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2021-06-03
Vertice d’urgenza per smontare la follia di Speranza sui ristoranti
iStock
La regola che fissa il limite massimo di quattro persone non conviventi a tavola al ristorante, sia in zona bianca che in zona rossa, sia all'aperto che al chiuso, spacca il governo e scatena la rivolta delle associazioni di categoria, del centrodestra e delle Regioni. La norma, voluta dal ministro delle Chiusure, Roberto Speranza, viene contestata non solo dal ministro degli Affari regionali, Mariastella Gelmini, ma anche da entrambi i sottosegretari dello stesso Speranza, Pierpaolo Sileri del M5s e Andrea Costa di Noi con l'Italia. Oggi un tavolo tecnico, convocato appositamente per discutere di questa incredibile restrizione, dovrebbe sciogliere il nodo, consentendo ai cittadini di poter sedersi a tavola anche in più di quattro persone, salvando la stagione turistica ed evitando di soffocare i piccoli segnali di ripresa di un settore trainante dell'economia, quello della ristorazione e della filiera agroalimentare: un esercito di imprese con relativi dipendenti, tra le quali 70.000 industrie alimentari e 740.000 aziende agricole impegnate a garantire le forniture, per un totale di 3,6 milioni di posti di lavoro.
«I posti a tavola al ristorante», dice il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, a Un giorno da pecora su Rai Radio 1, «nelle zone bianche? Il limite, per maggior sicurezza, è ancora fissato a quattro. Spero che venga presto rivisto perché chiaramente è molto restrittivo. Se sono più d'accordo con Speranza o con Gelmini? Io», risponde Sileri, «sono tra quelli che era per l'aumento dei posti a tavola, aumenterei i posti a 8-10. E dai primi di luglio liberalizzerei perché avremo oltre 30 milioni di persone con almeno una dose di vaccino». «Dobbiamo dare assolutamente», incalza l'altro sottosegretario, Andrea Costa, «delle prospettive ai cittadini e bisogna considerare in maniera diversa le zona gialle da quelle bianche. Almeno per i ristoranti all'aperto in zona bianca», aggiunge Costa, «si arrivi a togliere il vincolo del limite massimo di quattro persone al tavolo: sarebbe un primo segnale di distensione. Per i locali al chiuso credo si possa anche prevedere una restrizione iniziale, ci può stare purché sia graduale».
Il centrodestra va all'assalto: «Ho chiesto a Speranza», attacca il leader della Lega, Matteo Salvini, «di evitare la ridicola limitazione dei quattro a tavola al ristorante che almeno nelle zone bianche non ha più senso». «Continuano le folli misure restrittive», sottolinea la presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, «utili solo a danneggiare ulteriormente l'economia. Provvedimenti che sembrano concepiti più per continuare a massacrare le categorie odiate dalla sinistra che per combattere concretamente il virus».
«Appare davvero lunare», argomenta il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Roberto Occhiuto, «voler limitare in zona bianca la libertà dei ristoratori, imponendo, come vorrebbe il ministero della Salute, il limite massimo di quattro persone per tavolo. Basta con il rigore a prescindere, diamo fiducia agli italiani e facciamoli tornare a vivere». «Basta con Speranza e le sue teorie assurde», sbotta il senatore azzurro Maurizio Gasparri, «il limite di quattro persone a tavola è inaccettabile. Speranza ha rappresentato un problema per tutta la stagione dell'era Covid. Deve spiegare tante cose. Rifiuta risposte. Va in televisione soltanto nei salotti amici per evitare domande scomode. Speranza va cacciato».
«È previsto un tavolo tecnico», sottolinea il capogruppo di Fi al Senato, Anna Maria Bernini, «per affrontare la questione del limite di quattro persone a tavola al ristorante perfino nelle zone bianche. È in effetti doveroso porre fine al caos interpretativo di queste ore, che ha generato ulteriore confusione. Si tratta in effetti di una misura francamente eccessiva e illogica», aggiunge la Bernini, «per cui auspico che venga cancellata immediatamente per non creare ulteriori difficoltà ai ristoratori già pesantemente penalizzati».
