2020-10-18
Una nuova stretta a bar e ristoranti sarebbe il colpo di grazia al settore
Introdurre ulteriori restrizioni condannerebbe a morte gli esercenti: a molti non converrebbe più aprire. L'allarme di Confcommercio e Fipe : «Le imprese sono già in ginocchio, il governo deve indennizzarle».La sola ipotesi di ulteriori misure restrittive da parte del governo scatena la prevedibile e sacrosanta reazione di chi è già in ginocchio dopo mesi durissimi, e ora teme il colpo di grazia. Nel mirino ci sono tutti i locali (in particolare ristoranti e bar), con un'ipotesi di chiusura anticipata alle 21 o alle 22, e per altro verso una serie di altri esercizi a rischio di stop (palestre e piscine probabilmente, ma forse anche barbieri, parrucchieri e centri estetici). A lanciare l'allarme per tutti è il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli: «Questa nuova emergenza sanitaria, con coprifuochi e chiusure anticipate dei pubblici esercizi, aumenta l'incertezza e mette a rischio decine di migliaia di imprese. Sono prioritarie misure efficaci anti Covid e, con una economia già in ginocchio, va assolutamente evitato un secondo lockdown. Il governo deve sostenere con maggiori e più veloci indennizzi le imprese in difficoltà, altrimenti a fine anno rischieremo gravi, gravissime conseguenze per l'occupazione».Va ricordato che ancora in assenza delle nuove misure, e solo sulla base del clima creato dal precedente lockdown, la stima di Confcommercio era di 270.000 esercizi a rischio di chiusura da qui a fine anno. Un'autentica ecatombe, con 1 milione di posti di lavoro a rischio. Nei giorni scorsi, in un colloquio con La Verità, Mariano Bella, che guida l'Ufficio Studi di Confcommercio, aveva sintetizzato le conseguenze delle misure già assunte precedentemente: «Già circa 110 miliardi di ricavi in meno in questo 2020», stima coerente con le previsioni di un calo del Pil del 9-10%. Ma attenzione, aveva spiegato Bella: «Realisticamente questi dati negativi saranno quasi tutti concentrati in alcuni settori: turismo, ristorazione, convivialità, lo stare insieme». Esattamente i settori che avrebbero dovuto essere indennizzati in modo speciale, insieme al commercio in genere, essendo stati colpiti in modo diretto dalle chiusure: eppure, come si ricorderà, sul complesso dei 100 miliardi stanziati da marzo in poi, il governo ne ha assegnati solo 6 ai contributi a fondo perduto alle imprese, e con una formula cervellotica e al ribasso (appena il 20, o il 15 o il 10% della differenza tra i ricavi di aprile 2020 e quelli di aprile 2019). La valutazione degli esercenti è inevitabilmente legata, tra vecchie e nuove restrizioni, alla stima dei ricavi che gli imprenditori possono realisticamente attendersi, e al confronto tra questi ricavi attesi e il livello dei costi fissi. Questi costi fissi possono essere stimati nel commercio al dettaglio intorno al 50% del totale dei costi di esercizio, nella ristorazione e nell'alberghiero intorno al 30. Se la caduta dei potenziali ricavi dei prossimi mesi (dopo quello che è già accaduto da marzo in poi) si avvicina al livello dei costi fissi, già c'è l'azzeramento del profitto economico, e si è all'indifferenza tra cessare e proseguire, dal punto di vista dell'imprenditore. Me se si va addirittura più in basso, uno come fa a reggere? Non meno cupa l'analisi della Cgia di Mestre, che stima 160 miliardi di Pil destinati ad andare in fumo, con una caduta annua del 10%. Secondo la Cgia, i consumi crolleranno di 96 miliardi (meno 8,9% rispetto al 2019), con una riduzione della spesa da parte di ogni famiglia pari in media a 3.700 euro. Una tendenza che trova conferma nell'indicatore dei consumi di Confcommercio (Icc) di settembre che, nel confronto annuo, fa segnare una caduta del 5,2%. Si registra una tenuta sul versante dei beni (saldo positivo del 2,3%), mentre il tracollo c'è per i servizi (meno 20,7%). Sempre nell'ambito di Confcommercio, il grido di dolore più alto viene dalla Fipe (la Federazione italiana dei pubblici esercizi), reduce due giorni fa da un incontro a Palazzo Chigi con Giuseppe Conte, che aveva assicurato alla delegazione guidata dal presidente Lino Enrico Stoppani massimo sostegno per il settore. E invece ora sta per materializzarsi una beffa devastante: «Apprendiamo con stupore e preoccupazione - scrive dunque la Fipe - di questa ulteriore stretta che sarebbe il definitivo colpo di grazia per il nostro comparto, un provvedimento che da un punto di vista meramente contabile manderebbe in fumo 44 milioni di euro al giorno e 1,3 miliardi in un solo mese. Una perdita enorme che andrebbe ad appesantire un bilancio già abbastanza tragico».E ancora: «Gli effetti di questa misura vanno ben oltre le perdite che abbiamo stimato perché è l'intera gestione delle aziende che rischia di saltare. Abbiamo già registrato una forte contrazione di clientela dovuta alla discussione sull'ultimo Dpcm, e una nuova misura ancor più restrittiva mette a rischio la sopravvivenza di almeno 15.000 bar serali e 40.000 tra ristoranti e pizzerie. In queste condizioni tenere aperte le aziende è impossibile».E infine le conseguenze, altrettanto devastanti, sulla filiera: «Con noi si mette a rischio una lunga filiera fatta di allevatori, vignaioli, imbottigliatori, casari, produttori artigianali e industriali. La strada da seguire deve essere quella applicata per tutti i settori produttivi perché non è più accettabile colpire in maniera indiscriminata l'intero comparto».