2018-05-25
Colpo di scena in Rai. Vespa si scopre grillino
Mentre i giornali mainstream martellano, il conduttore di «Porta a porta» detta la linea filogovernativa. Nessuno come lui sa assecondare le inclinazioni del pubblico.È arrivato anche lui. Puntuale come un cronometro digitale, epocale come il respiro lungo di una eclissi millenaria, brillante ed effervescente come uno champagne millesimato, e spettacolare come un Vaudeville dell'epoca d'oro, è arrivato il nuovo e ultimo riposizionamento ipergovernativo di Bruno Vespa. Un Vespa - quello battezzato dalla nascita d nuovo governo - pentastelloso, scoppiettante, pop, giovanile, salviniano, battutaro, brunosovranista, e - persino - savonaroliano (nel senso di Paolo Savona): «Signori, non scherziamo! L'uomo ha un curriculum indiscutibile! Definirlo no-euro è riduttivo, se non offensivo!». Era un Vespa scattante, esaltato dal contrasto (creato ad arte) con una platea di opinionisti mainstream, ma tutti in qualche modo «ancien régime», un coro che - invece di inficiare l'endorsement brunèo - finivano per esaltarlo. Stefano Feltri era ipercauto (in versione fatto-montiana), Marcello Sorgi prudenziale razionale e scettico, Claudio Cerasa si ritrovava nei panni apparentemente cruciali di pubblico accusatore del nuovo potere: ma al centro della scena - per contrasto - c'era solo lui: un gigante brunoscettico e brunoborghista (nel senso di Claudio Borghi): «Signori, non scherziamo: da quando siamo entrati nell'euro l'Italia ha perso il 25% della sua capacità produttiva!». Il primo responso, quello degli ascolti ha incoronato il nuovo format Porta-a-Grillo con un sontuoso 14% di share, se non altro perché - come è noto - nessuno sa assecondare le nuove inclinazioni del pubblico come e meglio di lui. Ed è davvero una puntata di Porta a Porta da collezione quella andata in onda mercoledì notte nel giorno dell'incarico a Giuseppe Conte. Insieme con la designazione sono arrivati nel salotto bianco di Raiuno la misurata e spensierata agiografia dell'avvocato di provincia che partendo da Volturara Appula conquista Roma come Mr. Smith va a Washington («Era il più bravo, il migliore di noi!», nelle voci dei compagni di scuola intervistati), il vero contro-curriculum con tanto di certificato di maturità («Leggete qui, sul registro: sessanta sessantesimi all'esame di maturità!»), la riabilitazione del cattedratico per bocca delle allieve più sveglie e carine («Era bravissimo, preparato e attento», con annesso coro augurale dei ragazzi in formato videoselfie) e persino le indiscrezioni sapide sugli amori adolescenziali: «E le ragazze? Le sue ragazze?» «Beh, piaceva molto alle donne!». L'inviato a Foggia mostra una porta chiusa in una scuola e, con elettrica e apologetica ironia ci fa sorridere ed emozionare: «Guardate! Questa era la classe di Conte! E guardate cosa c'è scritto sopra oggi!». La telecamera zooma sul dettaglio della targhetta: «Presidenza». Commento: «Praticamente un destino». E il culto devoto di padre Pio. E il capo dei vigili urbani ieri compagno di classe, e il profilo di studente integerrimo: «Possiamo dire che fosse un secchione?». Risposta: «Sì, ma un secchione di quelli buoni». L'anticontismo impera sui giornali, ma si sgretola sulla Rai. Per Repubblica il premier «è un signor nessuno» (Mario Calabresi), per Il Foglio «la sua nomina è un golpe anticostituzionale» (Giuliano Ferrara), per Libero Conte è «un evasore»: poi basta una scampanellata di Porta a Porta e tutto si dissolve. Molto si è detto è scritto su questa «terza Camera dello Stato» (copyright di Giulio Andreotti), e ancora di più sull'editoriale programmatico ormai dimenticato, compilato ai tempi della prima repubblica, sul governo come «editore di riferimento del Tg1» (che all'epoca Bruno dirigeva). Solo che oggi la Dc è estinta, mentre super-Bruno continua a ruggire, unico campione della classe dirigente - pensateci bene - capace di attraversare tre repubbliche con la sua biografia (solo Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella possono provare a tenergli testa). Eppure, il contrasto fra i giovani vecchi editorialisti politicamente corretti e il giurassico ma scoppiettante Vespa grillo-salviniano, dicevano qualcosa di più, sulla grinta e sulla forza di questo posizionamento, capace di produrre subito tendenza a viale Mazzini. La lettura della lista dei ministri - con foto a tutto schermo - sembrava per metà un promemoria destinato al Quirinale, e per metà una superclassifica da talent: Vespa designa e sponsorizza Lorenzo Fontana («È il vicesegretario della Lega!»), Nicola Molteni («Può andare all'Agricoltura»), la grillina Laura Castelli («Ma quale no Tav, una ragazza squisita!»), ci fa immaginare Danilo Toninelli e Gian Marco Centinaio già pronti a giurare. Ci spiega che il superministero di Luigi Di Maio non è una pretesa perché c'è già il precedente di Corrado Passera, il quale serve anche come testimonial acchiappa-ospiti in un messaggio rivolto al premier: «Disse che sarebbe venuto qui per fare un annuncio importante, e poi non venne mai». (Hai capito Conte?, tu corri a via Teulada). Gli effetti egemonici del Brunogovernismo sull'azienda già si vedono, se è vero che persino Carlo Freccero (pure nominato consigliere di amministrazione dal M5s e da Sel) è quasi preoccupato dalla rapidità di questa precipitosa riconversione aziendale: «Vespa fa tendenza e detta la linea. Interagisce con il Dna profondo della Rai, orienta i capostruttura. Per provare a fare meglio di lui, per dire, ieri ad Agorà nella stessa puntata avevano convocato lo zio, il cugino di Conte e accesso un collegamento con il sindaco di Volutrara Appula! Ti pare possibile?». Ovvio che, su un piano di lettura più profondo, resta da capire il peso di quello che Vespa porta in dote al nuovo potere: il sovranismo populista antisistema, filtrato nell'estetica rassicurante di Porta a Porta perde subito il suo potenziale di rottura, e diventa istituzionale, domestico, e tranquillizza. Si fa consenso e si normalizza insieme. Solo il tempo ci dirà se Todo cambia come sogna il giacobino Freccero, o se tutto rimane uguale come dimostra l'inossidabile guizzo del Talleyrand di viale Mazzini.
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