2019-06-04
Veltroni si vanta di aver favorito l’invasione
L'ex sindaco pubblica un libro sulla sua esperienza alla guida della Capitale. Tra i suoi «successi» cita il voto agli stranieri e le aperture all'immigrazione di massa. Poi la sparata: «A Roma non ci sono ghetti». Invece ci sono, è la sinistra che li ignora.Finché ci sarà Walter Veltroni, potremo dormire sonni tranquilli. Fino a quando il nostro eroe continuerà a essere un punto di riferimento, una specie di guru, per la sinistra italiana, state sicuri che sul fronte progressista nulla cambierà, e che il Partito democratico continuerà ad avere le stesse priorità di sempre: migranti e minoranze assortite. Ieri Corriere della Sera e Repubblica hanno celebrato all'unisono il nuovo libro di Veltroni. Si intitola Roma. Storie per ritrovare la mia città (Rizzoli), ed è un'operazione davvero meravigliosa. Da una parte, Walter si vanta dei suoi passati successi alla guida della Capitale. Dall'altra, scodella una sorta di manifesto politico che i suoi compagni di partito dovrebbero recepire e mettere a frutto. Leggendo il lungo estratto del libro uscito su Repubblica, dunque, abbiamo il vantaggio di poter comprendere in un sol colpo gli errori passati, presenti e futuri della sinistra italiana. Veltroni, infatti, rivela di essere stato il primo a spendersi in difesa dei migranti quando tutti gli altri facevano finta di niente. In pratica, sta rivendicando il fallimento della sua parte politica: bisogna ringraziare la sua preveggenza se i progressisti, oggi, si dannano per gli stranieri fregandosene di tutti gli altri. Non solo: Walter sostiene che la sua azione amministrativa debba servire come esempio per i democratici tutti, orientando la loro linea negli anni a venire. Grande idea: dopo aver provocato il disastro, invita ad alimentarlo. Per prima cosa, Veltroni racconta di aver insistito, nel 2003, per dare «degna sepoltura alle vittime delle tragedie dell'immigrazione». Bellissima idea, peccato che, già allora, il nostro non avesse capito proprio nulla del fenomeno migratorio. Di fronte ai primi barconi e ai primi naufragi, Walter ha subito trovato una soluzione: accogliere subito, accogliere tutti. Ancora adesso è convintissimo di ciò che ha fatto. «Troppe volte», scrive, «non sembra che ci si renda conto che la nostra è una “comunità di destino", che il dramma del Sud del mondo, della povertà, della fame, riguarda tutti noi. Anche i ricchi, persino i più cinici ed egoisti». Parole commoventi, sul serio. Peccato che a noi - che non siamo ricchi ma forse un po' cinici - a sentir parlare di «accoglienza» e «integrazione» in riferimento a Roma venga subito in mente mafia capitale. Ci viene da ripensare a Salvatore Buzzi, quello che faceva più soldi con i migranti che con la droga, e che dichiarava: «I rapporti con le giunte Rutelli e Veltroni erano ottimi, eravamo la cooperativa sociale di riferimento». Questo ovviamente non significa che il caro Walter fosse coinvolto in chissà quali attività illegali. Il fatto è che sbandierare la sua propensione all'accoglienza dopo tutti i problemi che l'invasione ha causato, beh, è quanto meno sgradevole. Eppure Veltroni è proprio convintissimo. Spiega di essere stato il primo a far sedere in Comune «i rappresentanti delle comunità straniere di Roma», in modo che avessero «diritto di parola su ogni argomento, non solo sui problemi degli immigrati». A suo dire, si trattava di «una questione di civiltà, perché crediamo sia un segno importante di apertura e di attenzione verso un futuro che sarà sempre più multietnico». Già, visto che il futuro sarà comunque multietnico, tanto vale agevolare la sostituzione. E infatti l'ex sindaco si lancia in una strenua difesa dello ius soli: «Non ho proprio dubbi: è non solo un dovere ma una cosa “naturale" rendere al più presto cittadini italiani, a tutti gli effetti, questi bambini (gli stranieri, ndr)». Chissà che, alla fine, i «nuovi italiani» non siano riconoscenti e si decidano a votare il Pd. Fu proprio Veltroni, nel lontano 2008, a proporre - da segretario del Pd - il «diritto di voto nelle elezioni amministrative e nelle altre elezioni locali a tutti coloro che sono residenti in Italia da un certo numero di anni, anche se non in possesso della cittadinanza italiana». Un'altra grande idea veltroniana in anticipo sui tempi: visto che gli italiani non votano più a sinistra, puntiamo sugli stranieri. L'intero testo di Walter apparso su Repubblica è un concentrato di immigrazionismo all'ennesima potenza. Ma il passaggio più rilevante, quello che davvero mostra quanta comprensione del mondo abbiano i capi della sinistra, riguarda le periferie. Sentite qua: «Roma», scrive Veltroni, «ha come sua caratteristica distintiva la mancanza di quei ghetti etnici che sono presenti in altre realtà metropolitane e che costituiscono una vera e propria barriera dal punto di vista sociale». Ah, a Roma non ci sono ghetti? Di nuovo, a noi torna in mente l'edificio fatiscente del quartiere San Lorenzo dove è morta Desirée Mariottini, ammazzata da spacciatori stranieri. O, più semplicemente, ci viene da pensare a zone come Casal Bruciato o Torre Maura e alle loro rivolte dell'esasperazione contro l'assegnazione di alloggi popolari ai rom. Sostenere che a Roma non esistano ghetti significa non avere coscienza di questi problemi di convivenza. E non si tratta di questioni nate ieri, ma di difficoltà che già nell'epoca veltroniana si potevano e dovevano affrontare. Evviva Walter Veltroni, dunque: finché ci sarà lui, la sinistra fuori dal mondo continuerà a esistere. Ma, fortunatamente, diventerà sempre più marginale.
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