2022-01-19
Vaccini, effetti avversi e consenso. Nuova sberla dei giudici a Speranza
Il Consiglio amministrativo della Sicilia incalza il ministero e il Css di Franco Locatelli su obbligo di iniezioni, liberatoria, efficacia degli antidoti e farmacovigilanza: «Chiarite entro febbraio o andremo alla Consulta».I guai di Roberto Speranza indossano la toga. Dopo la mazzata del Tar del Lazio, che ha stracciato il protocollo «paracetamolo e vigile attesa», al ministro della Salute arriva un’altra sveglia dal Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia, l’equivalente del Consiglio di Stato nell’isola. I giudici hanno diramato una chiara ingiunzione al dicastero: rispondete nostre domande su vaccini, consenso informato e farmacovigilanza, oppure, interpellati sull’obbligo di inoculazione per il personale sanitario, solleveremo la questione di costituzionalità dinanzi alla Consulta.Tutto nasce dal ricorso di un giovane studente d’infermieristica, cui l’università di Palermo nega il tirocinio formativo in reparto, perché ha rifiutato le dosi anti Sars-Cov-2. Il Tar dà torto al ragazzo, che allora si rivolge al Cga: lui reputa incostituzionale il requisito, non si fida di questi farmaci, li considera sperimentali e, soprattutto, dichiara di essere già guarito dal Covid e di temere, in caso di ulteriori stimoli, una grave reazione immunitaria, come quella che ha provocato una vittima ad Augusta, «secondo le risultanze delle indagini penali». Invero, nemmeno i magistrati d’appello gli danno ragione. Confermano, anzi, che l’obbligo vaccinale per medici e infermieri assolve a una funzione di tutela «non solo - e anzitutto - di questo personale sui luoghi di lavoro», ma altresì «degli stessi pazienti e degli utenti della sanità». Peraltro, «dalla documentazione in atti non si evince» che lo studente abbia diritto a un’esenzione. Insomma, o egli offre il braccio alla patria, o non frequenterà il tirocinio. La sentenza, però, non si esaurisce qui. Innanzitutto, ribadisce il principio cristallizzato dalla Consulta: se si verificano effetti avversi, si ha diritto al risarcimento pure dopo aver firmato il consenso informato, per una puntura che è semplicemente «raccomandata» e non obbligatoria. Dopodiché, il dispositivo inchioda le autorità centrali alle loro reticenze.I magistrati riconoscono che il contenzioso «solleva anche problemi diversi e ulteriori» rispetto a quelli già esaminati dal Consiglio di Stato, che aveva assolto, per così dire, il meccanismo di farmacovigilanza e decretato la liceità delle iniezioni coatte. I rimedi antivirus, rileva il Cga, sono sottoposti a un’autorizzazione «condizionata all’acquisizione di più completi dati», posteriore al via libera alle somministrazioni. In più, lo scenario epidemiologico è mutato, per via della «diffusione di nuove varianti quale la Omicron, rispetto alle quali i vaccini non sono ancora “aggiornati”». Tant’è che, sulla loro «relativa e attuale efficacia protettiva la comunità scientifica non pare aver raggiunto una conclusione unanime». Nel frattempo, «si profila una reiterazione di somministrazioni in tempi ravvicinati (sei mesi o addirittura quattro), sulla cui opportunità non si ravvisa, parimenti, una posizione unanime, per cui l’attuale obbligo vaccinale pone un (nuovo) problema di proporzionalità». Già, perché - e qui la sentenza denuda le lacune nella strategia del governo - si va prospettando «una imposizione di queste somministrazioni nell’anno per periodi di tempo indeterminati». I giudici hanno capito il trucchetto: altro che fine dell’emergenza a marzo, altro che scadenza dell’obbligo per over 50 il 15 giugno. A Roma immaginano booster eterni, ogni volta obbligatori, con preparati ormai «bucati» dal virus. Ergo, è plausibile un «incidente di costituzionalità». L’obbligo di vaccinarsi contro il Covid - rivolto al personale sanitario, ma il ragionamento sarebbe ugualmente applicabile agli ultracinquantenni - è o non è compatibile con la nostra Carta fondamentale? Per provare la «non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità», le toghe debbono verificare se la norma rispetti i paletti posti dalla Consulta. Così, sollevano quattro quesiti, la risposta ai quali è affidata all’istruttoria di un collegio composto da segretario generale del ministero della Salute (Giovanni Leonardi), presidente del Consiglio superiore di sanità (Franco Locatelli) e direttore della Prevenzione presso il dicastero (Gianni Rezza). Ecco i dubbi del Cga. Primo. I giudici amministrativi chiedono se l’analisi del rapporto rischi-benefici dell’inoculazione sia svolta «da parte del medico vaccinatore, anche sulla base dell’anamnesi»; se, a tal fine, «vengano consigliati all’utenza test pre vaccinali, anche di carattere genetico (considerato che il corredo genetico individuale può influire sulla risposta immunitaria indotta dalla somministrazione del vaccino)»; se ai dottori sia stato chiesto di eseguirli sui loro assistiti; e in virtù di quali «evidenze scientifiche» si stabilisca di inoculare anche chi è già guarito dal Covid.Secondo. I magistrati vogliono lumi sulle «modalità di raccolta del consenso informato», sulla documentazione presentata ai candidati all’iniezione e sul «perdurante obbligo di sottoscrizione del consenso informato anche in situazione di obbligatorietà vaccinale»: se la puntura è forzata, che consenso sussiste?Terzo. Le toghe s’interrogano sul monitoraggio degli effetti collaterali, che permetterebbe, «in casi di pericolo per la salute pubblica […], la sospensione dell’obbligo vaccinale». Pretendono spiegazioni sulle ultime novità in materia di efficacia dei vaccini, vista la comparsa di varianti che li eludono. Invocano, pertanto, statistiche dettagliate sulle infezioni e raffronti tra popolazione vaccinata e non vaccinata.Quarto. I giudicanti sollecitano dettagli sulla «articolazione della sorveglianza post vaccinale», attiva e passiva, domandando se ai medici di base sia stato affidato il compito di comunicare al regolatore (sistematicamente, o quando lo ritengo opportuno?) tutti gli effetti aversi, o solo alcuni - e con quali modalità. Meno misteri, più trasparenza. Risultato, un ultimatum: i «chiarimenti […] dovranno pervenire entro il 28 febbraio». L’organo incaricato dell’istruttoria sarà convocato il 16 marzo. Dopo, il Cga valuterà il ricorso alla Consulta. Tar del Lazio, Palermo, Bergamo: errori, omissioni e pasticci di Speranza & c. sono alla sbarra. Se qualcuno credeva di trovare una sicura sponda nei tribunali, ora s’è accorto che rischia di naufragare.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
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