Sul piede di guerra, inevitabilmente, le associazioni di categoria: «Il limite dei posti a tavola», afferma la Coldiretti, «è una misura di sicurezza che ha ripercussioni sul bisogno di convivialità degli italiani dopo mesi di lockdown e pesa anche sugli incassi della ristorazione dopo la perdita di 41 miliardi nell'anno della pandemia Covid».
Sconcertati i governatori, con il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, tra i primi, a insorgere contro questa assurda imposizione: «Il tavolo tecnico dove sarà affrontata la questione», fanno sapere fonti vicine alla Conferenza, «del limite di quattro persone al tavolo nei ristoranti segue la richiesta in tal senso inviata dalla Conferenza delle Regioni. L'ipotesi del limite di quattro al chiuso non è stata proposta ufficialmente alle Regioni e non trova riscontro. Nelle interlocuzioni ieri sera (l'altro ieri, ndr) si è fatto presente che, considerato come le decisioni assunte sino a ora (linee guida in primis) siano sempre state condivise in un clima assolutamente collaborativo e di rispetto istituzionale, ha sorpreso che l'interpretazione del governo sul tema sia avvenuta in maniera autonoma».
Quasi tutta l'Italia in bianco dal 21
L'Italia guarda alle vacanze con ottimismo, visto che dal 21 giugno (data simbolo, anche perché vedrà la fine del coprifuoco) potrebbe ritrovarsi tutta colorata di bianco, a eccezione della Valle d'Aosta (al momento le più fortunate sono Molise, Friuli Venezia Giulia e Sardegna; il 7 toccherà a Liguria, Umbria, Veneto e Abruzzo; il 14 sarà la volta di Provincia di Trento, Lombardia, Lazio, Piemonte, Puglia ed Emilia Romagna). Anche Sicilia, Marche, Toscana, Provincia di Bolzano, Calabria, Basilicata e Campania infatti registrano miglioramenti. E potranno entrare nell'area con meno restrizioni.
Gli italiani stanno prenotando i tanto attesi periodi di vacanza, ma con molte perplessità sulle regole da rispettare. Proviamo a fare ordine. Per viaggiare in Italia, tra le Regioni non servono certificati. Single e famiglie possono dunque stare tranquilli, la circolazione in auto, aereo o treno è libera tranne che per gli sbarchi in Sardegna, dove fino al 15 giugno si può arrivare solo dopo essersi registrati sul sito Sardegna sicura e muniti del green pass che attesti la negatività del tampone, effettuato nelle 48 ore precedenti, la guarigione dal Covid o l'avvenuta vaccinazione da 15 giorni.
Nelle altre Regioni il certificato si rende necessario in caso di eventuale cambio di colore, quindi prima di viaggiare è sempre consigliato verificare online la situazione sanitaria della località di destinazione. E ricordiamo che dal primo giugno è necessario il green pass per partecipare a matrimoni, feste o banchetti.
Diversa la faccenda se vogliamo spostarci all'estero. Nell'Ue, in attesa del lasciapassare europeo che entrerà in vigore dal primo luglio, ogni Stato ha adottato proprie regole che si possono consultare sul sito Reopen.europa.eu. Si va dall'obbligo (sopra gli 11 anni) di effettuare un tampone molecolare nelle 72 ore precedenti anche per chi è stato vaccinato, quando la destinazione è la Francia, al certificato di negatività ai test richiesto dalla Spagna anche per i bambini di più di 6 anni. Prima del rientro in Italia con qualsiasi mezzo di trasporto da un Paese Ue, da Regno Unito, Irlanda del Nord, Svizzera, Andorra, Monaco e Israele, bisogna compilare online il modulo di localizzazione digitale con nome, telefono e indirizzo (tutte le istruzioni sul sito Salute.gov.it), accompagnandolo da un documento che attesti l'esito negativo di un tampone molecolare o antigenico, effettuato nelle 48 ore precedenti. All'obbligo sono esentati i bambini sotto i 2 anni. Se non si ha il certificato, scatta la quarantena per dieci giorni.
