La giovane stroncata a poche ore dall’iniezione, un’altra grave a Napoli I media che cavalcarono il caso Camilla-Astrazenca adesso tacciono
La giovane stroncata a poche ore dall’iniezione, un’altra grave a Napoli I media che cavalcarono il caso Camilla-Astrazenca adesso taccionoGiulia Lucenti è morta a 16 anni, nemmeno 18 ore dopo la seconda dose di vaccino Pfizer. I genitori attendono l’esito dell’autopsia, intanto sul decesso di questa ragazza di Bastiglia, in provincia di Modena, è calato un silenzio scandaloso. Eppure sugli adolescenti che muoiono per un «malore» dopo la puntura dovrebbe esserci la massima attenzione, pur nell’attesa di conferme di eventuali nessi causali. Quando lo scorso giugno la diciottenne Camilla Canepa morì per emorragia celebrale due settimane dopo la prima dose di Astrazeneca somministrata in un Open day, per giorni non si smise di parlare dell’ennesima reazione avversa al vaccino anglosvedese tanto inviso. Non furono risparmiati particolari sulle condizioni in cui venne trovata la giovane maturanda di Sestri Levante: «Non avevo mai visto un cervello ridotto in quelle condizioni da una trombosi così estesa e così grave», dichiarò alla Stampa Gianluigi Zona, direttore della clinica neurotraumatologica dell’Ospedale San Martino di Genova. Tutto fu rivelato di Camilla, dalla malattia autoimmune di cui soffriva alla terapia ormonale che seguiva per curare una cisti, ma solo dalle perizie depositate il 10 settembre a Genova dal medico legale Luca Tajana e dall’ematologo Franco Piovella sapremo di più su quella morte anomala e conosceremo se ci sono indagati. Anche la giovanissima Giulia soffriva di cuore, o comunque ne aveva sofferto. «Stava bene, negli ultimi anni. Il suo quadro clinico si era stabilizzato», ha raccontato alla Gazzetta di Modena la mamma della ragazza, Oxana Nesterenko. «La giovane era sotto controllo da anni dal punto di vista medico. E improvvisamente è deceduta», dichiara il legale della famiglia, Pier Francesco Rossi. Aggiunge: «Sarà l’autopsia a valutare se esista una correlazione con il vaccino». Dopo la prima dose il 4 agosto, Giulia aveva avvertito un po’ di dolore al braccio destro, fatto il richiamo l’8 settembre il dolore si era spostato al braccio sinistro, persistente pure il mattino seguente. Non aveva febbre ma era rimasta a letto, parlando un paio di volte al telefono con la mamma e con papà Lorenzo che non vive nella stessa casa. Al rientro dal lavoro di operatrice sociosanitaria, la signora Oxana ha trovato la figlia esanime sul divano. «Oltre al massaggio cardiaco, le ho fatto anche la respirazione bocca a bocca», in attesa dell’arrivo del 118, «ma nostra figlia, purtroppo, non si è più svegliata», si legge nella testimonianza raccolta dal Resto del Carlino. La giovane faceva lunghe escursioni in montagna, stava «benissimo», alla mamma aveva confidato: «Non ho voglia di farmi il vaccino, e sai che ho paura dell’ago, ma tanto è da fare, devo cominciare la scuola». Questa, purtroppo, è la pressione che avvertono gli adolescenti, costretti a vaccinarsi per non venir esclusi dalle attività sportive, sociali e per non finire malvisti dai compagni di classe che, per «colpa» di chi ha rifiutato la doppia dose non possono seguire le lezioni senza mascherina. Per fortuna non sono stati ancora approvati i vaccini per i bimbi dai 5 agli 11 anni, ma il pressing sugli over 12 è implacabile evitando di informare i genitori che i ragazzi da 12 a 16 anni, quando si infettano con Sars-Cov-2, sono asintomatici o presentano sintomi lievi. La sindrome infiammatoria multisistemica (Mis-C) correlata al Covid-19 ha un’incidenza modesta (3,16 su 10.000 bambini infettati con Sars-Cov-2 negli Stati Uniti, dove colpisce soprattutto neri, ispanici e asiatici probabilmente per motivi socioeconomici), e non è chiaro se le vaccinazioni la evitino. In Italia, secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità il tasso di ricoveri settimanale per Covid di ragazzi sotto i 17 anni è di 10-20 casi per milione. Il nostro governo sembra non esserne al corrente, perché invece di pensare a risultare convincente con i 3,5 milioni di italiani over 50 ancora senza una dose, pensa che vaccinando i minori si eviti il collasso dei reparti e delle terapie intensive. Invece, forzando la mano sul target giovanissimi, nulla si incide sul tasso di ospedalizzazione ma viene messa a serio rischio la salute dei nostri ragazzi. Come La Verità ha già pubblicato, le proiezioni in Italia delle statistiche emerse dai Cdc, i Centers for disease control and prevention statunitensi evidenziano che cosa succederebbe se vaccinassimo tutti oggi i nostri 3.414.410 ragazzi di età tra i 12 e i 17 anni. Ricordiamo solo qualche dato: 1.935 ragazzi finirebbero ricoverati con problemi di salute seri (quasi 1 ogni 1.800), 10.244 ragazzi che ricorreranno al pronto soccorso (3 ogni 1.000), 367.871 ragazzi che non saranno in grado di andare a scuola o lavorare (quasi 11 ogni 100), 1.121.112 ragazzi incapaci di svolgere le normali attività quotidiane per uno o più giorni (circa 33 ogni 100). Il Covid-19 non rappresenta un pericolo per i nostri giovani che, anzi, se si ammalano, rimangono contagiosi al massimo per una settimana come ha evidenziato uno studio su The Lancet, e sviluppano un’immunità durevole e vantaggiosa per tutti. Se dunque il sacrificio di milioni di giovanissimi vaccinati non tutelerebbe la collettività italiana, li esporrebbe a numerosi effetti avversi immediati (poco o nulla si sa su quelli a media o lunga scadenza), perché invece di allarmare con annunci del tipo «salgono i casi tra i bambini», non lasciamo che si immunizzino con un’infezione naturale, che dà una protezione robusta e duratura come risulta dai recenti studi disponibili su MedRxiv? Preoccupiamoci, invece, di monitorare con attenzione le reazioni avverse. In questi giorni all’ospedale di Cardarelli di Napoli c’è una sedicenne in terapia intensiva che lotta per la vita dopo un arresto cardiocircolatorio. Non aveva patologie, a detta dei genitori, pochi giorni fa aveva fatto il richiamo di Pfizer.
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