2020-07-06
Unioni gay. Tanto rumore per nulla
L'avevano presentata come un'urgenza assoluta, ma quattro anni dopo il varo della norma che permette alle coppie dello stesso sesso di ufficializzare il loro rapporto, queste non sembrano ansiose di farlo: gli ultimi dati ne rilevano appena 9.520 e il numero continua a calare. Tutte le cifre dell'insuccesso.Quattro anni dopo la legge Cirinnà, le unioni civili sembrano interessare assai poco agli Lgbt italiani. Le coppie dello stesso sesso che legalizzano la loro posizione sono in calo, a dispetto delle battaglie condotte per ottenere uno status giuridico per alcuni aspetti analogo a quello riconosciuto al matrimonio, però senza obbligo di fedeltà né «di collaborazione nell'interesse della famiglia». Un bilancio degli anni 2016, 2017 e 2018 (gli unici per i quali sono disponibili i numeri di queste unioni), è stato appena pubblicato da due docenti di demografia del dipartimento di statistica dell'Università di Padova. Su Neodemos, foro indipendente di osservazione e analisi delle tendenze in atto, i professori Maria Castiglioni e Gianpiero Dalla Zuanna arrivano a questa conclusione: «I dati mostrano che l'entusiasmo degli omosessuali verso le unioni civili resta assai inferiore rispetto a quello - a dire il vero già fiacco - degli eterosessuali verso il matrimonio». Non è un crollo vertiginoso come in Svizzera, dove dieci anni dopo la legge sulla «unione domestica registrata», di coppie omosessuali, dal picco di 2.400 unioni civili del 2007 si passò a 701 nel 2015, ma sempre si tratta di numeri al ribasso. Vediamo perché i due autori dello studio arrivano ad affermare che «la propensione a legalizzare una relazione di coppia è sensibilmente minore per gli omosessuali rispetto a quella degli eterosessuali». Negli ultimi cinque mesi del 2016, dopo l'entrata in vigore della legge sulle unioni civili (nota come Cirinnà, dal nome della senatrice dem Monica Cirinnà, prima firmataria del ddl), davanti a un ufficiale dello stato civile si unirono 2.336 omosessuali. Sicuramente molte coppie già conviventi erano in attesa del via libera, questo spiegherebbe il numero relativamente alto. Nel 2017, si costituirono 4.376 unioni (già in calo, considerato il dato su dodici mesi), l'anno dopo scesero a 2.808. L'età media era di 50 anni per gli uomini, 46 per le donne, la decisione veniva presa soprattutto nelle regioni del centro-nord e nelle aree metropolitane. Al primo gennaio 2019, in Italia risultavano uniti civilmente 11.800 uomini e 5.700 donne ma Castiglioni e Dalla Zuanna ci spiegano che le unioni fra coppie di omosessuali uomini appaiono il doppio di quelle tra lesbiche, solo perché nel nostro Paese il numero di queste ultime è inferiore. In realtà, infatti, sono più numerose le unioni tra donne. Numeri e stime alla mano, «la proporzione di persone esclusivamente lesbiche e gay in Europa, in tutte le indagini campionarie statisticamente valide del XXI secolo di cui disponiamo, non supera mai il 2% (uomini) e l'1% (donne), anche nei Paesi dove le Uc omosessuali sono state legalizzate ben prima che in Italia, e che hanno esteso il matrimonio anche alle coppie dello stesso sesso». I due esperti di demografia stimano che all'inizio dello scorso anno le lesbiche di età 18-69 anni erano 143.000, «appena il 44% rispetto ai 323.000 gay». Eppure, la loro propensione a contrarre un'unione civile, dal 2016 al 2018 è stata del 3,9% rispetto al 3,4% degli omosessuali uomini che sono più del doppio. Lasciando perdere i numeri, comunque importanti per comprendere che tutta questa necessità di legalizzare una convivenza omosessuale non era poi sentita dalla stessa minoranza che si vuole tutelare con la legge Cirinnà, i due autori avanzano principalmente due ipotesi che sarebbero in grado di spiegare «la scarsa popolarità delle unioni civili fra lesbiche e gay italiani». La prima, è che «molte coppie omosessuali, anche se conviventi, vedano pochi vantaggi nel suggellare la loro unione in municipio, se ciò non è connesso con un progetto genitoriale comune». La possibilità che molti Lgbt scartino l'unione civile perché nel nostro Paese è proibita la gestazione per altri, e nemmeno è consentita l'adozione di bambini da parte di coppie dello stesso sesso (tranne in casi particolari), se non fantasiosa e poco credibile, sarebbe comunque dimostrazione di un infinito egoismo. Non rappresenterebbe più la rivendicazione di gay e lesbiche di dar vita a una «specifica formazione sociale», che superi eventuali discriminazioni, ma l'affermazione del diritto ad avere un figlio ad ogni costo, nello spregio degli interessi del bambino. L'altra ipotesi avanzata dai professori è che «in alcuni ambienti sociali, per due persone dello stesso sesso fra loro innamorate sia ancora difficile dare visibilità pubblica alla propria relazione affettiva». Di fatto, le unioni civili in Italia non si rivelano una necessità per gli omosessuali. Nemmeno ha fatto cambiare loro idea lo studio condotto dal 2003 al 2016 e dal 1989 al 2002 in Svezia e Danimarca, su 28.000 persone dello stesso sesso, pubblicato lo scorso novembre sul British medical journal (Bmj). Nei due Paesi nordici, tra i primi ad adottare il «matrimonio egualitario», la Svezia nel 2009, la Danimarca nel 2012, il tasso dei suicidi tra persone Lgbt era calato del 46% tra quanti vivevano in unione. La legalizzazione avrebbe ridotto una tendenza comunque molto elevata fra le persone omosessuali, considerato che dallo stesso studio emerge come gay e lesbiche, seppure uniti in matrimonio, hanno sempre una probabilità 2,3 volte maggiore di uccidersi rispetto agli eterosessuali convolati a nozze. Negli 11 anni in cui è durata la ricerca, i coniugi dello stesso sesso si sono uccisi più del doppio rispetto a quelli nei matrimoni fra un uomo e una donna.
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