Per le destinazioni fuori Ue, bisogna consultare la lista di appartenenza dello Stato che si vuole raggiungere, secondo i cinque elenchi predisposti dall'ordinanza di maggio del ministero della Salute e in vigore fino al prossimo 31 luglio.
Da oggi, intanto, in molte Regioni italiane si parte con le prenotazioni libere del vaccino e non più per fasce di età. In Lombardia si è già iniziato ieri, dalle ore 23, aprendo le registrazioni alla fascia 12-29 anni. Quanto ai dati a livello nazionale, mercoledì pomeriggio risultavano somministrate altre 136.914 dosi di vaccino per un totale da inizio campagna di 35,6 milioni. Ieri erano ancora in calo il numero dei morti (62 rispetto ai 93 delle 24 ore precedenti), delle rianimazioni: 933 (56) e degli ospedalizzati sintomatici: 5.858 (334). I nuovi casi registrati sono stati 2.897 (+0,07%), mentre il tasso di positività è risultato dell'1,2%.
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Oggi il tavolo tecnico per superare il limite dei quattro commensali. Matteo Salvini: «È ridicolo». Il sottosegretario Pierpaolo Sileri: «Va portato a 10». Andrea Costa: «Segnale sbagliato». Dure le Regioni: «Sorpresi da un'azione autonoma».La svolta dovrebbe lasciare fuori soltanto la Valle d'Aosta. Se non si torna all'arancio o al rosso, viaggiare sarà semplice. Al via le vaccinazioni libere, al di là delle fasce d'età.Lo speciale contiene due articoli.La regola che fissa il limite massimo di quattro persone non conviventi a tavola al ristorante, sia in zona bianca che in zona rossa, sia all'aperto che al chiuso, spacca il governo e scatena la rivolta delle associazioni di categoria, del centrodestra e delle Regioni. La norma, voluta dal ministro delle Chiusure, Roberto Speranza, viene contestata non solo dal ministro degli Affari regionali, Mariastella Gelmini, ma anche da entrambi i sottosegretari dello stesso Speranza, Pierpaolo Sileri del M5s e Andrea Costa di Noi con l'Italia. Oggi un tavolo tecnico, convocato appositamente per discutere di questa incredibile restrizione, dovrebbe sciogliere il nodo, consentendo ai cittadini di poter sedersi a tavola anche in più di quattro persone, salvando la stagione turistica ed evitando di soffocare i piccoli segnali di ripresa di un settore trainante dell'economia, quello della ristorazione e della filiera agroalimentare: un esercito di imprese con relativi dipendenti, tra le quali 70.000 industrie alimentari e 740.000 aziende agricole impegnate a garantire le forniture, per un totale di 3,6 milioni di posti di lavoro.«I posti a tavola al ristorante», dice il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, a Un giorno da pecora su Rai Radio 1, «nelle zone bianche? Il limite, per maggior sicurezza, è ancora fissato a quattro. Spero che venga presto rivisto perché chiaramente è molto restrittivo. Se sono più d'accordo con Speranza o con Gelmini? Io», risponde Sileri, «sono tra quelli che era per l'aumento dei posti a tavola, aumenterei i posti a 8-10. E dai primi di luglio liberalizzerei perché avremo oltre 30 milioni di persone con almeno una dose di vaccino». «Dobbiamo dare assolutamente», incalza l'altro sottosegretario, Andrea Costa, «delle prospettive ai cittadini e bisogna considerare in maniera diversa le zona gialle da quelle bianche. Almeno per i ristoranti all'aperto in zona bianca», aggiunge Costa, «si arrivi a togliere il vincolo del limite massimo di quattro persone al tavolo: sarebbe un primo segnale di distensione. Per i locali al chiuso credo si possa anche prevedere una restrizione iniziale, ci può stare purché sia graduale».Il centrodestra va all'assalto: «Ho chiesto a Speranza», attacca il leader della Lega, Matteo Salvini, «di evitare la ridicola limitazione dei quattro a tavola al ristorante che almeno nelle zone bianche non ha più senso». «Continuano le folli misure restrittive», sottolinea la presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, «utili solo a danneggiare ulteriormente l'economia. Provvedimenti che sembrano concepiti più per continuare a massacrare le categorie odiate dalla sinistra che per combattere concretamente il virus».