2020-11-17
Ungheria e Polonia dicono no al ricatto di Bruxelles e bloccano il Recovery fund
Victor Orban (Getty images)
Varsavia e Budapest mettono il veto al bilancio Ue: «Non accettiamo le condizionalità legate allo stato di diritto». Irritazione degli eurocrati e palla rimandata al Consiglio. Da ieri il complesso e farraginoso processo decisionale, che dovrebbe portare al varo del bilancio pluriennale 2021-2027 (Mff da 1.080 miliardi a cui si aggiunge il Next Generation Eu da 750, è ufficialmente bloccato. Il premier ungherese Viktor Orban e quello polacco Mateusz Morawiecki hanno infatti ordinato ai propri ambasciatori presso la Ue, impegnati in una decisiva riunione per far proseguire i negoziati, di bloccare tutto il pacchetto in discussione, preannunciando così il veto formale da esprimersi in sede di Consiglio. Il portavoce tedesco della presidenza tedesca, Sebastian Fischer, ha dovuto mestamente ammettere l'opposizione di due Stati membri a un elemento del pacchetto e l'impossibilità di proseguire con la procedura di approvazione.Si è immediatamente scatenato il fuoco di accuse e contro accuse, con il portavoce del governo ungherese, Zoltan Kovacs, che ha scritto su Twitter: «Non possiamo sostenere il piano nella sua forma attuale, che lega i criteri dello Stato di diritto alla decisione sul bilancio. Va contro le conclusioni del Consiglio europeo di luglio». Ha poi aggiunto: «Il veto ungherese porterà ad una crisi? La responsabilità di tale situazione è di chi l'ha causata nonostante conoscesse bene la linea espressa nel mandato che il Parlamento ungherese aveva conferito al premier Orban».Sull'altro fronte e sullo stesso social ha risposto il nostro ministro per gli Affari Europei, Enzo Amendola: «Il potere di veto è obsoleto per l'Ue e dannoso per chi lo esercita. O l'Europa unita si comporta da superpotenza di diritti e valori, o i singoli stati perderanno nella competizione globale. Sosteniamo la mediazione tedesca, su Next Generation Eu e Qfp (bilancio) non si può perdere tempo».Strano come, per i democratici di casa nostra, la difesa di prerogative fondamentali di uno Stato sia derubricata, quando contrasta progetti coloniali, a strumento obsoleto. Ora la matassa deve essere sbrogliata al più alto livello politico, cioè dal Consiglio europeo, già fissato per dopodomani e che avrebbe dovuto inizialmente discutere della risposta europea al Covid.Quello di ieri è stato un incidente annunciato da settimane. Tutto ruota intorno al regolamento «per la protezione del bilancio dell'Unione» la cui potenza deflagrante vi avevamo illustrato su queste colonne già lo scorso 8 ottobre, e il successivo 8 novembre. Ieri gli ambasciatori del Coreper erano chiamati a confermare il compromesso del Trilogo (Commissione, Consiglio e Parlamento) e preparare l'approvazione finale, avvenuta solo facendo leva sulla maggioranza qualificata.Ma quando c'è stato da discutere del Mff e della decisione sulle Risorse Proprie, da adottarsi all'unanimità e poi sottoporre alla ratifica dei parlamenti nazionali, Polonia e Ungheria hanno espresso fondamentali riserve che hanno impedito di proseguire. Ci sia permesso di rilevare che le ragioni di polacchi e ungheresi sono più che fondate. Quel regolamento, impropriamente spacciato come tutela per lo Stato di diritto, è una vera e propria arma di ricatto buona a tutto, come ci hanno riferito alcuni autorevoli giuristi che abbiamo interpellato sul tema. Non c'è alcuna connessione tra la difesa degli interessi finanziari dalla Ue e la tutela dello Stato di diritto: si può avere un perfetto sistema di separazione dei poteri o il più indipendente e imparziale sistema di controllo-accertamento giurisdizionale sugli atti dell'autorità di governo e tuttavia registrarsi casi di frode, o uso irregolare dei fondi Ue. La tutela dei principi dello Stato di diritto è la massima espressione della sovranità interna a uno Stato e non deve certo arrivare un soggetto sovranazionale ad ergersi a giudice degli altri Stati, colpendoli come popoli, con quella che, in diritto internazionale, si chiama con un solo nome: rappresaglia, cioè sospendere o negare i fondi del bilancio. Come se non bastasse, l'ordinamento europeo contiene già una procedura per chi non rispetta i valori fondanti della Ue, scolpiti nell'articolo 2 del Teu, ed è la procedura stabilita dal successivo articolo 7, con la quale il Consiglio, a maggioranza qualificata, può arrivare anche a sospendere il diritto di voto del Paese trasgressore.Ora la questione si fa terribilmente complessa perché tutte queste norme viaggiano insieme in unico treno a quattro vagoni: c'è il regolamento sullo Stato di diritto che può portare verso la decisione del Consiglio a maggioranza qualificata, nonostante il voto contrario di Polonia ed Ungheria; c'è il bilancio pluriennale su cui c'è stato un accordo in linea di principio nel Trilogo e che deve ora tradursi in atti legislativi da adottarsi da parte del Consiglio all'unanimità, su cui però c'è l'annuncio del veto; richiede l'unanimità anche la procedura speciale per le Risorse proprie, con l'Europarlamento che dà solo parere non vincolante; infine, c'è il regolamento sul Next Generation Eu con il suo carico di 750 miliardi, che è un vagone al traino dei precedenti, da approvarsi a maggioranza qualificata.L'aspetto drammatico per il nostro Paese è che siamo aggrappati ad esso sin da luglio, in modo irresponsabile e cieco, e a nulla sono valsi i richiami alla realtà che abbiamo espresso sin dal primo momento. I limiti e le incognite politiche dell'accordo del 21 luglio erano tutti visibili e noti, e il rischio di non vedere nemmeno un centesimo nel 2021 è ormai altissimo. Si riconosca il problema e si individui una soluzione nazionale per il bilancio 2021. Ma chi ha creato il problema, può essere parte della soluzione?
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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