2021-05-15
Veleni su Gratteri per il caso Mancini. «Non ho organizzato l’incontro con Renzi»
Il procuratore (che punta a Milano) smentisce il coinvolgimento. Lo 007 fu messo in contatto con la dama del cardinale BecciuIn questo momento lo 007 Marco Mancini, capo reparto del Dipartimento informazioni per la sicurezza (Dis), è l'untore che infetta tutti quelli che lo incrociano. A renderlo tale è il suo coinvolgimento nel rapimento dell'imam Abu Omar per cui era stato condannato dal Tribunale di Milano a nove anni di carcere e assolto in Cassazione dopo l'allargamento del perimetro del segreto di Stato. Ieri La Repubblica ha scagliato Mancini contro il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, candidato per la poltrona di procuratore di Milano. Mancini, secondo la ricostruzione, mentre era a caccia di una vicedirezione nell'ambito dell'intelligence, poltrona che gli sarebbe stata promessa dall'ex primo ministro Giuseppe Conte, avrebbe bussato a qualunque porta: «Anche a quella di un vecchio amico, il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri. È il magistrato a chiamare Renzi [...] pregandolo di incontrare Mancini che, evidentemente, in quella vigilia di Natale, comincia a sentire puzza di morto a Palazzo Chigi e ritiene utile un appoggio per la nomina». In autogrill Mancini avrebbe chiesto a Renzi delucidazioni anche sulla crisi che Italia viva aveva aperto, ricevendo conferma delle criticità del rapporto con Conte del fu Rottamatore. Da anni Gratteri e Mancini sono amici. Si dice dai tempi in cui Gratteri scoprì un arsenale (plastico, lanciarazzi, kalashnikov, bombe a mano) nella Piana di Gioia Tauro grazie al Sismi (per cui lavorava Mancini) e ai carabinieri del Ros. Si sospettò che le armi servissero a togliere di mezzo il magistrato. Era il 2005: Gratteri era sostituto procuratore a Reggio Calabria. Il rapporto con Mancini sarebbe poi fiorito durante la pandemia: quando è capitato a Roma, il procuratore è stato avvistato mentre si recava per cenare nell'alloggio di servizio dello 007. Nonostante i rapporti, però, disconosce la ricostruzione fatta da Repubblica e con La Verità è telegrafico: «Non ho chiamato il senatore Renzi per fissare l'appuntamento con il dottor Mancini». Concisa anche la portavoce dell'ex premier: «Fu Mancini a contattare direttamente Renzi sul cellulare via sms». Il magistrato, per i suoi metodi e la sua non adesione a correnti progressiste, ha molti estimatori, ma anche diversi nemici. Quando Renzi lo scelse come ministro in pectore, pare sia stato bruciato dal veto di Giorgio Napolitano, che avrebbe avuto come suggeritore l'allora procuratore di Roma Giuseppe Pignatone. Nelle scorse settimane Gratteri era stato attaccato per una prefazione al libro «Strage di Stato, le verità nascoste della Covid-19», scritto dal medico Pasquale Bacco e dal giudice della Corte d'appello di Messina Angelo Giorgianni, noti per le posizioni piuttosto estreme. Ora Gratteri viene associato a Mancini.Stessa sorte per Renzi. L'incontro con lo 007 di cui si è occupato Report ha alzato un polverone. I due si sono visti lo scorso 23 dicembre in un parcheggio dell'autogrill di Fiano Romano per una quarantina di minuti. Un'insegnante avrebbe filmato i due. Renzi ha spiegato che avrebbe dovuto incontrare Mancini al Senato, ma che l'incontro gli era sfuggito di mente: «Doveva portarmi i babbi, un dolce romagnolo». Per questo si sarebbero visti in autostrada. Mancini cercava sponde per la nomina a vicedirettore di Dis o Aise, avendo saputo di non essere gradito al Quirinale. Così aveva cercato di agganciare uomini legati alla corrente Pd più vicina al Colle, che va da Lorenzo Guerini a Dario Franceschini. Nell'alloggio di servizio Mancini avrebbe ospitato a cena Renzo Lusetti, ex pd oggi consulente, in quest'ottica.Report aveva puntato Mancini, come anticipato dalla Verità a novembre, per i suoi rapporti con Cecilia Marogna, aspirante 007 del Vaticano legata al cardinale Angelo Becciu. La donna ha riferito in tv che Becciu le aveva dato l'ordine di tenere rapporti istituzionali col capo dell'Aise Luciano Carta, per una «cooperazione» durata, a dire della donna, «un lasso di tempo importante», in operazioni «per casi di sequestro di persona». Poi i rapporti con Carta si sarebbero interrotti e Marogna avrebbe puntato sull'esperto di sicurezza Giuliano Tavaroli (già condannato nell'inchiesta sui dossieraggi della security Telecom), collega e amico di Mancini, per avere contatti con altri dirigenti dei servizi. E a Report Marogna ha sostenuto che i suoi nuovi amici avrebbero voluto utilizzarla come ghigliottina per Becciu, Papa Francesco e Carta. Ad essere legati a Mancini sono stati in tanti, a partire dal leader della Lega Matteo Salvini, che ieri ha spiegato di aver incontrato lo 007 da ministro più volte in ufficio, e di averlo visto per la prima volta in carcere a San Vittore, quando andò a trovarlo da consigliere di Milano. Avrebbe conosciuto bene il dirigente del Dis anche l'ex sottosegretario pentastellato alla Difesa Angelo Tofalo, che alla Verità spiega: «Conosco bene Mancini, lo ritengo tra le migliori risorse della nostra intelligence. Purtroppo per lui questo Paese si regge sulle raccomandazioni e sulle incompetenze». Ieri il dimissionario direttore del Dis Gennaro Vecchione, indebolito dalla vicenda Mancini-Renzi, in un clima surreale ha salutato i vecchi dipendenti. Nel commiato ha espresso gratitudine, tra gli altri, al vicedirettore Carmine Masiello con una battuta: «Ti ringrazio anche perché hai dovuto sopportare quella persona che hai alle dipendenze». Ogni riferimento a Mancini era puramente casuale. Poi ha sottolineato di essere stato colpito dal fuoco amico proprio del Dis. Mancini, detto «Tortellino» per le sue origini emiliane, non era presente.