«Appare davvero lunare», argomenta il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Roberto Occhiuto, «voler limitare in zona bianca la libertà dei ristoratori, imponendo, come vorrebbe il ministero della Salute, il limite massimo di quattro persone per tavolo. Basta con il rigore a prescindere, diamo fiducia agli italiani e facciamoli tornare a vivere». «Basta con Speranza e le sue teorie assurde», sbotta il senatore azzurro Maurizio Gasparri, «il limite di quattro persone a tavola è inaccettabile. Speranza ha rappresentato un problema per tutta la stagione dell'era Covid. Deve spiegare tante cose. Rifiuta risposte. Va in televisione soltanto nei salotti amici per evitare domande scomode. Speranza va cacciato».«È previsto un tavolo tecnico», sottolinea il capogruppo di Fi al Senato, Anna Maria Bernini, «per affrontare la questione del limite di quattro persone a tavola al ristorante perfino nelle zone bianche. È in effetti doveroso porre fine al caos interpretativo di queste ore, che ha generato ulteriore confusione. Si tratta in effetti di una misura francamente eccessiva e illogica», aggiunge la Bernini, «per cui auspico che venga cancellata immediatamente per non creare ulteriori difficoltà ai ristoratori già pesantemente penalizzati».Sul piede di guerra, inevitabilmente, le associazioni di categoria: «Il limite dei posti a tavola», afferma la Coldiretti, «è una misura di sicurezza che ha ripercussioni sul bisogno di convivialità degli italiani dopo mesi di lockdown e pesa anche sugli incassi della ristorazione dopo la perdita di 41 miliardi nell'anno della pandemia Covid».Sconcertati i governatori, con il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, tra i primi, a insorgere contro questa assurda imposizione: «Il tavolo tecnico dove sarà affrontata la questione», fanno sapere fonti vicine alla Conferenza, «del limite di quattro persone al tavolo nei ristoranti segue la richiesta in tal senso inviata dalla Conferenza delle Regioni. L'ipotesi del limite di quattro al chiuso non è stata proposta ufficialmente alle Regioni e non trova riscontro. Nelle interlocuzioni ieri sera (l'altro ieri, ndr) si è fatto presente che, considerato come le decisioni assunte sino a ora (linee guida in primis) siano sempre state condivise in un clima assolutamente collaborativo e di rispetto istituzionale, ha sorpreso che l'interpretazione del governo sul tema sia avvenuta in maniera autonoma».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/vertice-durgenza-per-smontare-la-follia-di-speranza-sui-ristoranti-2653212193.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="quasi-tutta-l-italia-in-bianco-dal-21" data-post-id="2653212193" data-published-at="1622671470" data-use-pagination="False"> Quasi tutta l'Italia in bianco dal 21 L'Italia guarda alle vacanze con ottimismo, visto che dal 21 giugno (data simbolo, anche perché vedrà la fine del coprifuoco) potrebbe ritrovarsi tutta colorata di bianco, a eccezione della Valle d'Aosta (al momento le più fortunate sono Molise, Friuli Venezia Giulia e Sardegna; il 7 toccherà a Liguria, Umbria, Veneto e Abruzzo; il 14 sarà la volta di Provincia di Trento, Lombardia, Lazio, Piemonte, Puglia ed Emilia Romagna). Anche Sicilia, Marche, Toscana, Provincia di Bolzano, Calabria, Basilicata e Campania infatti registrano miglioramenti. E potranno entrare nell'area con meno restrizioni. Gli italiani stanno prenotando i tanto attesi periodi di vacanza, ma con molte perplessità sulle regole da rispettare. Proviamo a fare ordine. Per