2020-03-05
Un commissario con poteri speciali per rimediare all’indeciso Borrelli
Per fronteggiare l'epidemia serve un commissario con poteri speciali. Sì, lo penso da giorni, cioè da quando sul coronavirus sento dire tutto e il suo contrario, a volte anche dai cosiddetti esperti. Tuttavia, se prima credevo che dare mano libera a chi sa (...)(...) come arginare il contagio fosse una buona idea, dopo aver ascoltato in tv il commissario alla protezione civile, Angelo Borrelli, ne sono certo. Ieri, a Mattino 5, l'ho sentito rispondere alle domande di Francesco Vecchi. Il conduttore lo incalzava per capire che cosa stesse decidendo il governo, sia in materia di posti letto in rianimazione sia sui divieti per impedire la diffusione del virus. Borrelli, che prima di occuparsi di catastrofi faceva il revisore dei conti, ovviamente non sapeva che cosa dire e l'unica cosa che gli è venuta in mente è stato il centralino delle emergenze. Siccome il numero da chiamare per chi ha il dubbio di aver contratto la malattia è sempre occupato, alla Protezione civile si sono inventati altri call center, dislocati sul territorio nazionale. Se cioè uno non trova la linea libera, la telefonata viene deviata su altri operatori. Iniziativa lodevole, certo, ma di sicuro non risolutiva dei problemi che abbiamo davanti. Non parlo dell'economia, che non può neppure lontanamente costituire argomento di cui, nonostante la laurea in economia e commercio, si possa occupare Borrelli. No, intendo dire che per bloccare il contagio e curare chi sta male non basta un centralino, ci vuole ben altro.Da giorni gli infettivologi che conoscono il numero dei pazienti colpiti da coronavirus e sanno quanti di loro necessitino di ricoveri in ospedale segnalano il rischio di un collasso del sistema. La sanità pubblica e privata è dimensionata per far fronte a un certo numero di emergenze, dunque i posti nei reparti di terapia intensiva sono contati sulla base della statistica. Ma qui siamo di fronte a qualche cosa che non si è mai visto, ovvero a un numero eccezionale di malati che per respirare devono essere attaccati a una macchina. Se in genere negli ospedali i pazienti in condizioni estreme sono poche decine, con il coronavirus rischiano di diventare centinaia e i reparti di scoppiare, perché non avrebbero posti dove metterli. State pensando di fare qualche cosa di simile a ciò che hanno fatto in Cina?, ha chiesto Vecchi a Borrelli mostrandogli la fotografia delle ruspe al lavoro per costruire un nuovo ospedale. Certo, non mi aspettavo che il capo della Protezione civile annunciasse l'inizio dei lavori per un nosocomio dedicato agli infettivi. Però almeno speravo che desse una risposta concreta su come a Palazzo Chigi si preparano a fronteggiare il pericolo che l'epidemia si possa allargare. Invece no, il povero ragioniere (senza nulla togliere agli esperti di computistica) non ha saputo che dire, se non impapocchiare frasi di circostanza. L'intervista è andata avanti così, con parole generiche a cui era difficile appendere una decisione. Ovviamente non ne facciamo una colpa al capo dipartimento delle emergenze, ma a chi non comprende che questa è l'ora delle decisioni speciali. Sì, se si vuole affrontare il problema bisogna poter decidere saltando a piè pari la burocrazia e le lentezze della macchina amministrativa. C'è da costruire un ospedale o da requisire un edificio? Beh, bisogna farlo evitando le procedure. Bisogna comprare macchinari che aiutino a respirare chi ha la polmonite cinese? La regola che richiede il bando di concorso, l'offerta al ribasso e magari pure il contenzioso con chi è stato escluso, non può essere rispettata. Se è un'emergenza, e questa lo è, bisogna rispondere con poteri d'emergenza. È come se fossimo in guerra e questa è una guerra contro un nemico invisibile. Che cosa fareste se doveste affrontare un'invasione? Convochereste una riunione, poi aprireste il dibattito e, dopo aver tergiversato tre o quattro, giorni annuncereste il da farsi? Ovvio che no. Contro un attacco si reagisce con poteri di guerra, cioè concedendo a un comandante in capo la facoltà di prendere decisioni in nome del Paese. È quello che sta accadendo in Germania, dove il governo ha bloccato l'esportazione di medicinali che possono essere utili contro l'epidemia. O in Francia, dove il governo ha regolato per legge il prezzo dei disinfettanti per le mani. Ecco, noi dobbiamo avere un uomo che non vada in tv ad annunciare che è sorpreso per non essere stato avvisato della guerra, come ha fatto il presidente del Consiglio. Né abbiamo bisogno di uno che attacca chi sta al fronte mentre combatte a mani nude contro il nemico. No, noi abbiamo la necessità di un comandante che sa dove andare e non tentenna se c'è da chiudere le scuole, ordinare caschi per la rianimazione o decidere di far giocare le partite a porte chiuse. Ovviamente la persona che ci serve non può essere Giuseppe Conte. Il premier per caso, se vuole, può rimanere a Palazzo Chigi, anche perché non c'è tempo per sostituirlo. Ma lasci ad altre mani, più competenti, la guida nella bufera del coronavirus.
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Ll’Assemblea nazionale francese (Ansa)