2019-01-05
Velo integrale e garante saudita: italiane in trasferta nel Medioevo
Le donne che vogliono assistere a Juve-Milan dovranno affrontare un percorso a ostacoli: a Gedda si entra solo se si ha uno sponsor arabo. Pericolosissimo scoprire il volto e dialogare in lingue diverse da quella locale.La propaganda di Stato di Mohammed Bin Salman, conosciuto anche con l'acronimo di Mbs, il re saudita, the king, aveva sbandierato già sei mesi fa che il visto turistico sarebbe stato rilasciato anche alle donne di età pari o superiore a 25 anni e, udite udite, pure senza accompagnatore maschile. Ma già sul sito della Farnesina le italiane che hanno in mente di sostenere i colori del loro club del cuore durante la finalissima di Supercoppa italiana tra Juventus e Milan, mercoledì 16 gennaio, troveranno un primo ostacolo. Il più grande. Che si contrappone alle notizie diffuse dalla Lega di Serie A e alimenta la confusione. I visti per entrare in Arabia Saudita, si apprende dal sito Viaggiare sicuri by Farnesina, vengono concessi esclusivamente su richiesta di un garante saudita, denominato «sponsor». Senza uno sponsor del posto, che per la legge locale è anche il responsabile di tutti i comportamenti dell'ospite, quindi, nisba. Si resta a casa. Anche perché l'Ambasciata d'Italia e il Consolato generale a Gedda, città in cui si giocherà la partita, non possono sponsorizzare i privati cittadini per un visto d'ingresso. Dura lex, sed lex. Ma qualche indomita potrebbe riuscire a superare la barriera del visto, costringendo il proprio marito o un fratello ad accompagnarla allo stadio, e, accettata anche l'imposizione dell'abaya, l'abito nero che copre dalla testa ai piedi (anche questo, stando alla regale propaganda, eliminato con disposizione legislativa, ma di fatto indossato da tutte le cittadine saudite e quindi consigliabile anche alle straniere), decidere di comprare un biglietto. Nelle prime tre ore di vendita sono stati staccati 50.000 dei 60.000 ticket disponibili (Lo stadio King Abdullah sports city di Gedda ha una capienza di circa 60.000 posti). La donna single italiana che deciderà quindi di trovare uno sponsor saudita, indossare il vestitone ultracoprente e comprare un biglietto, si troverà ora davanti al secondo muro da oltrepassare: riuscire a interpretare le indicazioni, esclusivamente in arabo, della piattaforma Sharek, unico sito al quale è stata affidata la vendita. Le indicazioni per l'acquisto erano state già specificate dalla Lega di Serie A: «Ogni tifoso potrà acquistare esclusivamente un solo biglietto e il relativo visto di ingresso elettronico per l'Arabia Saudita, anch'esso a pagamento». A far indignare è stato soprattutto l'obbligo, per le donne, di acquistare il ticket solo per i posti riservati alle famiglie, dove, ovviamente, le single non sono ammesse. Sono due, infatti, le tipologie di biglietti disponibili (escludendo i pacchetti gold): uno per single, ossia i soli uomini, e uno per «families», cioè per tutta la famiglia, e quindi anche per le donne. Il presidente della Lega, Gaetano Micciché, però, che probabilmente ha notizie che superano le conoscenze messe a disposizione dalla Farnesina, in un comunicato ufficiale ha provato a fare chiarezza sulla possibilità per le donne di accedere allo stadium di Gedda senza essere accompagnate: «E voglio precisare», sono le parole di Micciché, «che le donne potranno entrare da sole alla partita senza nessun accompagnatore uomo, come scritto erroneamente da chi vuole strumentalizzare il tema: la nostra Supercoppa sarà ricordata dalla storia come la prima competizione ufficiale internazionale a cui le donne saudite potranno assistere dal vivo». E qui, prendendo alla lettera le parole del presidente, si crea la seconda controversia: le donne saudite potranno assistere dal vivo e potranno anche arrivare sole allo stadio. Ma le italiane? Da qualche mese sua maestà, che ha in mente di modernizzare il Paese e sostiene anche di aver pensato alla parità di salario tra uomo e donna, ha dato libero accesso allo stadio anche al pubblico femminile, spiegando che la loro presenza nel settore dedicato alle famiglie serve esclusivamente per proteggerle, tenendole lontane dagli sguardi indiscreti degli uomini non sposati. Una separazione che bisogna rispettare anche al di fuori della struttura sportiva, nei parcheggi e nei percorsi di accesso. In verità, non in tutto il Paese sono ammesse le ultrà. Sono soltanto tre le strutture indicate dall'Autorità generale dello sport come idonee ad accogliere le sostenitrici femminili: lo stadio internazionale re Fahd a Riad, lo stadio principe Mohammad Bin Fahd a Dammam e, appunto, lo stadio re Abdullah a Gedda. E se sullo sport le saudite l'hanno spuntata, su tutto il resto la legislazione di sua maestà il futurista le taglia fuori: le donne non hanno ancora diritto a un processo equo, hanno diritto solo alla metà dell'eredità rispetto ai loro fratelli, prima di sposarsi devono ottenere il permesso di un tutore, non hanno diritto ad aprire un conto in banca e, prima di sottoporsi a qualsiasi operazione chirurgica, devono ricevere l'approvazione di un parente maschio. Fino al 24 giugno scorso non potevano neanche guidare. Poi il rampollo dei Salman ha fatto cadere questo tabù. Ma se le tifose italiane che saranno riuscite a superare tutte le difficoltà per veder giocare la loro squadra nel Golfo Persico sperano di trovare una donna alla guida di un taxi una volta giunte a Gedda, rimarranno deluse: i tassisti sono quasi tutti uomini pachistani e, ultimo scoglio, vanno guidati a gesti, perché, a leggere sul Web le esperienze di chi l'avventura l'ha già fatta, non parlano inglese.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)