viaggiare in Italia, tra le Regioni non servono certificati. Single e famiglie possono dunque stare tranquilli, la circolazione in auto, aereo o treno è libera tranne che per gli sbarchi in Sardegna, dove fino al 15 giugno si può arrivare solo dopo essersi registrati sul sito Sardegna sicura e muniti del green pass che attesti la negatività del tampone, effettuato nelle 48 ore precedenti, la guarigione dal Covid o l'avvenuta vaccinazione da 15 giorni. Nelle altre Regioni il certificato si rende necessario in caso di eventuale cambio di colore, quindi prima di viaggiare è sempre consigliato verificare online la situazione sanitaria della località di destinazione. E ricordiamo che dal primo giugno è necessario il green pass per partecipare a matrimoni, feste o banchetti. Diversa la faccenda se vogliamo spostarci all'estero. Nell'Ue, in attesa del lasciapassare europeo che entrerà in vigore dal primo luglio, ogni Stato ha adottato proprie regole che si possono consultare sul sito Reopen.europa.eu. Si va dall'obbligo (sopra gli 11 anni) di effettuare un tampone molecolare nelle 72 ore precedenti anche per chi è stato vaccinato, quando la destinazione è la Francia, al certificato di negatività ai test richiesto dalla Spagna anche per i bambini di più di 6 anni. Prima del rientro in Italia con qualsiasi mezzo di trasporto da un Paese Ue, da Regno Unito, Irlanda del Nord, Svizzera, Andorra, Monaco e Israele, bisogna compilare online il modulo di localizzazione digitale con nome, telefono e indirizzo (tutte le istruzioni sul sito Salute.gov.it), accompagnandolo da un documento che attesti l'esito negativo di un tampone molecolare o antigenico, effettuato nelle 48 ore precedenti. All'obbligo sono esentati i bambini sotto i 2 anni. Se non si ha il certificato, scatta la quarantena per dieci giorni. Per le destinazioni fuori Ue, bisogna consultare la lista di appartenenza dello Stato che si vuole raggiungere, secondo i cinque elenchi predisposti dall'ordinanza di maggio del ministero della Salute e in vigore fino al prossimo 31 luglio. Da oggi, intanto, in molte Regioni italiane si parte con le prenotazioni libere del vaccino e non più per fasce di età. In Lombardia si è già iniziato ieri, dalle ore 23, aprendo le registrazioni alla fascia 12-29 anni. Quanto ai dati a livello nazionale, mercoledì pomeriggio risultavano somministrate altre 136.914 dosi di vaccino per un totale da inizio campagna di 35,6 milioni. Ieri erano ancora in calo il numero dei morti (62 rispetto ai 93 delle 24 ore precedenti), delle rianimazioni: 933 (56) e degli ospedalizzati sintomatici: 5.858 (334). I nuovi casi registrati sono stati 2.897 (+0,07%), mentre il tasso di positività è risultato dell'1,2%.
La Juventus resta sotto il controllo di Exor. Il gruppo ha chiarito con un comunicato la propria posizione sull’offerta di Tether. «La Juventus è un club storico e di successo, di cui Exor e la famiglia Agnelli sono azionisti stabili e orgogliosi da oltre un secolo», si legge nella nota della holding, che conferma come il consiglio di amministrazione abbia respinto all’unanimità l’offerta per l’acquisizione del club e ribadito il pieno impegno nel sostegno al nuovo corso dirigenziale.
A rafforzare il messaggio, nelle stesse ore, è arrivato anche un intervento diretto di John Elkann, diffuso sui canali ufficiali della Juventus. Un video breve, meno di un minuto, ma importante. Elkann sceglie una veste informale, indossa una felpa con la scritta Juventus e parla di identità e di responsabilità. Traduzione per i tifosi che sognano nuovi padroni o un ritorno di Andrea Agnelli: il mercato è aperto per Gedi, ma non per la Juve. Il video va oltre le parole. Chiarisce ciò che viene smentito e ciò che resta aperto. Elkann chiude alla vendita della Juventus. Ma non chiude alla vendita di giornali e radio.
