2023-10-22
Gli Usa sostengono l’Italia sui conti a rischio
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
S&P conferma il rating, ma elenca criticità ereditate da Giuseppe Conte e Mario Draghi (Superbonus), dovute al caro energia (Pnrr) oppure collegate alla instabilità internazionale (spread). Bank of America: «Non ci sono imprudenze del governo Meloni».Chi con un poco di apprensione, chi nella speranza di una bocciatura (tutta da ribaltare politicamente sul governo in carica): tanti aspettavano il responso sul rating al debito italiano da parte di Standard & Poor’s. Arrivato venerdì in tardissima serata (troppo tardi per le nostre rotative), il report di S&P ha nei fatti confermato il giudizio «BBB» e messo un bel timbro sotto la voce outlook stabile. Cioè previsioni di congruenza. La questione si potrebbe archiviare, dunque, subito. Salvo il fatto che a novembre ci sono altri due appuntamenti. Prima con Fitch e poi con Moody’s. Il parere di quest’ultima agenzia di rating è atteso per il 17 novembre, e rimane il più delicato. Una bocciatura porterebbe la valutazione del debito sovrano tricolore a livello junk e quindi in automatico fuori dal paniere di acquisti della Bce. Inutile dire che lo step di Standard & Poor’s è una buona premessa, ma non solo per il voto complessivo di promozione: soprattutto per le critiche espresse nello svolgimento della valutazione. In estrema sintesi, i paragrafi preceduti da avversativi riguardano tre temi. Il primo è il Superbonus, il secondo la messa a terra del Pnrr e il terzo l’andamento complessivo dei tassi di interesse. In Europa e pure in giro per il mondo. In relazione alle prime critiche, l’agenzia di rating non ci insegna nulla di che. Il Superbonus è eredità dei governi Conte e Draghi. Giorgia Meloni si è limitata a gestire la patata bollente cercando, da un lato, di non far scoppiare il deficit, ma nemmeno far fallire miglia di imprese. E gli analisti sembrano aver colto perfettamente la strategia di sostenibilità dell’economia. Le preoccupazione sul Pnrr ovviamente sono più complesse da interpretare. Ma anche in relazione allo specifico dossier viene posta l’attenzione sull’importanza della rimodulazione dei processi e dell’adeguamento degli investimenti alla contingenza che è chiaramente mutata rispetto al 2021. Prima, cioè, dello scoppio della guerra e dell’impennata dei prezzi dell’energia. Infine, resta l’enorme questione dei tassi d’interesse. E qui vale la pena di citare il report di Bank of America datato proprio venerdì 20 ottobre. Le note inviate ai clienti dalla banca d’affari fanno capire come non esista un’emergenza sui conti pubblici italiani agli occhi degli investitori internazionali. BofA, solitamente non tenerissima verso l’Italia, evidenzia come lo spread che supera i 200 punti base sia il riflesso di una dinamica generale che trova riscontro nelle vendite che hanno colpito i mercati azionari internazionali e gli stessi Bund tedeschi i cui rendimenti hanno toccato il massimo dal 2011. I grandi investitori stanno cioè riducendo l’esposizione nel mercato obbligazionario a livello globale.BofA entra nel merito delle questioni. Si sofferma sul Superbonus e sulla spesa dei fondi Ue e lo fa in linea con Standard & Poor’s. Entra anche nel merito della manovra. «Alcuni osservatori nelle ultime settimane», si legge nel documento, «hanno attribuito il rialzo dei rendimenti dei Btp a una legge di bilancio rilassata. Noi non siamo d’accordo», proseguono gli analisti di BofA, «È vero il deficit salirà, ma non riusciamo a osservare numeri imputabili a imprudenze del governo. Al limite il dato di scostamento può essere un’equazione riconducibile alla complicazione del quadro macroeconomico». E il riferimento (lo si vede dagli allegati) va alle guerre in corso e alle recenti impennate dei prezzi del gas e dell’energia in generale. «C’è una tensione nell’Eurozona che rischia di esplodere se non si pone argine al prezzo del petrolio e del gas, che iniziano a salire in modo rilevante», spiega Gianclaudio Torlizzi esperto di materie prime. «Il mercato inizia a temere una frammentazione nell’Europa perché sfugge la componente energetica che dipende da variabili mondiali. Certo ai mercati non sfugge che l’Italia è tra i Paesi con maggiore debito pubblico. Ma l’ampliamento dello spread ci sarebbe stato anche se a fare il premier in Italia non ci fosse Meloni, ma il capo del Fondo monetario internazionale». A questo punto resta da analizzare più da vicino quali possano essere le prossime mosse della Bce. Secondo la banca d’affari americana, nonostante le tensioni geopolitiche, il panorama monetario Ue non dovrebbe finire frammentato, cioè con importanti divergenze tra blocchi di Paesi. Il che escluderebbe a priori interventi da parte della Bce con i nuovi strumenti di acquisto dei titoli di Stato, che come abbiamo scritto più volte inserirebbero una serie di discrezionalità pericolose per i Paesi ad alto debito pubblico. Se così fosse il cerchio si chiude. Da un lato significa che per sostenere l’economia serve una forte presenza internazionale per partecipare ai tavoli bellici e a quelli che si occupano di infrastrutture energetiche. D’altro lato che i partiti politici che per un decennio hanno sfruttato lo spread rischiano di rimanere a bocca asciutta. Gran parte dei problemi deriva dal governo dei competenti e il rimanente dalle guerre e dai tassi, cose abbastanza lontane da Roma.
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