è «piena di così tanti ostacoli che rischia di essere inefficace nella pratica». Resta il problema della leggerezza con cui a Bruxelles si passa dalla definizione di regole assurde e impraticabili al loro annacquamento, dopo che danni enormi sono stati fatti all’industria e all’economia. Peraltro, la correzione di rotta non è affatto un liberi tutti. La riduzione del 100% delle emissioni andrà comunque perseguita al 90% con le auto elettriche. «Abbiamo valutato che questa riduzione del 10% degli obiettivi di CO2, dal 100% al 90%, consentirà flessibilità al mercato e che circa il 30-35% delle auto al 2035 saranno non elettriche, ma con tecnologie diverse, come motori a combustione interna, ibridi plug-in o con range extender» ha detto il commissario europeo ai Trasporti Apostolos Tzizikostas in conferenza stampa. Può darsi che sarà così, ma il commissario greco si è dimenticato di dire che quasi certamente si tratterà di auto cinesi.
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(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare di Fratelli d'Italia durante un'intervista a margine dell’evento «Con coraggio e libertà», dedicato alla figura del giornalista e reporter di guerra Almerigo Grilz.