La linea, in realtà, era stata tracciata. Già ai primi di novembre, intervenendo al Coni, Elkann aveva dichiarato che la Juve non era in vendita, parlando del club come di un patrimonio identitario prima ancora che industriale. Uno dei nodi resta il prezzo. L’offerta attribuiva alla Juventus una valutazione tra 1,1 e 1,2 miliardi, cifra che Exor giudica distante dal peso economico reale (si mormora che Tether potrebbe raddoppiare l’offerta). Del resto, la Juventus è una società quotata, con una governance strutturata, ricavi di livello europeo e un elemento che in Italia continua a fare la differenza: lo stadio di proprietà. L’Allianz Stadium non è solo un simbolo. Funziona come asset industriale. È costato circa 155 milioni di euro, è entrato in funzione nel 2011 e oggi gli analisti di settore lo valutano tra 300 e 400 milioni, considerando struttura, diritti e capacità di generare ricavi. L’impianto produce flussi stabili, consente pianificazione e riduce l’esposizione ai risultati sportivi di breve periodo.
I numeri di bilancio completano il quadro. Nei cicli più recenti la Juventus ha generato ricavi operativi tra 400 e 450 milioni di euro, collocandosi tra i principali club europei per fatturato, come indicano i report Deloitte football money league. Prima della pandemia, i ricavi da stadio oscillavano tra 60 e 70 milioni di euro a stagione, ai vertici della Serie A. Su queste basi, applicando multipli utilizzati per club con brand globale e asset infrastrutturali, negli ambienti finanziari la valutazione industriale della Juventus viene collocata tra 1,5 e 2 miliardi di euro, al netto delle variabili sportive.
Il confronto con il mercato rafforza questa lettura. Il Milan è stato ceduto a RedBird per circa 1,2 miliardi di euro, senza stadio di proprietà e con una governance più complessa. Quel prezzo resta un riferimento nel calcio italiano. Se quella è stata la valutazione di un top club privo dell’asset stadio, risulta difficile immaginare che la Juventus possa essere trattata allo stesso livello senza che il socio di controllo giudichi l’operazione penalizzante.
A incidere è anche il profilo dell’offerente. Tether, principale emittente globale di stablecoin, opera in un perimetro regolatorio diverso da quello degli intermediari tradizionali, seguito con attenzione anche da Consob. Dopo l’ultimo aumento di capitale bianconero, Standard & Poor’s ha declassato la capacità di Usdt di mantenere l’ancoraggio al dollaro. Sul piano reputazionale pesa, inoltre, il giudizio dell’Economist (del gruppo Exor), secondo cui la stablecoin è diventata uno strumento utilizzato anche nei circuiti dell’economia sommersa globale, cioè sul mercato nero.
Intorno alla Juventus circolano anche altre ipotesi. Si parla di Leonardo Maria Del Vecchio, erede del fondatore di Luxottica e azionista di EssilorLuxottica attraverso la holding di famiglia Delfin, dopo l’offerta presentata su Gedi, e di un possibile interesse indiretto di capitali mediorientali. Al momento, però, mancano cifre e progetti industriali strutturati. Restano solo indiscrezioni.
Sullo sfondo continua intanto a emergere il nome di Andrea Agnelli. L’ex presidente dei nove scudetti ha concluso la squalifica e raccoglie il consenso di una parte ampia della tifoseria, che lo sogna come possibile punto di ripartenza. L’ipotesi che circola immagina un ritorno sostenuto da imprenditori internazionali, anche mediorientali, in un contesto in cui il fondo saudita Pif, guidato dal principe ereditario Mohammed bin Salman e già proprietario del Newcastle, si è imposto come uno dei principali attori globali del calcio.
