2022-09-27
«Un cantiere liberale e riformista». L’ammucchiatina Calenda e +Europa
Sfumato l’obiettivo 10% e con Matteo Renzi in Giappone, l’ex ministro apre a Emma Bonino.Quando il gioco si fa duro, i duri volano in Giappone. Lo ha fatto l’astuto Matteo Renzi che ancor prima dell’inizio dello spoglio dei voti è decollato per Tokyo al funerale di Shinzo Abe lasciando così il frontman, Carlo Calenda, il compito di commentare ieri mattina davanti alla stampa i risultati – il 7,7% assai inferiore a quel 10% fissato dallo stesso Calenda come linea Maginot - del Terzo polo. La giornata è però cominciata su Twitter dopo il lungo silenzio della notte: «L’obiettivo di fermare la destra e andare avanti con Draghi non è stato raggiunto. Sentiamo in primo luogo il dovere di ringraziare il presidente del Consiglio per il lavoro svolto a servizio del Paese. Così come ringraziamo i quasi due milioni di cittadini che hanno deciso di votare una lista nata a ridosso delle elezioni», ha cinguettato Calenda. Chiamando nuovamente in causa Super Mario (che per altro aveva già detto più volte no ai nostalgici tentativi di farlo tornare a Palazzo Chigi) e di fatto trascinandolo nella sua sconfitta. La linea del day after è stata poi approfondita in conferenza stampa: «La casa costruita in meno di due mesi» per i cittadini «liberali, popolari e riformisti che non vogliono vivere in un Paese populista, fondato sui sussidi e sulle regalie» ora punta a costruire un polo del «buon governo, del pragmatismo e della serietà». Il primo punto del nuovo programma è quello di aprire un «cantiere» che dovrà portare in tempi brevi alla nascita di «un grande partito liberale e riformista» aperto anche a +Europa, se vorrà, e a Emma Bonino, che rimarrà fuori dal Parlamento dopo essere stata «usata dal Partito democratico». Gli fanno eco le ex ministre Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, la cui uscita da Forza Italia non ha intanto lasciato grosse cicatrici al partito di Silvio Berlusconi che si è piazzato sopra l’8 per cento. La proposta «liberale» di «Fi sarà irrilevante» nella coalizione rispetto al peso degli alleati di Fdi e Lega messi insieme e «il nostro risultato è un punto di partenza, il loro un punto di arrivo», ha replicato piccata la Carfagna ai giornalisti sul mancato sorpasso. Calenda assicura che «le forze in Parlamento ci saranno» e che Azione e Iv non dovrebbero avere problemi per creare gruppi parlamentari unici tanto al Senato quanto alla Camera. E poi scommette che il governo di centrodestra «non durerà più di sei mesi e porterà l’Italia in un caos economico, gestionale, amministrativo e finanziario». Nel frattempo, nessuna tentazione di riavvicinarsi al Partito democratico, «che riaprirà un rapporto con il Movimento 5 stelle», perché «ha dentro una pulsione populista che lo porterà ad esplodere».In attesa di capire come si tradurrà in concreto l’opposizione del Terzo polo, e anche in attesa del ritorno di Renzi dal Sol Levante («L’ho sentito nel corso di questa campagna quasi tutte le mattine e anche stanotte», si è limitato a dire ieri Calenda), restano i numeri. Il traguardo della «doppia cifra», pronosticato alla vigilia del voto è sfumato. A Milano città Fratelli d’Italia e Calenda si spartiscono la seconda posizione, i primi al Senato e i secondi alla Camera. Ed è andata bene anche nella patria renziana, ovvero Firenze, dove il tandem veleggia fino al 15 per cento. Fa però molto rumore la vittoria della consigliera comunale di FdI, Lavinia Mennuni, nel collegio di Roma centro per il Senato. Nella cosiddetta «circoscrizione Ztl», tradizionale bastione del centrosinistra, escono sconfitti sia Emma Bonino che Calenda, opposti in una sfida diretta dopo la rottura del loro sodalizio. Se per il capo di Azione si aprirà il paracadute del proporzionale, l’ex alleata resterà invece fuori dal Parlamento, in quanto Più Europa non ha superato la soglia di sbarramento.