2021-03-07
Enzo Fusco: «Un tessuto giapponese lavorato solo a mano è l’arma esclusiva di Ten c»
Il fondatore di Fgf industry, che controlla anche Blauer Usa: «I nostri parka ignorano le tendenze passeggere, sono capi importanti per tutta la vita»Sondaggio fra gli appassionati di sartoria. Ai primi posti Rolex, Herno e TagliatoreLo speciale contiene due articoliVeneto d'adozione, piemontese di nascita, «ma ci tengo a precisare che le mie origini sono pugliesi», dice Enzo Fusco. Un mix non male, uno insieme di simpatia, coraggio, voglia di buttarsi, intraprendenza da capitano d'industria. Perché il successo non arriva mai per caso. Patron di Fgf industry, realtà italiana di primo piano che opera con brand come Blauer Usa, Ten c, Bpd e Prince tees, ha dimostrato d'avere diverse marce in più. E visioni chiare su dove andare. Anche ora che il settore è in crisi vera, Fusco ha deciso di presentare la sua linea Ten c sulla piattaforma di Pitti connect, in occasione di Pitti immagine uomo 99, scelto come uno dei brand ambassador e unico ad aver realizzato la sua installazione, dopo un anno dall'ultima fiera fisica, in uno degli spazi più belli della Fortezza da Basso: la Sala della Volta. «Era importante esserci», spiega, «anche per dimostrare di credere in quello che facciamo e nel Pitti, la manifestazione più importante d'Europa. Un messaggio all'Italia, a chi come me lavora qui per dire: “Non mollate, noi ci siamo"». Un punto fermo da cui ripartire per tornare presto alla normalità. Come ha affrontato e affronta il momento?«Abbiamo subito compreso la necessità di stare al fianco del cliente per supportarlo nelle sue necessità. Dopo la chiusura di oltre due mesi, abbiamo spostato tutti i pagamenti di 120 giorni e abbiamo cambiato la merce invenduta con altri articoli, con sconti a grossi gruppi che ne avevano bisogno. Ci siamo comportati bene e questo ci ha premiati. Alla fine quello che conta sono le vendite e i rappresentati e i clienti ci dicono di un ottimo sell out. Siamo un'azienda famigliare con delle qualità che i grossi gruppi non hanno, nel bene e nel male. I clienti ancora adesso se hanno problemi chiamano e spostiamo i pagamenti. Alla fine sanno che il nostro prodotto lo vendono».Si è sempre occupato di moda?«Sì, ho iniziato facendo il commesso, il vetrinista, poi a Torino ho aperto due boutique e mi sono buttato in questo mondo. Ero predestinato alla moda. Occupandomi d'abbigliamento, ho capito che potevo produrre anche per gli altri, ho avuto un ufficio stile per oltre 20 anni, molto importante perché ho lavorato per i nomi più prestigiosi, e un giorno mi sono detto che era ora che lavorassi per me soprattutto pensando a mia figlia Federica: si sposava e non volevo che andasse a Milano, così l'ho coinvolta e ora lavora con me». Che c'entra il Veneto?«Più di 30 anni fa mi era stata offerta una possibilità con un gruppo importantissimo di abbigliamento veneto che faceva jeans, si chiamava Americanino. Sono rimasto nel gruppo tre anni ma non condividevo molte cose. Una volta uscito mi hanno cercato in tanti e ho fatto il consulente per Kenzo, Saint Laurent, Armani, un po' tutta la storia italiana dell'abbigliamento. E sono rimasto in Veneto perché offriva delle possibilità non indifferenti. Poi è cambiato il mondo, adesso si produce più all'estero, ma è stato un periodo interessante. Ed è una regione che ti permette di lavorare ancora oggi». Lei ha un archivio personale con 40.000 capi. È fonte d'ispirazione?«Sono molti di più, quasi 50.000 capi che ho preso soprattutto all'estero. La ricerca è alla base di ogni lavoro e ogni stagione con i miei ragazzi andavamo in America, in Giappone, giravamo il mondo e compravamo soprattutto usato e abbigliamento militare: il mio Dna nella moda parte da lì. È stato ed è ancora adesso fonte d'ispirazione. Ho pezzi a partire dagli anni Cinquanta. Lavoro ancora con il capo in mano. Con tre lunghezze, corto, medio, lungo, fai qualsiasi campionario». Come nasce Fgf industry?«Avevo creato un marchio di usato, riciclato, ritinto, lavato soprattutto militare, venduto in negozi che avevano le prime linee. Poi sono partito con la Sweet years, la maglietta del cuore, e nel frattempo sono riuscito a contattare Blauer: da lì è nata la storia di Fgf. La mia intuizione fu quella di trasformare il marchio americano, fornitore negli Usa delle divise per poliziotti e pompieri, in un brand fashion, pur mantenendo lo spirito e i concetti rigorosi del marchio originale. Con Blauer, circa otto anni fa, abbiamo fatto il primo piumino riciclato, adesso tutti si buttano sul green. Avevo anche la C.P. company ma è arrivato un cinese che mi ha fatto una proposta alla quale non potevo dire di no, e nel frattempo nasceva Ten c. Oggi ho 100 dipendenti e 2.000 clienti nel mondo». Ten c è l'acronimo di The Emperor's New Clothes (ovvero I vestiti nuovi dell'imperatore), la favola danese di Hans Christian Andersen. Un nome impegnativo. «Si va oltre le apparenze e ci si concentra sulla sostanza delle cose. Nato sei, sette anni fa con due designer, parte dall'idea di utilizzare un materiale innovativo giapponese. Il fatto di dover lavorare solo con quattro o cinque modelli dava molta immagine e ottimi clienti ma si produceva poco. Dopo qualche anno ho acquistato il 100% del marchio, rafforzandolo, allargando le tipologie, tenendo uno dei designer come punto di riferimento, Alessandro Pungetti. Straordinario è l'iconico tessuto Ojj-Original japanese jersey, utilizzato in esclusiva da Ten c. Un materiale che sappiamo lavorare quasi solo noi, difficilissimo da tingere a 130 gradi. Come un denim va vissuto, più lo porti, più si consuma e più diventa bello. Oltre a essere prodotto tutto in Italia, un valore aggiunto, viene poi rifinito esclusivamente a mano. È una procedura non semplice ma che fa nascere capi unici nel loro genere».Quanti modelli ci sono? «Giacconi, parka, spolverini, anorak, una serie di pezzi con una caratteristica: si compra il guscio e poi si sceglie l'interno che può essere in piuma, montone o altro ed è staccabile. Il parka Ten c è privo di riferimenti alle mode passeggere, è stato creato per vivere con te ogni giorno, diventare parte della storia della tua vita, è uno di quegli oggetti importanti da cui è difficile dividersi. Per il 70% i capi Ten c vengono venduti in tutto il mondo, compresa l'America. Abbiamo circa 300 negozi che sono i più belli di tutti».
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