Un asse che non si esaurisce sul terreno sportivo. Lo stesso filone saudita riaffiora nel dossier Gedi, ormai entrato nella fase conclusiva. La presenza dell’imprenditore greco Theodore Kyriakou, fondatore del gruppo Antenna, rimanda a un perimetro di relazioni che incrocia capitali internazionali e investimenti promossi dal regno saudita. In questo quadro, Gedi - che comprende Repubblica, Stampa e Radio Deejay - è l’unico asset destinato a cambiare mano, mentre Exor ha tracciato una linea netta: il gruppo editoriale segue una strada propria, la Juventus resta fuori (al momento) da qualsiasi ipotesi di cessione.
Jaki sembra un re Mida al contrario: uccide ciò che tocca ma rimane ricco
Finanziere puro. John Elkann, abilissimo a trasformare stabilimenti e impianti, operai e macchinari, sudore e fatica in figurine panini da comprare e vendere. Ma quando si tratta di gestire aziende «vere», quelle che producono, vincono o informano, la situazione si complica. È un po’ come vedere un mago dei numeri alle prese con un campo di calcio per stabilirne il valore e stabilire il valore dei soldi. Ma la palla… beh, la palla non sempre entra in porta. Peccato. Andrà meglio la prossima volta.
Prendiamo Ferrari. Il Cavallino rampante, che una volta dominava la Formula 1, oggi ha perso la capacità di galoppare. Elkann vende il 4% della società per circa 3 miliardi: applausi dagli azionisti, brindisi familiare, ma la pista? Silenziosa. Il titolo è un lontano ricordo. I tifosi hanno esaurito la pazienza rifugiandosi nell’ironia: «Anche per quest’anno vinceremo il Mondiale l’anno prossimo». E cosi gli azionisti. Da quando Elkann ha collocato quelle azioni il titolo scende e basta. Era diventato il gioiello di Piazza Affari. Dopo il blitz di Elkann per arricchire Exor il lento declino.
E la Juventus? Sotto Andrea Agnelli aveva conquistato nove scudetti di fila, un record che ha fatto parlare tutta Italia. Oggi arranca senza gloria. Racconta Platini di una breve esibizione dell’erede di Agnelli in campo. Pochi minuti e si fa sostituire. Rifiata, chiede di rientrare. Il campione francese lo guarda sorridendo: «John, questo è calcio non è basket». Elkann osserva da lontano, contento dei bilanci Exor e delle partecipazioni finanziarie, mentre tifosi e giornalisti discutono sulle strategie sportive. La gestione lo annoia, ma la rendita finanziaria quella è impeccabile.
Gedi naviga tra conti in rosso e sfide editoriali perdenti. Cairo, dall’altra parte, rilancia il Corriere della Sera con determinazione e nuovi investimenti. Elkann sorride: non è un problema gestire giornali, se sai fare finanza. La lezione è chiara: le aziende si muovono, ma i capitali contano di più.
Stellantis? La storia dell’auto italiana. La storia della dinastia. Ora un condominio con la famiglia Peugeot. Elkann lascia fare, osserva i mercati e, quando serve, vende o alleggerisce le partecipazioni. Anche qui, la gestione operativa non è il punto forte: ciò che conta è il risultato finanziario, non il numero di auto prodotte o le fabbriche gestite.
E gli investimenti? Alcuni brillano, altri richiedono pazienza. Philips è un esempio recente: un investimento ambizioso che riflette la strategia di diversificazione di Exor, con qualche rischio incorporato. Ma se si guarda al quadro generale, Elkann ha accumulato oltre 4 miliardi di liquidità entro metà 2025, grazie a vendite mirate e partnership strategiche. Una cifra sufficiente per pensare a nuove acquisizioni e opportunità, senza perdere il sorriso.
Perché poi quello che conta per John è altro. Il gruppo Exor continua a crescere in valore. Gli azionisti vedono il titolo passare da un minimo storico di 13,44 euro nel 2011 a circa 72 euro oggi, e sorridono. La famiglia Elkann Agnelli si gode i frutti degli investimenti, mentre il mondo osserva: Elkann è il finanziere perfetto, sa fare ciò che conta davvero, cioè far crescere la ricchezza e proteggere gli asset della famiglia.
