2019-12-03
Un video racconta la vita da sorvegliati di chi ha innestato un biochip sottopelle
Cortometraggio con protagonista una volontaria racconta la tecnologia che diventa l'arma per tenerci sotto controllo.Una ragazza accetta di farsi impiantare un biochip nel dorso della mano e da quel momento la vita diventa per lei un inferno. Incrociano i suoi dati con quelli della madre e scoprono che ha un'anomalia genetica, un geo localizzatore informa il datore di lavoro di tutti gli spostamenti della giovane, soste al bar comprese. È l'inquietante trama di Microchip.Drama/Sci-Fi, un video di nemmeno 14 minuti su Vimeo.com, messo in rete tre giorni fa da 4th Wall pictures, azienda veneta malgrado il nome, produttrice di brevi filmati. Veneti sono anche gli ideatori del corto, Damiano Bertazzo cinquantaduenne di Mira, nel Veneziano, e Marcello Pamio, trevigiano, 50 anni, che dal 1999 gestisce il sito disinformazione.it parlando di argomenti scomodi, come uranio impoverito e dittatura gender. Lo scorso anno, un loro breve filmato dal titolo Il Giuramento spopolò su Youtube. Mostra tre ragazzini che si presentano da una psicologa perché vogliono cambiare sesso, con motivazioni assurde, eppure la professionista firma l'autorizzazione. In quell'istante, la stampa incorniciata alle sue spalle che raffigura Ippocrate crolla al suolo, in un fragore di vetri. «Mi sembrava il concetto giusto da trasmettere parlando di chi consente il riallineamento di genere», commentò alla Verità Bertazzo. Questo nuovo video vuole far riflettere su come potrebbe essere vivere con device impiantabili sottocute. «Immagina di essere improvvisamente in grado di controllare la tua auto, il tuo conto in banca e tutta l'elettronica attraverso il pensiero. A cosa saresti pronto a rinunciare per questo potere?», è l'interrogativo che accompagna il filmato. Interpretato da attori amatoriali e dallo stesso Pamio nella parte del medico che applica il chip: «Proprio io che l'ho sempre avversato», ironizza, «si tratta della forma di controllo per eccellenza. L'obiettivo è quello di renderlo obbligatorio per tutti, apposta stanno facendo sparire le banconote», si apre con la scena apparentemente rassicurante dell'operazione. In pochi secondi l'ago infilato nella mano di Siria Cortelazzo (questo il nome di fantasia della ragazza), rilascia un microchip nella parte carnosa tra il pollice sinistro e l'indice. «Vedrà, la vita le cambierà in meglio», garantisce l'uomo in camice, assicurando che da quel momento il dispositivo è in grado di leggere tutti i dati biometrici della giovane. All'inizio sembra solo divertente poter aprire l'auto senza chiavi o pagare il caffè con un cenno della mano, senza inserimento di pin, password o altri metodi di riconoscimento. Presto, però, arrivano le complicazioni. Avere impiantato in maniera permanente quel chicco di riso, un dispositivo in grado di connettersi con la nuova tecnologia cellulare, significa emettere in continuazione informazioni e Siria si accorge che tutti i suoi movimenti sono rilevati attraverso scanner, finiscono registrati. Viene sempre tracciata. In ufficio sanno quali percorsi compie, se fa sosta al bar durante l'orario di lavoro, nessuna scusa è più possibile. Al supermercato, quando paga, irradia informazioni su gusti, preferenze, le propongono prodotti solo perché l'hanno localizzata mentre sostava davanti a determinate creme per la pelle. La sorpresa peggiore arriva quando scopre che, incrociando i dati con quelli della madre pure con biochip, l'hanno individuata come portatrice di un'anomalia genetica ereditaria. Deve stipulare un'altra polizza sanitaria, ma soprattutto ora Siria dovrà convivere con l'incubo di potersi ammalare da un momento all'altro. Il video si chiude con la sua disperazione nell'accorgersi che l'amica del cuore, tanto scettica su circuiti integrati sottopelle, anche lei ha deciso di «microchipparsi».Questo, il breve filmato made in Veneto. Nella realtà è vero che il biochip non viene utilizzato solo per scopi sanitari come monitoraggio del battito cardiaco o misurazione del tasso glicemico. L'azienda svedese specializzata in sensori biometrici, BioHax international, ne ha già impiantati 4.000 in Europa per biohacker, persone che vogliono sperimentare biologia molecolare o ingegneria genetica al di fuori delle istituzioni. Non esitano ad avere sottopelle un chip, si dichiarano felici di non essere più schiavi di chiavi, biglietti cartacei, tessere elettroniche. Un'altra azienda svedese che li realizza, Dsruptive, invia il kit sterilizzato al costo di 200 euro. Sono ancora limitate le funzioni, ma puoi aprire la porta di casa, l'auto, attivare telefono, tablet. In Svezia è anche possibile accedere ai trasporti pubblici. Pochi mesi fa, il quotidiano La Vanguardia intervistò i quattro spagnoli che si sono fatti impiantare dispositivi dotati di connettività Nfc (near field communication, comunicazione in prossimità), in modalità senza fili. Dopo averli ricevuti da Dsruptive se li sono fatti inserire in centri specializzati in tatuaggi e piercing: «luoghi sterilizzati in cui il rischio di infezione è quasi nullo», così li hanno definiti. Il chip ha una lunghezza di 16 millimetri e una larghezza di 2 millimetri, la capacità è di 2 Kb. Le possibilità, in un futuro vicinissimo, sembrano infinite, anche per registrare informazioni del proprio corpo. Già, e la privacy? Non solo quella è a rischio: «Quando la moneta diventerà tutta virtuale, il microchip sarà basilare. Se però un giorno tizio darà fastidio al sistema, basterà pigiare un tasto su una tastiera per cancellargli la vita. Questo è il senso del nostro corto», prevede in modo cupo Marcello Pamio.