2021-12-29
Svendere la Salernitana scatenerà una guerra legale
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Ci sarebbero diverse offerte sul tavolo, almeno 3, ma può darsi che il vero salvatore della patria possa essere ancora coperto. Il prezzo continua a scendere e se l'affare si concludesse a cifre minime la partita potrebbe finire nelle mani degli avvocati.ll 31 dicembre scade il termine per formalizzare le offerte per salvare la Salernitana, la squadra di serie A ultima in classifica da una settimana in corsa contro il tempo per evitare l’esclusione dal campionato. Da quel che circola dalle parti della Lega Calcio c’è fiducia sulla possibilità che la questione si risolva, senza danneggiare il campionato e consentendo ancora alla città di Salerno di tifare la squadra granata. Nelle prossime ore dovranno arrivare le offerte complete, vincolanti, con tanto di fideiussione a garanzia dell’intero importo e versamento della caparra del 5%. Fino adesso l’offerta più credibile sembra quella della cordata dell’imprenditore Domenico Cerruti 53 anni, salernitano di Albanella, fondatore della C&C Energy, azienda che opera nel settore delle energie rinnovabili e considerato molto vicino al presidente della Federcalcio Gabriele Gravina. «Sono molto amico del presidente Gravina e sento un dovere cercare di aiutare la Salernitana a continuare a partecipare al campionato di serie A. Personalmente ci provo» aveva detto Cerruti nei giorni scorsi. L’imprenditore campano è anche presidente della Eway finance, partecipata della Banca del Fucino capofila del gruppo bancario Igea Banca, legato a doppio filo sempre con Gravina.A quanto risulta alla Verità potrebbe esserci anche una proroga di anche 45 giorni se i trustee dimostreranno di avere accettato un’offerta. Insomma potrebbe essere un mese e mezzo di tempo in più che dovrà essere necessario per chiudere le operazioni. In questi giorni il presidente della Federcalcio è stato più volte chiaro. «Ci deve essere speranza, vorrei essere ottimista. Una piazza così importante merita di continuare la sua strada, ma con la dignità che appartiene a una città che lo merita. Auspichiamo una soluzione in tempi rapidi. L'unica ancora di salvezza è una proprietà che possa dare continuità a progetto sportivo». Che sarebbe andata a finire così lo si poteva immaginare già l'estate scorsa, nel momento della conquista della promozione in Serie A. Ma l'insistenza da parte di Gravina non sembra altro che un modo per costringere Claudio Lotito a vendere. Certo, Lotito, che oltre che proprietario della Salernitana è anche presidente della Lazio, aveva detto di non aspettarsi la salita nella massima serie, ma ci si poteva aspettare questo risultato. Per di più non si era detto di vendere all'epoca, ma di non gestire. Ora invece la Figc continua a pressare. La Salernitana fu ammessa al campionato sotto deroga affidando l'amministrazione del club a un trust in attesa di trovare un acquirente. Ora il club campano vista la promozione in Serie A è gestito da due trust Melior Trust s.r.l. e Widar Trust s.r.l. con amministratore unico il generale Ugo Marchetti. Secondo le indiscrezioni del giornale locale La Città, la Salernitana avrebbe un passivo di 41 milioni e 790mila euro al 30 settembre 2021, con un patrimonio netto di 208mila euro. Ma la società ha smentito le indiscrezioni nei giorni scorsi. Il problema è che il prezzo del club in questo modo continua a scendere. Ormai si parla di un prezzo che varia tra 15 e i 20 milioni di euro. E la vendita potrebbe diventare un problema se a cifre così basse. Tanto che c’è già chi ipotizza cause milionarie contro la Figc. Insomma, anche se la situazione dovesse sbloccarsi e la Salernitana salvarsi non è detto che la guerra tra Lotito e Gravina finisca. Anzi, di sicuro potrebbe peggiorare. Fra poco in assemblea tornerà all’ordine del giorno il tema fondi caro a Gravina e al presidente dalla Lega Paolo Dal Pino.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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