In fondo, Elkann ci ricorda che la finanza ha il suo fascino anche quando la gestione aziendale è complicata: vendere, comprare, accumulare, investire con giudizio (e un pizzico di fortuna) può essere altrettanto emozionante che vincere scudetti, titoli di Formula 1 o rilanciare giornali. Il sorriso di chi ha azioni Exor vale più di qualsiasi trofeo, e dopotutto, questo è il suo segreto.
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Piero Cipollone (Ansa)
Come spiega il politico europeo i «soldi verranno recuperati attraverso quello che è il signoraggio all’euro digitale». Invece «per quanto riguarda sistema bancario e gli altri fornitori di servizi di pagamento, la stima è che possa essere fra i quattro e sei miliardi di euro per quattro anni», ricorda Cipollone. «Tenete conto che, rispetto a quello che spendono le banche per i sistemi It, questa è una cifra minima. Parliamo di circa il 3,5% di quello che spendono le banche annualmente per implementare i loro sistemi. Quindi non è un costo». Inoltre, aggiunge, «va detto che le banche saranno compensate» con una remunerazione molto simile a come quando si fa «una transazione normale con carta».
Cipollone ha anche descritto una sequenza temporale condizionata dall’iter legislativo europeo e dalla necessità di predisporre un’infrastruttura operativa completa prima di qualunque emissione. «Se per la fine del 2026 avremo in piedi la legislazione a quel punto pensiamo di essere in grado di costruire tutta la macchina entro la prima metà del 2027 e quindi, a settembre del 27, di cominciare una fase di sperimentazione, il “Pilot”. Per poi partire con il lancio effettivo nel 2029».
Per l’ex vicedirettore generale della Banca d’Italia, l’euro digitale è particolarmente importante per l’Europa «perché via via che si espande lo spazio digitale dei pagamenti, su questo spazio la presenza di operatori europei è quasi nulla». Insomma, «più si espande lo spazio dei pagamenti digitali, più la nostra dipendenza da pochi e importanti operatori stranieri diventa più profonda», ricorda Cipollone. «Le parole chiave sono “pochi” e “non europei”, perché pochi richiama il concetto di scarsa concorrenza, stranieri non europei richiama il concetto di dipendenza strategica da altri operatori. Noi non abbiamo nulla contro operatori stranieri che lavorino nell’area dell’euro. Il problema è che noi vorremmo che l’area dell’euro avesse una sua infrastruttura autonoma, indipendente, che non dipenda dalle decisioni degli altri».
Cipollone ribadisce poi la posizione della Bce sul contante: resta centrale perché «estremamente semplice da usare», quindi inclusivo, utilizzabile ovunque e «sicuro» perché «senza alcun rischio associato». Il problema, però, è che nell’economia sempre più digitale il contante diventa meno spendibile: «Sta diventando sempre meno utilizzabile nell’economia». Da qui l’argomento «di mandato»: se manca un equivalente del contante online, si toglie ai cittadini la possibilità di usare moneta di banca centrale nello spazio digitale; «è come discriminare contro la moneta pubblica». Quindi la Bce deve «estendere una specie di contante digitale» con funzioni analoghe al contante, ma adatto ai pagamenti digitali.
Il politico ieri ad Atreju ha anche parlato di metallo giallo ricordando che le riserve auree delle banche centrali sono cresciute fino a circa 36.000 tonnellate. Come ha spiegato l’esperto, queste riserve «hanno un fondamento storico importante» perché, quando c’era la convertibilità, «servivano come riserva rispetto alle banconote». Oggi, con le monete a corso legale, «la credibilità del valore della moneta è affidata a quella della Banca centrale nell’essere capace di controllare i prezzi», ma «una eco di questa convertibilità è rimasta»: oro e valute restano riserve di valore contro rischi rilevanti.
Come ha spiegato, le Banche centrali comprano oro soprattutto come difesa «contro l’inflazione» e contro «i rischi nei mercati finanziari», e perché «le riserve sono una garanzia della capacità del Paese di far fronte a possibili shock esterni». Per questi motivi, «l’oro è tornato di moda».
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